2020-09-21
I magistrati: «Indagateci tutti»
Le toghe non lottizzate si ribellano a Csm e Anm. «Pensano di risolvere ogni cosa con l'espulsione del "cattivo" Luca Palamara, ma non affrontano il vero nodo: si fa carriera esclusivamente per meriti di corrente. Ci vuole una commissione parlamentare di inchiesta». Intanto continua il balletto sul destino post pensione di Pier Camillo Davigo.Le correnti della magistratura, mosse da una sorta di darwinismo giudiziario, stanno pensando di preservarsi, con la cacciata di un collega, Luca Palamara, additato come l'untore delle toghe, l'uomo che, protetto dalle tenebre, ha provato, insieme con poche mele marce, a infettare la casta dei giudici con le sue pratiche da camarilla. Per questo la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura lo sta processando a marce forzate sperando di radiarlo entro settembre e, con lui, espellere dal proprio corpo anche il germe del carrierismo e delle pratiche spartitorie.Ma basterà far rotolare giù dal patibolo la testa dell'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati per emendare ciò che emerge dalle chat di Palamara e cioè un sistema diffuso e radicato in tutte le correnti? A questa domanda un gruppo di toghe indipendenti e fuori dagli schieramenti ha trovato una risposta sorprendente: c'è bisogno di una commissione parlamentare d'inchiesta sulla magistratura tutta.Ieri la proposta è apparsa sul blog Uguale per tutti, luogo di dibattito dei magistrati «irregolari», quelli che combattono da anni le correnti, a partire dal 2012, quando alcuni di loro scesero in campo con la lista Proposta B, che portò nel parlamentino dell'Associazione nazionale magistrati un componente. Quest'anno una rappresentanza dei giudici che si ispirano alle linee programmatiche contenute nel blog si candiderà alle elezioni di ottobre con una nuova lista che si chiama «Articolocentouno» (nella Costituzione recita che «i giudici sono soggetti soltanto alla legge»). Sostengono il sorteggio dei consiglieri del Csm e la rotazione dei dirigenti, proposte appoggiate a luglio anche dai consiglieri Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita.«La pulizia è iniziata adesso. Bisognava affrettarsi a cacciare Palamara? Va bene. E tutti gli altri che hanno brigato per ottenere o concedere un incarico?», chiede Andrea Reale, giudice a Ragusa e firma del blog. «Se la nostra categoria non saprà rifondarsi a quel punto toccherà al Parlamento intervenire».Sul sito ieri si leggeva un post firmato «La redazione» e intitolato «I buoni e il cattivo». Raccontava come l'assemblea di sabato dell'Anm, a cui hanno partecipato solo un centinaio di toghe («per la maggior parte “targate", vale a dire inserite mani e piedi nelle correnti»), abbia respinto con voto bulgaro («bulgaretto», visto che i giudici «erano davvero pochini») le richieste di Palamara e abbia confermato «l'espulsione del reprobo dalla linda associazione magistratuale». Per il blog, però, è stato negato il vero problema, ed «esclusa caparbiamente la volontà di risolverlo», perché «il problema è platealmente di sistema» e a esso gli organi di autogoverno delle toghe hanno risposto «colpendo il singolo per fatti che non lo coinvolgono» o che perlomeno non coinvolgono lui solo: «Si punisce Palamara, ma a essere condannata è questa associazione di magistrati, incapace di emendarsi». Infatti è ormai noto a tutti, grazie a giornali come La Verità, «il mercimonio degli incarichi, la spartizione tra tutte le correnti, il premio dato per mera appartenenza». Reale & Co. invitano i cittadini a «drizzare le antenne» poiché «nessuno intende fare chiarezza su “magistratopoli"» e mettere in discussione «il sistema di governo della magistratura e la sua palese compromissione con la politica», così come emerge dalle chat di Palamara. «Quei fatti devono essere negati, contro l'evidenza. Nessun testimone deve essere sentito. Bisogna far presto, va colpito l'unico cattivo in un mondo di buoni. Come nelle favole». Ma per le toghe del blog siamo di fronte a una «commedia» e «la magistratura dimostra di non volere e di non sapere fare ordine al proprio interno». Ed ecco la proposta choc: «Ben venga, allora, una commissione parlamentare d'inchiesta, primo passo verso una drastica riforma del Csm».Un'idea che difficilmente avrà il sostegno del gruppo di Autonomia & indipendenza, quello di Ardita, ma soprattutto di Pier Camillo Davigo. Anche se ad agosto il coordinamento di A&i aveva diffuso un comunicato durissimo in cui chiedeva l'intervento dei probiviri dell'Anm.«Sono chat che minano la credibilità dell'intera magistratura», accusavano Davigo & Co., a proposito delle conversazioni contenute nel cellulare di Palamara. Lamentavano che i colleghi che si erano rivolti all'ex leader di Unicost per ottenere le nomine non avessero fornito spiegazioni o lo avessero fatto con dichiarazioni «risibili e oltraggiose verso coloro che non hanno mai condiviso le logiche della degenerazione correntizia». Infine annunciavano di non poter «più tollerare di assistere a questa devastazione» e chiedevano che i magistrati coinvolti venissero deferiti al collegio dei probiviri dell'Anm e le loro posizioni fossero «al più presto esaminate dai competenti organi disciplinari e in ogni sede istituzionale».Da quel 19 agosto nulla è, però, stato più eccepito, sebbene A&i faccia parte della giunta esecutiva dell'Anm - e pertanto potrebbe proporre i deferimenti ai probiviri - e abbia ben cinque consiglieri (contando Di Matteo) al Csm, compreso il presidente della prima commissione, quella che può proporre i trasferimenti per incompatibilità ambientale.Alla levata di scudi del 19 agosto (forse una reazione alla canicola) è seguito, invece, a quanto pare, un accordo per la permanenza di Davigo nel Csm anche dopo il 20 ottobre, giorno del suo settantesimo compleanno, l'età della pensione. «Pier Cavillo», come è soprannominato, a quanto risulta alla Verità, dovrebbe lasciare la sezione disciplinare dopo la condanna di Palamara, annunciata entro il 16 ottobre, evitando così possibili nullità delle sentenze, ma rimarrebbe consigliere per seguire gli affari di natura amministrativa, come le nomine, che pure sarebbero a rischio annullamento davanti al Tar.La permanenza dell'ex pm del pool di Mani pulite passerà tecnicamente da una verifica della commissione titoli del Csm e da una delibera del plenum a scrutinio segreto. Un voto anonimo che consentirà ai rappresentanti della sinistra giudiziaria a Palazzo dei Marescialli di appoggiare l'accordo, nonostante uno dei campioni di Magistratura democratica, Nello Rossi, abbia messo in guardia i compagni da un possibile «caso Davigo».Ecco perché non ci sembra così peregrina la proposta di una commissione parlamentare d'inchiesta che accerti, innanzitutto, le responsabilità dei «clientes» del «reprobo» Palamara, toghe che, con il suo sostegno, sono andate a occupare postazioni chiave nelle Procure e nei tribunali italiani.