2025-01-27
I magistrati contro la riforma Nordio sono solo una minoranza chiassosa
A sventolare la Carta è stata una piccola fazione organizzata. La verità è che, tra toghe e giuristi, i giudizi sulla separazione delle carriere sono per lo più positivi. E infatti chi protesta cade in contraddizione: come sui troppi poteri o troppo pochi . L’ex pm Rinaudo: «La sceneggiata con la Costituzione indica il declino della categoria».del tribunale (per una protesta che ricordava quella dei parlamentari di Forza Italia a sostegno di Silvio Berlusconi: una nemesi) ce n’erano al massimo 150. Secondo l’agenzia di stampa La Presse invece erano appena una sessantina. Tuttavia l’organico di giudici e pm del distretto nel capoluogo lombardo è - lo dice il Csm - di 765. Il che la dice lunga su una battaglia che secondo i vertici dell’Anm mette in discussione addirittura l’autonomia e l’indipendenza delle toghe, al punto da minacciare la stessa applicazione della giustizia. Se quella voluta da Carlo Nordio fosse davvero una riforma che piega i magistrati al servizio della politica e priva i cittadini del diritto di ottenere un processo equo, le toghe avrebbero aderito come un sol uomo alla protesta. E invece, nonostante la grancassa suonata da alcuni giornali, così non è stato.Del resto, mentre i vertici dell’Associazione nazionale magistrati dipingono un quadro desolante nel caso in cui il disegno di legge Nordio diventasse esecutivo, più voci di magistrati in servizio o di pm e giudici in pensione, e dunque fuori dalle guerre condotte dall’Anm, si sono levate per contestare la narrazione imposta dai sindacalisti delle toghe. Il primo a smontare la tesi di una magistratura assoggettata al potere politico per via della separazione delle carriere è stato Antonio Di Pietro, il quale con un’intervista ha demolito la maggior parte delle tesi precostituite dai suoi ex colleghi. Certo, l’allora pubblico ministero di Mani pulite è in pensione, e dopo aver fatto il ministro di Romano Prodi e aver fondato un partito coltiva i suoi terreni. Ma anche se ha appeso la toga al chiodo è pur sempre rimasto il faro dei giustizialisti e dunque sentire lui spazzar via le balle dell’Anm fa un certo effetto. Annalisa Imparato, pm di Santa Maria Capua Vetere, invece è tuttora in servizio, come il suo collega Valerio De Gioia, giudice della Corte d’Appello di Roma. Entrambi, con un certo coraggio, hanno pubblicamente preso le distanze dalle tesi del sindacato. «Sento dire che un pm sganciato dal giudice perderebbe la cultura della giurisdizione e diventerebbe una sorta di superpoliziotto, ma questo è falso», ha detto senza troppi giri di parole De Gioia. «Semmai si osserva che qualche volta è il giudice a essere appiattito sulla figura del pm». Antonio Rinaudo, pm che a Torino fu titolare dell’inchiesta sui no Tav e sulla tragedia di piazza San Carlo (quella per cui nei giorni scorsi è stata condannata a un anno e cinque mesi la sindaca Appendino) è ancora più duro. E a proposito della protesta degli ex colleghi, parla di una figuraccia della categoria, criticando le modalità della contestazione di una riforma che, a suo parere, al contrario di quanto sostiene l’Associazione nazionale magistrati, non minaccia affatto l’autonomia e l’indipendenza.Ovviamente non sono molti i magistrati che accettano di parlare liberamente, anche perché come è noto la loro carriera dipende dalle correnti e dagli equilibri dentro il Csm. Ma se ad alcuni si garantisce l’anonimato, si ottengono giudizi assai meno preoccupati di quei gruppi che abbiamo visto protestare nelle sedi di Corte d’Appello. Del resto, anche a sinistra, nonostante la posizione adottata dal Pd, la pensano allo stesso modo. Biagio De Giovanni, filosofo ed ex europarlamentare, sostiene che la riforma di Nordio potrebbe depoliticizzare la figura del pm, garantendo la terzietà delle parti, senza per questo favorire la corruzione, come invece lasciano intendere la sinistra e il sindacato delle toghe. Che la divisione delle carriere di pm e giudici non sia né fuori dalla Costituzione né una violazione dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura lo dimostra poi il fatto che, fino a qualche anno fa, a ritenerla indispensabile erano molti esponenti di quel Pd che ora la contesta. Da Debora Serracchiani a Graziano Delrio, da Lorenzo Guerini a Matteo Orfini, da Simona Malpezzi a Vincenzo De Luca. Tutti fino all’altroieri erano a favore della proposta dell’allora segretario pro tempore Maurizio Martina di separare la magistratura requirente da quella giudicante. Ma poi, avendola fatta propria il centrodestra, improvvisamente lo stesso partito che l’aveva messa nel programma si è ricreduto. Una ragione in più per andare fino in fondo e non piegarsi ai voleri di una minoranza chiassosa. Che abbia la toga oppure no.
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
Duilio Poggiolini (Getty Images)
L'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)