2018-09-07
I giudici chiudono la Lega, Salvini rilancia
Il Tribunale del riesame ha confermato il sequestro dei beni del Carroccio al fine di recuperare i 49 milioni di euro di rimborsi Il ministro e leader: «Possono toglierci tutto ma abbiamo gli italiani con noi». E su Facebook scrive: «Temete l'ira dei giusti».«È una vicenda del passato, sono tranquillo». Matteo Salvini, leader della Lega, ministro dell'Interno e vicepremier del governo Conte non molla di un millimetro. E alla decisione del tribunale del Riesame di Genova di rendere esecutivo il sequestro a tappeto dei conti del partito per recuperare i 49 milioni di euro che l'ex fondatore Umberto Bossi e il tesoriere Francesco Belsito avrebbero truffato allo Sato, risponde rilanciando la palla ai legali. «Gli avvocati faranno le loro scelte: se vogliono toglierci tutto facciano pure, gli italiani sono con noi». E in uno sfogo su Facebook arriva a citare la Bibbia: «Si tema l'ira dei mansueti perché essi riverseranno in voi tutto ciò che hanno subito». Per poi garantire: «Se qualcuno pensa di fermarmi o ha capito male, io non mollo e lavoro con ancora più voglia. Sorridente e incazzato».La questione però sembra più complessa e non lascia tranquilli i leghisti. Come anticipato più volte dalla Verità, il nuovo partito Lega Salvini premier depositato a dicembre potrebbe essere una soluzione per evitare nuovi sequestri e stare tranquilli in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, le regionali in Abruzzo e Basilicata alla fine dell'anno, le europee il prossimo anno. Ma alla lettura dell'ordinanza di ieri del tribunale qualcuno ha iniziato a porsi qualche dubbio. Tanto che in serata il sottosegretario al Viminale, Nicola Molteni, ha spiegato alla trasmissione In onda che non è detto che i magistrati possano rifarsi anche sul nuovo soggetto politico. Del resto l'indagine parallela, sempre a Genova, sulla gestione economica durante la segreteria di Salvini è ancora in corso. Gli investigatori stanno investigando sui soldi recentemente transitati dalla Sparkasse di Bolzano e sulle Onlus e le associazioni create negli ultimi anni. Che il provvedimento di ieri possa essere funzionale alla nuova inchiesta? Il tribunale del riesame, presieduto da Roberto Cascini, è stato molto duro nei confronti della Lega. Nello specifico ha respinto ogni tipo di deduzione che era stata opposta dalle difese, smontando persino il punto in cui gli avvocati di via Bellerio si rifacevano alla Corte di Strasburgo per evidenziare che a un soggetto non coinvolto in un processo non può essere oggetto di una misura cautelativa di questo tipo. Per i giudici però la fattispecie è differente e quindi non accettabile, nonostante gli imputati siano solo Bossi e Belsito. Di più. Il riesame non ha neppure tenuto in considerazione il fatto che siamo ancora in una fase preliminare del giudizio, la sentenza di condanna è di primo grado, mentre l'appello è ancora in corso. Insomma, i magistrati non hanno fatto sconti. Anche per questo, il tesoriere leghista, Giulio Centemero, ha ieri diramato una nota molta dura. «Apprendiamo con stupore che il tribunale del Riesame già nella giornata di ieri ha emesso il provvedimento con cui è stato accolto il ricorso della Procura di Genova» spiega Centemero. «Lascia attoniti la celerità con la quale vengo liquidiate complesse questioni giuridiche anche di recente accoglimento in sede al massimo organo giurisdizionale comunitario. Ma ciò che risulta difficile accettare è la decisione di voler proseguire nel sequestrare le somme con cui i cittadini hanno voluto liberamente contribuire alla vita del partito. Considerare tali somme come profitto illecito di reati che sarebbe stati commessi oltre 10 anni fa è un non senso logico, oltre che giuridico, evidente a tutti che ha l'effetto di ledere i diritti fondamentali del cittadino». E infine il deputato conclude: «Sottoporremo tutte le nostre argomentazioni alla Cassazione».Sono ormai passati sette anni da quando la magistratura ha messo nel mirino il partito di Bossi. E non si contano più le indagini per scoprire dove sono finiti quei 49 milioni di euro che, come hanno sempre spiegato in Lega, sono stati spesi per attività politica. Il primo magistrato che se ne occupò fu Alfredo Robledo, ora a Torino, allontanato dopo una guerra in procura con l'ex capo Edmondo Bruti Liberati. Quella prima tranche portò alle dimissioni di Bossi nel 2012 e innescò i processi di Genova come quello di Milano, dove è imputato anche il figlio del Senatùr, Renzo. Ma nel frattempo la decisione dei giudici genovesi va a ricadere sul governo. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, assicura che la sentenza «non avrà ripercussioni sul governo». E spiega: «Ne prendo atto, non è certo mio costume commentare un provvedimento giudiziario: lo facevo da avvocato, farlo da premier mi metterebbe in difficoltà. È chiaro che per un partito diventa difficile svolgere attività politica se non ci sono risorse finanziarie: mi auguro che si possa trovare una soluzione alternativa, ma c'è una oggettiva situazione di difficoltà». Più duro il vicepremier Luigi Di Maio che ora si ritrova a tenere a bada la frangia più dura dei 5 stelle, quella da sempre vicina alla magistratura. «La sentenza fornisce ai magistrati tutti gli strumenti per reperire i fondi, come ho sempre detto, i fatti di cui viene accusata la Lega risalgono ai tempi di Bossi». E sul governo? «Da parte nostra niente. Sappiamo benissimo che c'è una sentenza, le sentenze si rispettano e si va avanti». In attesa di novità dalla Procura di Genova.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)