2021-10-19
I camalli non mollano nonostante gli idranti: «Il governo ci incontri»
La polizia sgombera il porto di Trieste: randellate e getti d'acqua fino a sera, quattro arrestati. I contestatori poi si spostano nella piazza centrale. Stefano Puzzer vede il prefetto: «Andiamo avanti finché Roma non ci risponde».Blocchi allo scalo romagnolo, fermati pure i pasti per le fabbriche. Presidi in Liguria.Lo speciale contiene due articoli.Intorno alle 8 del mattino, le camionette delle forze dell'ordine sono arrivate al varco 4 del porto di Trieste. Sul molo, circa 400 persone, alcune delle quali hanno trascorso lì la notte. Si sono sedute a terra dall'altro lato del varco, lungo la strada; i poliziotti sono scesi dai mezzi in tenuta antisommossa; un funzionario ha più volte invitato i manifestanti a disperdersi «in nome della legge», poi sono stati azionati gli idranti. Seguiti dalle cariche, dai manganelli e alla fine anche da fumogeni e lacrimogeni. La polizia ha respinto così, nell'arco di tutta la mattinata, i dimostranti contro il green pass che avevano occupato il porto di Trieste. Nessuno scontro con conseguenze critiche, ma dopo una prima lenta avanzata, le forze dell'ordine sono passate a un'azione più convinta per disperdere la folla. Che si è allontanata dal porto e ha sfilato vero il centro città, per poi fermarsi in piazza Unità, dove molti manifestanti si sono seduti come segnale di protesta pacifica. «Vediamo se hanno il coraggio di caricarci anche qui», ha detto il leader della protesta nonché ex portavoce del Coordinamento dei lavoratori, Stefano Puzzer. Che nel pomeriggio è stato ricevuto dal prefetto di Trieste, Valerio Valenti.Il paradosso è stato che mentre Puzzer si trovava a tu per tu con il rappresentante del governo, al molo sono partite nuove cariche della polizia ai danni di una cinquantina di manifestanti rimasti nella zona dello scalo marittimo. Eppure «durante l'incontro il clima era disteso. Noi abbiamo detto a tutti di venire» in piazza Unità, «dove ci sono più di 5.000 persone che hanno avuto fiducia in noi. Faremo tornare indietro le 150 persone che sono al porto, perché quello che abbiamo ottenuto ora non possiamo buttarlo via. Non vogliamo abbandonare chi è là», ha detto Puzzer al megafono alla piazza dopo aver parlato con Valenti. Precisando che tra le richieste fatte, «la prima e più importante è essere ricevuti nel giro di due-tre giorni dal governo. Nel frattempo, una cosa molto importante, perché ci ha rasserenato, è che tutte le persone presenti in piazza Unità non devono temere nessun attacco da nessuno. Dobbiamo stare tranquilli e non aver paura».Al varco 4, in mattinata, ha stazionato per ore una lunga fila di camion che attendeva di entrare in porto. Dopo più di un'ora e mezza il varco è stato liberato, ma il presidio dei lavoratori non si ferma: lo sciopero durerà fino al 21 ottobre. «Finché non ci sarà l'incontro con il governo», ha promesso ieri Puzzer, «nessuna piazza si scioglierà e saremo qui ad aspettarlo». Altri blocchi con sit in improvvisati hanno impedito l'accesso ai tir ai varchi nel pomeriggio e sono partiti cariche e getti degli idranti. Resta da capire come gli organizzatori intendano portare avanti la protesta nei prossimi giorni. Al prefetto è stata comunicata l'intenzione di tornare in porto. La tensione, di certo, resta alta. Anche per disordini provocati non dai portuali, ma da gruppi esterni di provocatori che hanno lanciato oggetti e bottiglie contro le forze dell'ordine e ribaltato alcuni cassonetti. «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine. Le nostre persone sono state messe in sicurezza», ha spiegato lo stesso Puzzer. Intanto, la polizia ha denunciato in stato di libertà per interruzione di pubblico servizio e invito a disobbedire alle leggi statali, in violazione di quanto previsto dall'articolo 18 del Tulps, quattro persone; una quinta è stata denunciata per resistenza a pubblico ufficiale. Tre i feriti tra i poliziotti di un reparto antisommossa, non in condizioni gravi. La Questura sta vagliando le posizioni di altre persone e sta visionando filmati e altre immagini videoregistrate. Sul caso è intervenuto anche il leader della Lega, Matteo Salvini: «Settimana scorsa si permette a un manipolo di neofascisti di mettere a soqquadro Roma, oggi si usano gli idranti contro i pacifici lavoratori e cittadini a Trieste. Ma al Viminale come ragionano?». Gli ha fatto eco Giorgia Meloni: «Lo stesso governo che nulla ha fatto per impedire l'assalto alla sede della Cgil tira fuori dai depositi gli idranti per usarli contro dei lavoratori che scioperano pacificamente». Di certo, troppo permissivismo a Roma sabato 9 ottobre e l'eccessivo rigore a Trieste fanno riaccendere i riflettori sulla gestione dell'ordine pubblico. Per motivi diametralmente opposti e con letture profondamente diverse delle stesse situazioni da parte delle forze politiche di maggioranza e di opposizione. A Trieste, per sgomberare il varco 4 occupato dai lavoratori in presidio e «rendere fluida» l'attività del porto, è stato necessario ricorrere a cariche di alleggerimento, idranti e lacrimogeni: da una parte uomini e donne con le mani alzate, dall'altra i poliziotti in tenuta antisommossa. Domenica c'è stato l'appello di Cgil, Cisl e Uil a «liberare il porto». E così è stato. Quali saranno le conseguenze, si vedrà.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-camalli-non-mollano-nonostante-gli-idranti-il-governo-ci-incontri-2655318479.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-protesta-si-allarga-a-genova-e-ravenna" data-post-id="2655318479" data-published-at="1634581360" data-use-pagination="False"> La protesta si allarga a Genova e Ravenna Non c'è solo Trieste a manifestare. Ieri il traffico è andato in tilt nella zona portuale di Ravenna, con code di camion bloccati e centinaia di lavoratori che non riuscivano né a lasciare il posto di lavoro né a entrare per il cambio turno ai colleghi. Non sono arrivati nemmeno i pasti a chi era in fabbrica. La manifestazione «No green pass», dal mattino, è andata via via crescendo e si sono aggiunti non solo portuali, ma anche lavoratori di altre aziende. Nella prima parte della mattinata il presidio era composto da poche decine di persone e il corteo - che pure aveva causato qualche rallentamento ai camion - sembrava in esaurimento. Poi nel primo pomeriggio hanno cominciato ad aggiungersi altre persone, oltre un centinaio, arrivate da altre città emiliano-romagnole e da fuori regione, bloccando una corsia di ingresso al porto San Vitale, cosicché i camion potevano uscire ma non entrare. Sul posto, uno schieramento di forze dell'ordine. Prosegue, invece, la linea della mediazione al porto di Genova: pur continuando con i presidi, gruppi di portuali e cittadini no green pass stanno limitando i disagi al traffico e non vi sono ripercussioni pesanti sull'attività. Poco dopo le 15 è stata completamente riaperta la strada d'accesso al terminal traghetti, presidiata da ieri mattina alle 7. I portuali dialogano con loro, cercando di trovare altre strade: l'obiettivo è quello di ottenere tamponi gratis per tutti, in assenza di obbligo vaccinale. Al momento resta un presidio davanti al varco Etiopia, in lungomare Canepa, che è chiuso ai mezzi pesanti. La decisione di liberare alcuni dei varchi d'accesso è frutto di un serrato dialogo tra la polizia e lo zoccolo duro della protesta. Il compromesso consente di tenere vivo il presidio principale a varco Etiopia, a Sampierdarena, davanti al quale, il 15 ottobre, un lungo blocco stradale ha paralizzato la strada. A varco Albertazzi i tir che trasportano merci deperibili, i mezzi passeggeri e quelli di servizio come i camion della spazzatura, vengono fatti passare. Gli altri varchi portuali (San Benigno e terminal Psa e Messina) e la viabilità interna al porto sono liberi. Traffico regolare anche nel porto di Livorno, che con quasi 37 milioni di tonnellate è il terzo porto italiano per tonnellate di merci movimentate nel 2019. Il 25 ci sarà comunque uno sciopero nazionale dei portuali, che proporranno una piattaforma per la salute e sicurezza del lavoro nei porti, dove il rischio, ricordiamolo, non è solo il Covid. Nel frattempo, anche gli autostrasportatori registrano disagi. «Da un campione di 100 imprese del Lazio», riferisce Maurizio Longo, il segretario generale di una delle principali associazioni dell'autotrasporto, Trasportounito, «abbiamo l'8% dei conducenti dei mezzi industriali senza green pass, il 9% operativi con tampone, il 4% in malattia o infortunio». Nel Lazio sono iscritte all'albo degli autotrasportatori 8.900 imprese per un totale di 44.000 conducenti. Mancando dipendenti nei centri di carico, se prima in 8 ore caricavano 10 articolati, ierii ne hanno caricati tre.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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