2020-10-06
        I dubbi degli esperti sulla mascherina: «All’aperto va usata solo se c’è folla»
    
 
Scettici Andrea Crisanti e Massimo Galli: «Obblighi insensati saranno rifiutati». Giovanni Maga (Cnr): «Basta alzarla sopra al mento quando necessario».Dovremo indossare sempre la mascherina. È ormai certo che l'ennesimo Dpcm discusso ieri in Consiglio dei ministri ne renderà obbligatorio l'uso, da domani, in tutta Italia. I dispositivi di protezione individuale (Dpi) saranno indispensabili anche all'aperto, non solo in luoghi chiusi e quando il distanziamento non è possibile, con nuove regole accompagnate da sanzioni pesanti. Il provvedimento anti Covid ignora la situazione epidemiologica delle singole Regioni, il governatore della Liguria Giovanni Toti già segnala che la stretta generalizzata rappresenta «un passo indietro, perché bisogna intervenire a seconda delle necessità dei territori». E suscita non poche perplessità proprio per l'obbligo di muoverci sempre con il volto protetto da un pezzo di stoffa, quasi sempre made in China. «All'aperto, la mascherina bisogna averla sempre a disposizione e indossarla quando ci si avvicina ad altre persone», spiegava ieri Massimo Galli, direttore del dipartimento malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano, commentando ad Agorà, su Rai 3, le nuove restrizioni. Precisava però: «Bisogna che anche le regole abbiano una logica», quindi «che uno debba metterla mentre passeggia da solo», o se «sale in montagna in cordata singola», diventa un'imposizione assurda che «la gente percepisce come ridicola» e quindi la «rifiuta». Andrea Crisanti, docente di microbiologia all'Università di Padova, conviene che «la mascherina protegge», dichiara di usarla sempre all'aperto, «ma se io attraverso la strada e sono da solo e intorno a me non c'è nessuno, diventa un provvedimento difficilmente comprensibile», ha dichiarato a Buongiorno, su Sky Tg24. Il professore è scettico sull'efficacia delle misure restrittive: «Faccio fatica a credere che si possano fare multe a migliaia di ragazzi all'uscita da scuola», sostiene, come pure trova impensabile che «50 milioni di italiani nell'arco di 24 ore per 365 giorni l'anno non facciano errori». Per il virologo la mascherina è utile «ma non risolve il problema». Crisanti è infatti tornato a ribadire che per i ragazzi è necessario abbassare da 37,5 a 37,1 la soglia critica della temperatura corporea e che bisogna fare in modo «che insegnanti e studenti che vivono in zone dove ci sono contagi, a scuola non ci mettano piede». «Se sono da solo o distante almeno due metri dalle altre persone, la mascherina non sarebbe necessaria», afferma il virologo Giovanni Maga, direttore dell'Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), chiarendo che il condizionale è d'obbligo perché «nelle città difficilmente si verificano queste condizioni. Ed è impensabile continuare a mettere la mano in tasca alla ricerca del dispositivo di protezione quando si incrocia un amico, o ci si avvicina a una vetrina». Indossarla sempre, magari abbassata sul mento, ma pronta a ricoprire bocca e naso senza perdita di tempo quando serve, è per Maga la soluzione più sicura e pratica. «Siamo nell'ambito della responsabilità personale, se sappiamo gestire la mascherina in maniera oculata possiamo anche non tenerla sempre sul volto. La indossassimo sempre, tutti, ridurremmo in partenza il rischio di infezioni», sostiene il virologo. «All'aperto posso anche toglierla, perché tecnicamente il rischio non c'è senza contatti vicini», fa sapere Giovanni Di Perri, direttore del dipartimento di malattie Infettive dell'ospedale Amedeo di Savoia di Torino. «Però attenzione, se l'obbligo serve a rendere tutti più responsabili, allora ben venga». Il professore non ha dubbi: «La mascherina previene il contagio, non ci sono al momento altre scelte. Ricordiamo che c'è un sottile apartheid anagrafico, rappresentato da una popolazione over 60 che si sente vulnerabile e si sta proteggendo dal Covid per non finire in ospedale e in terapia intensiva. Se per salvare le pizzerie dobbiamo infettarla, allora non va bene. Il comportamento di tutti deve essere di grande responsabilità, di attenzione verso chi è più a rischio. Dobbiamo far circolare meno questo virus che si trasmette per via aerea e che non si è affatto rabbonito. Quindi meno cene, meno assembramenti, meno rischi inutili di infettarsi quando si può evitare con un dip». Per Stefano Manera, chirurgo specializzato in anestesia e rianimazione, il no fuori dai locali chiusi è categorico: «Non c'è alcun motivo di utilizzare la mascherina all'aperto. Il virus mica vola come una zanzara, quest'obbligo è un insulto all'intelligenza», esclama. Durante l'emergenza Covid, Manera ha prestato servizio volontario all'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo come medico rianimatore, sollecitando anche più volte interventi perché i colleghi impegnati nella cura a domicilio del coronavirus ricevessero indicazioni terapeutiche. «Lo scorso 24 aprile», ricorda, «assieme ad altri 32 medici scrivemmo un appello al ministro della Salute, Roberto Speranza, perché fosse incentivato l'uso del desametasone (il farmaco steroideo che è stato somministrato con successo nei giorni scorsi al presidente Donald Trump, ndr) in ambito extraospedaliero, per frenare la famosa cascata infiammatoria, riducendo l'aggravamento della malattia e di conseguenza del numero dei morti. Questo appello è rimasto senza risposta». Manera è d'accordo sull'uso del dispositivo nei luoghi affollati, ma fa presente quanto sia dannoso «rirespirare» la propria aria e come sia sempre in agguato il rischio di infezioni della pelle con una mascherina «la cui parte interna, al contatto con le mucose di naso e bocca, diventa terreno di coltura di batteri». Non solo, il medico ricorda «come il lockdown e i messaggi di terrore abbiano provocato gravi psicosi in larghe fette della popolazione, che stiamo continuando a gestire. Peggioreranno, con nuovi, ingiustificati obblighi».