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2021-11-03
I fattoni ne hanno abbastanza: fine del rave
Ansa
L'ennesimo rave party illegale indisturbato del 2021 è terminato allo scoccare della mezzanotte del terzo giorno, così come avevano previsto gli organizzatori. Tre notti di musica techno, droghe e superalcolici al confine tra Nichelino e Borgaretto, alle porte di Torino, su 10.000 metri quadri occupati abusivamente. Quando polizia e carabinieri ieri hanno fatto irruzione nell'ex capannone Fiat Allis, ora di proprietà della Fondazione dell'Ordine mauriziano, hanno trovato solo 300 dei circa 6.000 partecipanti stimati quando la musica, nei giorni scorsi, era a palla. Molte persone uscite lunedì mattina dal perimetro delimitato dai check point delle forze dell'ordine non sono più riuscite a rientrare. Tant'è che furgoni, caravan e automobili sono stati abbandonati lì dai raver. I veicoli controllati sono circa 1.500, mentre sono oltre 3.000 gli identificati. Verranno tutti denunciati per occupazione abusiva di terreni ed edifici. Come dopo ogni rave party ora bisognerà smaltire le tonnellate di rifiuti abbandonati lì: cumuli di immondizia, centinaia di bottiglie di plastica e di vetro, vestiario e avanzi di cibo. Quando carabinieri e polizia sono entrati c'era ancora una struttura a forma di torta di compleanno gigante, per i festeggiamenti per il gemellaggio tra raver italiani e francesi. Ma oltre ai rifiuti c'è anche un'altra questione: «Resta il problema di carattere sanitario per un gigantesco assembramento che sembra aver coinvolto persone arrivate anche da Francia e Olanda, dove l'andamento dei contagi da coronavirus è in ascesa», sottolinea il sindaco di Nichelino Giampiero Tolardo. Il tutto mentre ai cittadini viene chiesto il green pass sul posto di lavoro ma anche nei luoghi ricreativi. Il problema sanitario, però, sembra non toccare neanche da lontano il sindaco di Torino Stefano Lo Russo che, dopo aver fatto i complimenti al prefetto e al questore, ha difeso pure il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese: «Sembrano del tutto strumentali le polemiche politiche nei confronti del ministro». La gestione dell'ordine pubblico, invece, ha deluso l'assessore alla Sicurezza della Regione Piemonte Fabrizio Ricca: «Dal Viminale ci aspettavamo un'azione più forte per prevenire eventi simili. Non essendo il primo rave, cominciamo a pensare che qualcuno abbia capito quale sia il buco organizzativo da parte del ministero per potersi infilare». Il deputato di Fdi Ylenja Lucaselli tuona: «Tutto questo costituisce una beffa ai danni di chi rispetta le regole. Chiedere a Luciana Lamorgese un passo indietro non è polemica, ma la mera constatazione di inadeguatezza al ruolo». I sindacati delle forze di polizia, inoltre, cominciano ad alzare la voce. Antonio Nicolosi, segretario generale di Unarma, ha detto alla Verità: «Non possiamo condividere l'inerzia dei decisori nell'intervenire e bloccare il maxi rave che si è svolto alle porte di Torino. Il nostro Paese sta diventando una terra di conquista da parte di facinorosi che arrivano da ogni dove senza timore reverenziale né rispetto per le istituzioni e per le forze dell'ordine. Ancora una volta chi doveva ascoltare e prevenire ha fallito, mettendo a repentaglio la vita dei cittadini relativamente alla sicurezza e alla salute. Si chiede agli italiani il green pass anche e soprattutto nei luoghi di lavoro, ma si permettono tali assembramenti clandestini? Il cortocircuito che si crea è ormai evidente a tutti, e rischia che passi il terribile messaggio “forti con i deboli e deboli con i forti"». Felice Romano, segretario nazionale del Siulp, chiede «leggi più severe, sia per l'autorizzazione dei rave party sia per il sequestro del materiale necessario per realizzarli». Inoltre, propone di portare la multa di 276 euro prevista dalla legislazione attuale a 30.000. «Sono certo», valuta il sindacalista, «che la gente starebbe più attenta». Anche perché l'organizzazione dei rave comincia a essere particolarmente frequente. Per Halloween ne era stato organizzato un altro nelle campagne di Andria. Quasi una settantina di partecipanti avevano occupato un terreno di proprietà privata su cui erano stati sistemati un gruppo elettrogeno e impianti acustici. A scoprire la festa sono stati i carabinieri che hanno identificato 23 persone che saranno denunciate per concorso in occupazione abusiva di terreni ed edifici. Un venticinquenne, trovato in possesso di alcuni grammi di marijuana, è stato denunciato. Undici le auto controllate. Lo sgombero dell'area è terminato nel primo pomeriggio di ieri. Anche in questo caso dopo quasi tre giorni di sballo.
Dopo tante promesse non ci sono rimborsi per il caos di Ferragosto
«Passata la festa, gabbato lo Santo» recita un antico proverbio italiano. Così possiamo sintetizzare l'epilogo del rave avvenuto in provincia di Viterbo la scorsa estate. Finito il rave di Valentano, lo Stato si è dimenticato (almeno fino ad oggi) delle promesse fatte al sindaco di questo paesino del Viterbese, che dall'alto della sua collina domina il lago di Bolsena e al proprietario del terreno che per giorni ha subito di tutto.
Andiamo per ordine e ricostruiamo velocemente quanto accaduto e perché lo Stato, in questo caso il ministro Luciana Lamorgese, non ha mantenuto i patti con Stefano Bigiotti (primo cittadino di Valentano) e Piero Camilli (proprietario dei terreni invasi per il rave di Ferragosto). Migliaia di persone hanno attraversato indisturbate l'unico punto di accesso a quella piana antistante il laghetto di Mezzano (dove troverà la morte per annegamento un giovane britannico) e installato le attrezzature per i vari concerti in un'oasi naturalistica riconosciuta dalla Regione Lazio.
Quando gli organizzatori e i partecipanti a questo mega raduno se ne sono andati è iniziata la conta dei danni. Pesanti per il proprietario del terreno, l'imprenditore e sindaco di Grotte di Castro, Piero Camilli, ma anche per il Comune di Valentano obbligato al ripristino dello stato dei luoghi. Mentre il primo si è visto costretto ad aprire un contenzioso civile contro il ministro Lamorgese - e quindi lo Stato - il secondo è in attesa che qualcuno si faccia vivo e paghi i danni come promesso dal ministro in persona in sede di audizione alla Camera. Camilli, come confermato dal suo legale, ha chiesto oltre 1 milione di euro di risarcimento.
L'inchiesta penale «procede a grandi passi verso l'archiviazione» ha dichiarato alla Verità l'avvocato dell'imprenditore, Enrico Valentini: «Abbiamo già citato per danni il ministero dell'Interno. Sapevamo che dopo la grande attenzione mediatica di quei giorni tutto sarebbe finito nel dimenticatoio. Andremo avanti chiedendo un risarcimento di oltre 1 milione di euro, per furti e danneggiamenti, all'unico soggetto su cui al momento possiamo rivalerci e cioè lo Stato». Nessuna tutela, quindi, per chi subisce una violenza da parte di questi nomadi della musica techno. Non parliamo dello scaricabarile sulle presunte responsabilità. Chi pagherà, semmai un tribunale darà ragione all'imprenditore viterbese, i danni alle fattorie, i furti di gasolio e nei casolari che in quell'area sono rimasti per giorni in balia di tanti scalmanati? Gli organizzatori dei raduni scommettono su questa totale assenza dello Stato. Sperano di cavarsela, come succede quasi sempre, con denunce che il più delle volte finiscono nel dimenticatoio e puntano sul fatto che non hanno nulla da perdere, visto che le attrezzature prese in affitto non possono essere sequestrate.
Il sindaco di Valentano, Stefano Bigiotti, raggiunto telefonicamente dalla Verità ha dichiarato: «Per smaltire i rifiuti lasciati sui terreni e per sanificare le aree utilizzate come latrine da oltre 10.000 persone, abbiamo speso oltre 35.000 euro. Il ministro Lamorgese, quando ha riferito in aula in merito ai fatti avvenuti sul nostro territorio, ha dichiarato che avrebbe provveduto a risarcire la nostra amministrazione per tutte le spese sostenute. A oggi, al di là di quelle affermazioni, non abbiamo ricevuto nulla in termine di soldi, tantomeno siamo stati chiamati da qualche funzionario o dirigente del ministero che ci spiegasse come fare per ottenere i ristori. Aspettiamo fiduciosi».
Il primo cittadino non ha neanche voglia di tornare sulle polemiche che lo hanno visto tra i protagonisti di quei giorni complicati. Rassegnato ad aspettare i soldi da parte del governo per poter chiudere il bilancio comunale e rientrare di quelle spese non previste. Se da una parte 35.000 euro possono sembrare una cifra bassa in termini di pubblica amministrazione, in un paesino di 2.700 anime con quei fondi si poteva certamente realizzare qualcosa di più utile per la comunità.
Il rave di Valentano e gli errori commessi in quella circostanza non hanno insegnato nulla alle forze dell'ordine e al ministro Lamorgese, ancora una volta beffati e derisi da questi scalmanati come dimostra l'ultima kermesse tenutasi nel Torinese.
La Verità, nei giorni successivi a Ferragosto, entrò in possesso della nota prefettizia inviata da Viterbo al ministro Lamorgese (costretta poi a riferire in aula).
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Come previsto dagli organizzatori, dopo tre giorni di bagordi la festa abusiva a Torino si è conclusa. Le forze dell'ordine hanno intercettato solo gli ultimi irriducibili dei 6.000 esagitati radunati in barba alle leggi e alle norme Covid. Ora resta l'immondizia.Dopo tante promesse non ci sono rimborsi per il caos di Ferragosto. Luciana Lamorgese garantì ristori però il padrone del campo non ha visto nulla. Idem il Comune: «Spesi 35.000 euro per pulire». Lo speciale comprende due articoli. L'ennesimo rave party illegale indisturbato del 2021 è terminato allo scoccare della mezzanotte del terzo giorno, così come avevano previsto gli organizzatori. Tre notti di musica techno, droghe e superalcolici al confine tra Nichelino e Borgaretto, alle porte di Torino, su 10.000 metri quadri occupati abusivamente. Quando polizia e carabinieri ieri hanno fatto irruzione nell'ex capannone Fiat Allis, ora di proprietà della Fondazione dell'Ordine mauriziano, hanno trovato solo 300 dei circa 6.000 partecipanti stimati quando la musica, nei giorni scorsi, era a palla. Molte persone uscite lunedì mattina dal perimetro delimitato dai check point delle forze dell'ordine non sono più riuscite a rientrare. Tant'è che furgoni, caravan e automobili sono stati abbandonati lì dai raver. I veicoli controllati sono circa 1.500, mentre sono oltre 3.000 gli identificati. Verranno tutti denunciati per occupazione abusiva di terreni ed edifici. Come dopo ogni rave party ora bisognerà smaltire le tonnellate di rifiuti abbandonati lì: cumuli di immondizia, centinaia di bottiglie di plastica e di vetro, vestiario e avanzi di cibo. Quando carabinieri e polizia sono entrati c'era ancora una struttura a forma di torta di compleanno gigante, per i festeggiamenti per il gemellaggio tra raver italiani e francesi. Ma oltre ai rifiuti c'è anche un'altra questione: «Resta il problema di carattere sanitario per un gigantesco assembramento che sembra aver coinvolto persone arrivate anche da Francia e Olanda, dove l'andamento dei contagi da coronavirus è in ascesa», sottolinea il sindaco di Nichelino Giampiero Tolardo. Il tutto mentre ai cittadini viene chiesto il green pass sul posto di lavoro ma anche nei luoghi ricreativi. Il problema sanitario, però, sembra non toccare neanche da lontano il sindaco di Torino Stefano Lo Russo che, dopo aver fatto i complimenti al prefetto e al questore, ha difeso pure il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese: «Sembrano del tutto strumentali le polemiche politiche nei confronti del ministro». La gestione dell'ordine pubblico, invece, ha deluso l'assessore alla Sicurezza della Regione Piemonte Fabrizio Ricca: «Dal Viminale ci aspettavamo un'azione più forte per prevenire eventi simili. Non essendo il primo rave, cominciamo a pensare che qualcuno abbia capito quale sia il buco organizzativo da parte del ministero per potersi infilare». Il deputato di Fdi Ylenja Lucaselli tuona: «Tutto questo costituisce una beffa ai danni di chi rispetta le regole. Chiedere a Luciana Lamorgese un passo indietro non è polemica, ma la mera constatazione di inadeguatezza al ruolo». I sindacati delle forze di polizia, inoltre, cominciano ad alzare la voce. Antonio Nicolosi, segretario generale di Unarma, ha detto alla Verità: «Non possiamo condividere l'inerzia dei decisori nell'intervenire e bloccare il maxi rave che si è svolto alle porte di Torino. Il nostro Paese sta diventando una terra di conquista da parte di facinorosi che arrivano da ogni dove senza timore reverenziale né rispetto per le istituzioni e per le forze dell'ordine. Ancora una volta chi doveva ascoltare e prevenire ha fallito, mettendo a repentaglio la vita dei cittadini relativamente alla sicurezza e alla salute. Si chiede agli italiani il green pass anche e soprattutto nei luoghi di lavoro, ma si permettono tali assembramenti clandestini? Il cortocircuito che si crea è ormai evidente a tutti, e rischia che passi il terribile messaggio “forti con i deboli e deboli con i forti"». Felice Romano, segretario nazionale del Siulp, chiede «leggi più severe, sia per l'autorizzazione dei rave party sia per il sequestro del materiale necessario per realizzarli». Inoltre, propone di portare la multa di 276 euro prevista dalla legislazione attuale a 30.000. «Sono certo», valuta il sindacalista, «che la gente starebbe più attenta». Anche perché l'organizzazione dei rave comincia a essere particolarmente frequente. Per Halloween ne era stato organizzato un altro nelle campagne di Andria. Quasi una settantina di partecipanti avevano occupato un terreno di proprietà privata su cui erano stati sistemati un gruppo elettrogeno e impianti acustici. A scoprire la festa sono stati i carabinieri che hanno identificato 23 persone che saranno denunciate per concorso in occupazione abusiva di terreni ed edifici. Un venticinquenne, trovato in possesso di alcuni grammi di marijuana, è stato denunciato. Undici le auto controllate. Lo sgombero dell'area è terminato nel primo pomeriggio di ieri. Anche in questo caso dopo quasi tre giorni di sballo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-fattoni-ne-hanno-abbastanza-fine-del-rave-2655481420.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dopo-tante-promesse-non-ci-sono-rimborsi-per-il-caos-di-ferragosto" data-post-id="2655481420" data-published-at="1635883071" data-use-pagination="False"> Dopo tante promesse non ci sono rimborsi per il caos di Ferragosto «Passata la festa, gabbato lo Santo» recita un antico proverbio italiano. Così possiamo sintetizzare l'epilogo del rave avvenuto in provincia di Viterbo la scorsa estate. Finito il rave di Valentano, lo Stato si è dimenticato (almeno fino ad oggi) delle promesse fatte al sindaco di questo paesino del Viterbese, che dall'alto della sua collina domina il lago di Bolsena e al proprietario del terreno che per giorni ha subito di tutto. Andiamo per ordine e ricostruiamo velocemente quanto accaduto e perché lo Stato, in questo caso il ministro Luciana Lamorgese, non ha mantenuto i patti con Stefano Bigiotti (primo cittadino di Valentano) e Piero Camilli (proprietario dei terreni invasi per il rave di Ferragosto). Migliaia di persone hanno attraversato indisturbate l'unico punto di accesso a quella piana antistante il laghetto di Mezzano (dove troverà la morte per annegamento un giovane britannico) e installato le attrezzature per i vari concerti in un'oasi naturalistica riconosciuta dalla Regione Lazio. Quando gli organizzatori e i partecipanti a questo mega raduno se ne sono andati è iniziata la conta dei danni. Pesanti per il proprietario del terreno, l'imprenditore e sindaco di Grotte di Castro, Piero Camilli, ma anche per il Comune di Valentano obbligato al ripristino dello stato dei luoghi. Mentre il primo si è visto costretto ad aprire un contenzioso civile contro il ministro Lamorgese - e quindi lo Stato - il secondo è in attesa che qualcuno si faccia vivo e paghi i danni come promesso dal ministro in persona in sede di audizione alla Camera. Camilli, come confermato dal suo legale, ha chiesto oltre 1 milione di euro di risarcimento. L'inchiesta penale «procede a grandi passi verso l'archiviazione» ha dichiarato alla Verità l'avvocato dell'imprenditore, Enrico Valentini: «Abbiamo già citato per danni il ministero dell'Interno. Sapevamo che dopo la grande attenzione mediatica di quei giorni tutto sarebbe finito nel dimenticatoio. Andremo avanti chiedendo un risarcimento di oltre 1 milione di euro, per furti e danneggiamenti, all'unico soggetto su cui al momento possiamo rivalerci e cioè lo Stato». Nessuna tutela, quindi, per chi subisce una violenza da parte di questi nomadi della musica techno. Non parliamo dello scaricabarile sulle presunte responsabilità. Chi pagherà, semmai un tribunale darà ragione all'imprenditore viterbese, i danni alle fattorie, i furti di gasolio e nei casolari che in quell'area sono rimasti per giorni in balia di tanti scalmanati? Gli organizzatori dei raduni scommettono su questa totale assenza dello Stato. Sperano di cavarsela, come succede quasi sempre, con denunce che il più delle volte finiscono nel dimenticatoio e puntano sul fatto che non hanno nulla da perdere, visto che le attrezzature prese in affitto non possono essere sequestrate. Il sindaco di Valentano, Stefano Bigiotti, raggiunto telefonicamente dalla Verità ha dichiarato: «Per smaltire i rifiuti lasciati sui terreni e per sanificare le aree utilizzate come latrine da oltre 10.000 persone, abbiamo speso oltre 35.000 euro. Il ministro Lamorgese, quando ha riferito in aula in merito ai fatti avvenuti sul nostro territorio, ha dichiarato che avrebbe provveduto a risarcire la nostra amministrazione per tutte le spese sostenute. A oggi, al di là di quelle affermazioni, non abbiamo ricevuto nulla in termine di soldi, tantomeno siamo stati chiamati da qualche funzionario o dirigente del ministero che ci spiegasse come fare per ottenere i ristori. Aspettiamo fiduciosi». Il primo cittadino non ha neanche voglia di tornare sulle polemiche che lo hanno visto tra i protagonisti di quei giorni complicati. Rassegnato ad aspettare i soldi da parte del governo per poter chiudere il bilancio comunale e rientrare di quelle spese non previste. Se da una parte 35.000 euro possono sembrare una cifra bassa in termini di pubblica amministrazione, in un paesino di 2.700 anime con quei fondi si poteva certamente realizzare qualcosa di più utile per la comunità. Il rave di Valentano e gli errori commessi in quella circostanza non hanno insegnato nulla alle forze dell'ordine e al ministro Lamorgese, ancora una volta beffati e derisi da questi scalmanati come dimostra l'ultima kermesse tenutasi nel Torinese. La Verità, nei giorni successivi a Ferragosto, entrò in possesso della nota prefettizia inviata da Viterbo al ministro Lamorgese (costretta poi a riferire in aula).
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Getty Images
Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
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