2022-03-13
I costi troppo alti mettono a rischio la coltivazione di pomodori e fragole
Possibili carenze anche di legumi. Senza una sterzata, si avvicina lo spettro carestia.Se andrà avanti così servirà un’unità di crisi come quella per le catastrofi centrata sull’agroalimentare. La difficoltà delle campagne si allungherà almeno per tutto il prossimo anno e la prospettiva è di una carestia. Ci mancheranno - oltre alla farina, al mais, all’olio di girasole, allo zucchero - anche i legumi, buona parte delle orticole e la salsa di pomodoro. Sempre che la crisi delle stalle non diventi irreversibile, altrimenti anche il latte e i formaggi saranno merce rara come già il pesce, mentre per carne e salumi sono alle viste rincari tra il 20 e il 30%. L’ultimo allarme viene dai campi di fragole: si rischia di non trovarle. Anche per la panna che di solito le accompagna sono dolori. Gli allevamenti stanno razionando i mangimi, alimentano le vacche - destinate al macello entro un mese se non arriva il mais bloccato in Ucraina e Ungheria - solo con fieno secco e la produzione di latte è in caduta libera. Si stima che siano 43.000 le stalle in procinto di chiudere. La penuria agricola è però a lento rilascio e le conseguenze si trascineranno per diversi raccolti. Le aziende aderenti a Fruitimprese avvertono: «Le imprese stanno subendo un aumento incontrollato dei costi di produzione per i concimi, i fertilizzanti, gli imballaggi, l’energia, i trasporti e chiedono una corretta redistribuzione dei costi. A queste difficoltà si sommano le incertezze sulla possibilità di garantire un servizio continuativo ai clienti a causa del fermo dei trasporti e dell’inerzia delle istituzioni davanti alle richieste, in gran parte condivisibili, delle aziende della logistica». Significa che troveremo poche e carissime fragole. Già oggi siamo oltre i 6 euro al chilo. Tutto il comparto dell’ortofrutta è in sofferenza: tra i produttori di quarta gamma (le insalate in busta) si stimano cali produttivi che vanno oltre il 20% con costi cresciuti della stessa quota. La mancanza di frumento, di olio di girasole e di mais sta inducendo i coltivatori a orientarsi su questi prodotti - a discapito del grano duro che serve per la pasta - ma in questo momento non si trovano i semi. I campi a frumento sono aumentati di 30.000 ettari, quelli a orzo sono cresciuti di 21.600 ettari, quelli a duro hanno perso 17.200 ettari. La carenza della farina, dell’olio di girasole e dei mangimi si allungherà ai prossimi raccolti - mais e girasole da seme non si trovano e non si possono piantare ora che è il periodo giusto, i grani sono già a dimora da ottobre - e si aggiungerà anche quella della pasta. In questo momento in cui si dovrebbero seminare mancano piselli, lenticchie, fagioli e ceci. Importiamo circa l’80% del nostro fabbisogno da India e Africa, ma la Cina ha fatto scorte oltre la media e c’è penuria di prodotto. Un comparto che va verso l’azzeramento quest’anno è quello del pomodoro da industria. Per due motivi. Gli agricoltori si stanno orientando su colture che si ritine siano diventate più redditizie a causa il blocco delle importazioni da Ucraina e Russia, ma i vivaisti, quelli che allevano le piantine che vengono poi trapiantate (l’operazione si fa in questi giorni), non riescono a stare dentro i costi e non possono onorare i contratti ai prezzi che erano stati concordati lo scorso autunno. Ciò che vale per il pomodoro da industria vale per tutte le piante che si allevano in semenzaio - dal sedano alle melanzane, dalle carote al melone per citarne alcune - prima del trapianto a pieno campo. I costi sono esplosi. Il gasolio agricolo per le serre è passato da 0,80 a 1,50 euro al litro, una seminiera di polistirolo da 0,60 euro a 1,15 euro, i fertilizzanti da 35 a 90 euro al quintale. Oltre ai costi ora c’è anche la irreperibilità. Assoplant avverte: «Intere filiere sono a rischio, è molto difficile iniziare la nuova stagione con una dinamica dei costi così volatile». Il risultato è che forse non avremo né gli spaghetti né il pomodoro per condirli.
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