2022-03-28
I democratici statunitensi usarono Zelensky contro Trump per il primo «impeachment»
Hunter Biden (Getty Images)
All’inizio il leader di Kiev era una macchietta ostile al figlio di Joe Biden salvo poi essere utile nell’accusare l’allora presidente. Ora è il padre della patria che sbugiarda i Russi.Una certa vulgata tende a presentare Joe Biden e i dem americani come ferrei sostenitori di Volodymyr Zelensky, additando invece Donald Trump come filorusso. In realtà la situazione è un tantino più complessa. Bisogna quindi ripercorrere la storia dall’inizio. Quando vinse le elezioni presidenziali ucraine nell’aprile 2019, Zelensky era di fatto il candidato favorevole al dialogo con Mosca. Il presidente uscente, Petro Poroshenko, era noto per le sue posizioni energicamente antirusse e per aver inserito nella costituzione ucraina l’impegno a entrare nella Nato. La vittoria di Zelensky fu notevole: ottenne il 73% dei voti a fronte di un’affluenza superiore al 60%. In questo quadro, il duello elettorale tra Poroshenko e Zelensky rifletteva indirettamente una dialettica interna alla politica statunitense (ricordiamo infatti che, dopo la crisi della Crimea del 2014, Kiev si era agganciata all’orbita di Washington). Poroshenko era una figura vicina al Partito democratico americano e, in particolare, al network clintoniano. Poroshenko ebbe non a caso un incontro con Hillary Clinton a settembre 2016, nel pieno della campagna elettorale per le presidenziali statunitensi di allora. Inoltre, a gennaio 2017 Politico pubblicò un’inchiesta in cui si mostrava come funzionari ucraini avessero aiutato il comitato elettorale di Hillary nel «ricercare informazioni dannose su Trump». la corsa presidenzialePer quanto Poroshenko sostenesse di essere stato neutrale, la testata scrisse di aver «trovato prove del coinvolgimento del governo ucraino nella corsa presidenziale, che sembrano mettere a dura prova il protocollo diplomatico che impone ai governi di astenersi dal partecipare alle elezioni l’uno dell’altro». Sarà inoltre un caso, ma il figlio dell’allora vicepresidente americano Joe Biden, Hunter, entrò nella controversa società energetica ucraina Burisma Holdings nell’aprile 2014: pochi giorni prima che Poroshenko vincesse le presidenziali di quell’anno. Dall’altra parte, pur non sbilanciandosi troppo a livello pubblico, Trump era maggiormente a favore di Zelensky. Non solo perché i due avevano tratti in comune per le loro posizioni antisistema. Ma anche perché l’obiettivo di Trump in quella fase era di tentare un dialogo con Mosca e, in tal senso, Zelensky avrebbe dovuto in qualche modo facilitarlo. Sia chiaro: né Trump né Zelensky erano «putiniani». Trump voleva, sì, un dialogo con la Russia ma all’interno di paletti ben definiti (a dicembre 2019 sarebbe stato del resto proprio lui a imporre pesanti sanzioni al gasdotto Nord Stream 2, mentre due anni prima si era consumata la grave crisi diplomatica sul consolato russo di San Francisco). Zelensky, dal canto suo, non aveva rinunciato a criticare il Cremlino su Donbass e Crimea. Ciò detto, i due presidenti erano propensi ad aprire una fase di cauto dialogo con Mosca. In questo quadro, proprio il carattere «trumpista» di Zelensky non risultava gradito a svariati settori dell’establishment mediatico. Se non proprio con ostilità, fu infatti accolto con profonda freddezza. Veniva in particolare sottolineata in senso spregiativo la sua precedente attività di comico, mentre fu spesso negativamente rimarcato il fatto che fosse sostenuto dall’oligarca Igor Kolomoisky. Il tentativo di disgelo si arenò tuttavia quasi subito. Nella seconda metà del 2019, Trump fu messo sotto impeachment proprio per una telefonata avuta con Zelensky nel luglio di quell’anno: secondo i dem, l’allora presidente americano aveva infatti subordinato l’invio di aiuti militari a Kiev in cambio dell’apertura di un’indagine sui controversi affari ucraini di Hunter Biden. In realtà, l’impeachment aveva come obiettivo quello di colpire la linea che Trump stava portando avanti sull’Ucraina. Questo fu chiaro dalla deposizione alla Camera dell’ex ambasciatrice americana in Ucraina, Marie Yovanovitch, che, pur ammettendo di non essere a conoscenza di attività criminali ascrivibili a Trump, criticò l’allora presidente per come gestiva la politica sul Paese, lasciando intendere che avrebbe favorito Putin (sarà, ma la Russia ha aggredito l’Ucraina sempre sotto presidenze americane dem: quella di Barack Obama nel 2014 e quella di Biden oggi). Ricordiamo che la Yovanovitch era stata nominata ambasciatrice in Ucraina da Obama nel 2016 e, ferrea sostenitrice di Poroshenko, fu rimossa da Trump nel maggio 2019, poche settimane dopo, cioè, la vittoria di Zelensky. il cambio di passoL’impeachment portò la linea di Trump al deragliamento e la vittoria di Biden nel 2020 fece credere a Zelensky che la nuova Casa Bianca avrebbe adottato un deciso cambio di passo sull’Ucraina. Del resto, in campagna elettorale Biden aveva promesso una linea di estrema durezza nei confronti di Putin: un fattore che, a inizio 2021, portò Zelensky a irrigidire i rapporti con la Russia. Si scoprì tuttavia ben presto che Biden aveva soltanto illuso Kiev. Sebbene nel 2009 da vicepresidente si fosse detto favorevole all’ingresso dell’Ucraina nella Nato, a giugno scorso Biden fece di fatto marcia indietro sulla questione. Non solo: a maggio revocò le sanzioni di Trump al Nord Stream 2, mentre a luglio diede la propria benedizione al gasdotto, per compiacere Angela Merkel. Queste mosse irritarono Zelensky, che si sentì di fatto tradito. Tensioni si registrarono anche durante l’ammassamento di truppe russe al confine ucraino, con lo stesso Zelensky che chiese invano alla Casa Bianca di assumere una più energica strategia di deterrenza nei confronti di Mosca. Il 20 febbraio, Kamala Harris assicurò che la deterrenza di Biden stava funzionando: quattro giorni dopo, la Russia invadeva l’Ucraina. E vogliamo parlare del cortocircuito che vede l’attuale Casa Bianca imporre embarghi alla Russia, allentando al contempo la pressione su storici alleati di Mosca come il Venezuela e l’Iran? Questo per dire che il rapporto tra i democratici americani e Zelensky è molto meno idilliaco di quello che qualcuno vuol far credere.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)