2019-09-22
I grillini diventano rossi di vergogna. I dubbi su Open funestano il governo
L'indagine rischia di far deflagrare le contraddizioni del M5s, già pentito del Conte bis.L'indagine della Procura di Firenze sull'ex presidente della Fondazione Open, Alberto Bianchi, rischia di rivelarsi un serio grattacapo per il Movimento 5 stelle. Un grattacapo che sorge dalla posizione politicamente paradossale che ha portato i grillini a sostenere il governo Conte bis. La questione Bianchi può infatti far deflagrare, in un colpo solo, le due evidenti contraddizioni che attualmente attanagliano il Movimento.In primo luogo, troviamo il loro progressivo avvicinamento a Matteo Renzi. Dopo aver trascorso anni ad attaccarlo duramente, i grillini adesso partecipano a un governo di cui il senatore di Rignano risulta tra i principali azionisti di riferimento, a maggior ragione con i nuovi gruppi parlamentari. In un primo momento, Luigi Di Maio aveva cercato di nascondere il paradosso, dichiarando che il Movimento trattava con il Pd di Zingaretti e non con Renzi. Una posizione furbesca, che oggi non è tuttavia più sostenibile, dopo che - pochi giorni fa - il senatore di Rignano ha lasciato il Nazareno, per fondare il gruppo autonomo di Italia viva. Una mossa che ha aumentato il potere contrattuale di Renzi, rendendolo pari (e probabilmente maggiore) a quello dei due capi delegazione: Dario Franceschini e lo stesso Di Maio.In secondo luogo, troviamo la questione giudiziaria. Notoriamente il Movimento 5 stelle ha sempre fatto del giustizialismo duro e puro il proprio cavallo di battaglia. E adesso si ritrova alleato di due forze politiche (Pd e Italia viva), al cui interno sono disseminate figure (renziane) storicamente molto legate alla Fondazione Open e allo stesso Bianchi. La domanda, a questo punto, è scontata. Qualora l'inchiesta fiorentina dovesse in futuro coinvolgere direttamente qualcuna di queste figure, come si comporteranno i 5 stelle? Ne chiederanno conto, pretendendo chiarimenti (come avvenuto sul caso Siri, per esempio), o preferiranno glissare per quieto vivere (ed evitare una crisi di governo con conseguenti elezioni anticipate)? In questo momento, sembra che la salvaguardia dell'esecutivo venga prima di tutto per i grillini. Loro parlano di «interesse nazionale», i malevoli di «paura del voto». Come che sia, hanno accettato di entrare a far parte di una «santa alleanza», della quale forse si sono già pentiti, seguendo quelle stesse logiche che - nella loro storia - hanno sempre combattuto. Una «santa alleanza» molto simile alla maggioranza che tenne in piedi il governo Monti e opponendosi alla quale i 5 stelle iniziarono la loro ascesa politica nel 2013. Certo è che nel Movimento i mugugni non mancano. E il problema non riguarda soltanto alcuni esponenti di spicco (come Alessandro Di Battista o Gianluigi Paragone). Il problema rischia semmai di riguardare soprattutto la base elettorale. Base elettorale che - per inciso - non coincide con i votanti della piattaforma Rousseau: basti notare che a dire sì all'alleanza con il Pd lo scorso settembre siano stati 80.000 iscritti, mentre a votare per il Movimento alle politiche del 4 marzo 2018 furono oltre dieci milioni di elettori. Elettori che probabilmente non gradiscono troppo un'alleanza con Renzi. E che, davanti a questa eterogenesi dei fini, sono rimasti verosimilmente allibiti. Del resto, il basso grado di consenso di cui l'attuale esecutivo gode (a differenza del precedente) rappresenta, soprattutto per i grillini, un campanello d'allarme non indifferente.