2022-10-30
I Galli cantano: «Il virus c’è ancora»
I nostalgici dei divieti accusano la sconfitta. L’ex primario del Sacco: «Il Sars-Cov-2 non si elimina per decreto». E Walter Ricciardi rispolvera le misure per «salvare il Natale».Reduci. Accompagnati dalla triste convinzione che «si stava meglio quando si stava peggio», i virologi orfani del virus e del palcoscenico fanno quadrato per opporsi al ritorno alla normalità. Contro il reintegro dei medici no vax, contro il bollettino settimanale, contro il pensionamento della mascherina, somigliano all’ultimo giapponese appostato sull’isola con lo schioppo a guerra finita. Il primo ad alzare la voce è Massimo Galli, che da ex allievo di Mario Capanna è percorso da un fremito rivoluzionario mentre attacca il potere costituito.«La pandemia non termina per decreto», tuona durante il nuovo quarto d’ora warholiano di celebrità regalatogli dalle tv. «Questo virus in un brevissimo periodo si è dimostrato capace di trasformarsi e di darci una serie di rilevanti problemi. Nel solo anno in corso ci sono state più o meno 18 milioni di infezioni e probabilmente sono state molte di più considerando quelle mai dichiarate o diagnosticate. In questo lasso di tempo si sono susseguite una serie di Omicron. Mi sembra che questa sarebbe una lezione da aver imparato, no?».L’ex primario dell’ospedale Sacco di Milano è malinconico, sa che davanti a un’influenza o a un raffreddore il tempo dei proclami peroniani è scaduto; lo ascolti e vai a girare il sugo. Più difficile non soffermarsi sui diktat di Walter Ricciardi, già consulente dell’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, in odore di commissione d’inchiesta. Poco considerato in televisione, si sfoga su Twitter contro il neoministro Orazio Schillaci. «Ogni deroga aumenterà casi, malati e morti», tuona con attitudini da Mefisto. Poi elenca i suoi cinque punti per salvare il Natale, inconsapevole del fatto che gli italiani si sono già organizzati in proprio. «Vaccinare, mascherine in luoghi affollati, aerazione locali chiusi, igiene mani e superfici, uso corretto degli antivirali». Ma Ricciardi non si ferma qui. È particolarmente irritato dalla decisione di non infliggere più agli italiani il bollettino quotidiano di morti e ospedalizzati gravi, spesso inficiato da conteggi astrusi riguardo a persone ricoverate «con» il Covid e non «per» il Covid. «È una decisione che mi lascia molto perplesso: l’importante è che almeno l’accesso ai dati sia garantito. Le strategie di comunicazione per il pubblico sono discrezionali, ma l’andamento dell’epidemia è preoccupante e quindi l’occhio degli epidemiologi è fondamentale». Sul rientro al lavoro dei sanitari non vaccinati si mostra scandalizzato: «Errore gravissimo lasciare gli operatori non vaccinati accanto ai più deboli». Meglio gli studenti del quarto anno, e poi protestare perché mancano i medici. Il virus ha lasciato più orfani del previsto. Il guru di Gimbe, Nino Cartabellotta, non si dà pace per questa tiepida ottobrata dai numeri sotto controllo. Lancia allarmi, vede all’orizzonte la polvere sollevata da eserciti di varianti con elmo e lancia. «Rischiamo di inseguire il Covid per il terzo inverno consecutivo», è il suo anatema. C’è da capirlo, l’associazione che presiede ha bisogno di finanziamenti e alzare il volume della radio fa gioco. Lui si crede Woody Allen e su Twitter aggiunge: «Lo stop dell’obbligo di mascherine in ospedale e Rsa è come abolire il divieto di fumo al distributore di benzina».Il coro delle nere vestali è quasi completo, all’appello manca solo Andrea Crisanti. Ormai non si sa se parla da virologo in aspettativa retribuita o da senatore del Pd. A Un giorno da pecora commenta: «Il bollettino settimanale e non più giornaliero è un errore. L’hanno tolto perché ai cittadini fa paura. Io lo avrei fatto ogni mezza giornata». Così li avrebbe spaventati meglio.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)