2022-06-16
I candidati di Trump trionfano nelle urne mentre Biden affonda sulla crisi economica
Tra primarie e suppletive l’ex presidente è riuscito a far vincere i repubblicani. A Washington il suo successore è nel marasma.A Donald Trump non sta andando politicamente poi tanto male. L’ex presidente sta, infatti, riuscendo a mantenere la presa sul Partito repubblicano. E a testimoniare questa situazione sta la nuova tornata di primarie, tenutasi martedì scorso. Buone notizie per l’ex inquilino della Casa Bianca sono arrivate innanzitutto dal Nevada dove, in vista della corsa per la poltrona di senatore dello Stato, ha vinto il candidato a cui aveva dato l’endorsement, Adam Laxalt. Stesso discorso vale per la locale candidatura al ruolo di governatore. Anche in questo caso, a vincere è stato un contendente su cui Trump aveva puntato: lo sceriffo Joe Lombardo. Tuttavia i risultati più significativi arrivano, forse, dalle primarie per la Camera in South Carolina. È vero: qui l’ex presidente ha preso un’indubbia batosta, vedendo vincere la deputata Nancy Mace, con cui era da tempo ai ferri corti. Dall’altra parte però Trump ha anche conseguito una notevole vittoria in un’altra circoscrizione dello Stato, dove il suo candidato Russell Fry ha sconfitto il deputato uscente di lungo corso, Tom Rice. Si tratta di un evento particolarmente significativo. Non solo Fry aveva ricevuto l’endorsement dell’ex presidente già a febbraio. Ma va soprattutto tenuto presente che Rice è uno dei dieci deputati repubblicani che l’anno scorso votarono a favore del secondo impeachment contro Trump: in particolare, Rice è stato il primo di costoro ad affrontare le primarie del 2022. La sua sconfitta offre quindi alcune considerazioni. Innanzitutto, costituisce un campanello d’allarme inquietante per gli altri deputati che sostennero la messa in stato d’accusa di Trump, a partire da Liz Cheney che si gioca una difficile riconferma in Wyoming. Un secondo aspetto da considerare è che la scorsa settimana sono iniziate le dirette televisive delle audizioni della commissione parlamentare che sta indagando sull’assalto al Campidoglio (commissione di cui la stessa Cheney fa parte). Ebbene, la sconfitta di Rice dimostra come tali audizioni non stiano producendo impatti elettorali significativi ai danni dell’ex presidente. Un fattore, questo, molto probabilmente dovuto al fatto che la commissione d’inchiesta è percepita come troppo faziosa: ricordiamo, d’altronde, che è costituita da nove componenti (due repubblicani e sette democratici) tutti nominati dalla speaker della Camera, Nancy Pelosi. D’altronde, se è sacrosanto indagare su un evento deprecabile come l’irruzione in Campidoglio, sarebbe altrettanto sacrosanto condurre un’inchiesta autenticamente bipartisan, lontana da ogni forma di strumentalizzazione politica. Inoltre, secondo un recente sondaggio di Nbc News, è diminuita la quota di americani che ritiene Trump il solo o il principale responsabile dei fatti del 6 gennaio: dal 52% di gennaio 2021 al 45% di maggio 2022. Tutto questo senza trascurare che, al momento, le preoccupazioni degli elettori sono concentrate su altri problemi: dall’inflazione ai massimi da quarant’anni al caro carburante, passando per una crisi migratoria senza precedenti che la Casa Bianca sta facendo sempre più fatica a gestire. Le conseguenze devastanti di questa situazione per l’asinello si stanno già manifestando. Oltre alle varie tornate di primarie, martedì si sono tenute anche delle elezioni suppletive per la Camera nel Sud del Texas, in una circoscrizione storicamente democratica. Ebbene, proprio in quest’area, a prevalere con otto punti di vantaggio è stata la candidata repubblicana Mayra Flores. Costei aveva innanzitutto ricevuto l’endorsement della deputata trumpista Elise Stefanik e del governatore del Texas, Greg Abbott (di cui la stampa progressista aveva già decretato il tramonto politico, addebitandogli surreali responsabilità per la recente strage di Uvalde). Inoltre, la cosa più emblematica è che la Flores sarà la prima deputata della Camera statunitense ad essere nata in Messico. Tutto questo ci dice, fondamentalmente, due cose. La prima è l’infondatezza della vulgata che si ostina a dipingere il Partito repubblicano come un ricettacolo di razzisti: l’elefantino è tornato a crescere tra le minoranze etniche proprio a seguito dell’arrivo di Trump e la vittoria della Flores consolida questo trend (tra l’altro ieri, alle primarie del South Carolina, è stato riconfermato il senatore repubblicano afroamericano Tim Scott). La seconda è che cominciano a pesare i fallimenti economici e migratori di Joe Biden e Kamala Harris. Secondo un sondaggio Ipsos pubblicato ieri, il presidente ha un grado di disapprovazione del 56%, mentre cresce la disaffezione anche in seno all’asinello. Basti pensare che Alexandria Ocasio-Cortez, uno dei principali esponenti della sinistra dem, si è recentemente rifiutata di dire se sosterrà Biden in caso di una sua eventuale ricandidatura nel 2024. Non a caso, Gallup prevede che, alle elezioni di metà mandato di novembre, l’asinello perderà probabilmente «un numero di seggi superiore alla media». Del resto, c’è poco da stupirsi di questo marasma. Davanti all’economia che va a rotoli, l’inquilino della Casa Bianca non sa far altro che demonizzare i repubblicani e scaricare la colpa sugli altri: un giorno su Vladimir Putin, un altro su Trump, un altro ancora sulle compagnie petrolifere. Una linea bambinesca, sconfessata due settimane fa dalla stessa segretaria al Tesoro, Janet Yellen, che ha ammesso con onestà di aver sbagliato le previsioni sull’inflazione. Biden annaspa quindi tra errori e cortocircuiti. L’unico a festeggiare è, forse, Jimmy Carter, che sa di non poter più essere considerato il peggior presidente americano dell’ultimo secolo.
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