
Con la mossa da azzeccagarbugli del presidente del Consiglio, Luigi Di Maio tira un bel sospiro. La base è accontentata ed è evitata una crisi con la Lega dalle conseguenze letali. Dopo le elezioni, si ridiscuterà tutto. E magari l'alta velocità non sarà più un tabù.I grillini esultano. Non perché abbiano vinto il braccio di ferro con Matteo Salvini, ma semplicemente perché l'hanno scampata. Sulla Tav infatti se la sono vista brutta. Per la prima volta da quando è nato il governo, sono andati a nanna senza sapere se nelle prossime ore avrebbero rivisto il posto in prima fila conquistato in Parlamento o se, al contrario, per molti di loro si sarebbe aperta la prospettiva di tornare alle vecchie occupazioni, per lo meno per chi le aveva. Sì, l'esecutivo ha rischiato grosso, perché questa volta il capo della Lega non aveva intenzione di mollare. Se sul decreto Dignità aveva chiuso un occhio e sul reddito di cittadinanza tutti e due, sul treno ad alta velocità Salvini non aveva e non ha intenzione di fare un passo indietro. Così, all'improvviso, forse per sottovalutazione del personaggio, i pentastellati si sono trovati davanti a un bivio: o andare avanti a tutta birra, cancellando la Tav, con il risultato di cancellare anche la maggioranza e finire diritti alle elezioni, oppure innestare rapidamente la retromarcia. Nell'uno e nell'altro caso per Luigi Di Maio e compagni sarebbe stata una catastrofe di immani proporzioni. Andare al voto in tutta fretta, quando il reddito di cittadinanza non ha ancora dispiegato i suoi effetti significherebbe portare a casa una flessione di almeno dieci punti rispetto alle elezioni dello scorso anno: una batosta difficilmente sopportabile che, unita al divieto di secondo mandato, per molti parlamentari a 5 stelle avrebbe significato dire addio allo scranno parlamentare. Non meno dolorosa sarebbe stata la strada della ritirata, ovvero un via libera alla Tav. Per i grillini sarebbe stata la sconfessione di una battaglia, che dopo il Tap, cioè il gasdotto pugliese, avrebbe mandato in frantumi anni di propaganda, ma soprattutto montagne di voti in Val di Susa. A salvare Di Maio dal tunnel senza uscita in cui si era infilato, alla fine, come immaginavamo, ci ha pensato l'azzeccagarbugli del popolo, ossia Giuseppe Conte, che da buon avvocato si è inventato la scappatoia per non far perdere la faccia ai grillini senza però pregiudicare niente, nemmeno la Tav. La lettera del presidente del Consiglio per far felici tutti quanti è un capolavoro di furbizia e di attendismo. In essa si può leggere tutto e il contrario di tutto, com'era necessario per un esecutivo che ha bisogno di guadagnare tempo, per lo meno fino alle elezioni del 26 maggio. Scrive il premier alla Telt: «Al momento appare necessario, da un lato, evitare di assumere impegni di spesa gravanti sull'erario italiano e, dall'altro, adoperarsi per non pregiudicare gli stanziamenti finanziari posti a disposizione dall'Unione europea». Fuori dal linguaggio da leguleio del capo del governo, significa che bisogna salvare capra e cavoli. Cioè la posizione contraria all'opera di Di Maio e compagni, ma anche i soldi che la Ue ci ha dato e potrebbe riprendersi se non iniziassimo a scavare la galleria da cui dovranno passare i treni. Conte, in pratica, dice che non bisogna sprecare il denaro degli italiani per realizzare la Tav, ma nemmeno quello che l'Europa ci ha dato per realizzarla. Un capolavoro di equilibrismo, che permette di non decidere, ma nemmeno di rinunciare a farlo più avanti. Il risultato di tanta furbizia contrattuale si è tradotto in una lettera che la Telt, la società italo-francese incaricata dell'opera, ha scritto allo stesso Conte, segnalando che l'11 marzo, cioè domani, l'azienda non procederà alla pubblicazione dei bandi di appalto (cioè alle gare che i grillini non vogliono fare), ma «autorizzerà la direzione a pubblicare gli “avis de marchés", cioè gli inviti a presentare la candidatura, relativamente agli interventi dei lotti francesi del tunnel di base, in modo da rispettare il termine del 31 marzo» previsto dall'Europa. Insomma, non facciamo gli appalti, ma invitiamo qualcuno a farsi avanti se vuole partecipare agli appalti. Ci voleva il bizantinismo di un giurista per inventarsi questa via d'uscita, alla faccia di chi dice che Conte non serve a un tubo. Non servirà a un tubo, ma a trovare la via d'uscita del tunnel in cui si erano ficcati i pentastellati con la loro testardaggine sì.Qualcuno, a questo punto, obietterà che tra pochi mesi saremo punto a capo e rischieremo di nuovo di finire su un binario morto. No, perché passate le elezioni, i grillini potrebbero maturare nuovi orientamenti. Rimanendo contrari alla Tav, ma senza farne una questione di vita o di morte. Del resto, questo è ciò che ieri i militanti hanno detto negli incontri del Villaggio Rousseau a Milano, presente Davide Casaleggio. L'alta velocità Torino-Lione non piace quasi a nessuno, ma non pare che siano molti quelli disposti a far finire il governo sotto un treno. Grillini sì, ma mica scemi.
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