2022-01-04
Quando le star seppellivano i peccati sotto le lenzuola luride di Hollywood
L'attore americano Roscoe "Fatty" Arbuckle (Getty Images)
Adelphi ha appena ristampato il capolavoro di Kenneth Anger, discesa agli inferi delle pulsioni represse negli anni d’oro degli Studios. Uno squarcio sulla tela della «fabbrica dei sogni» a misura di spettatore.Il cinema americano muove i primi passi sulla costa dell’Est. Al freddo della Nuova Inghilterra. Diventa grande, grandissimo, immenso, sulla costa dell’Ovest. Al caldo della California. Kenneth Anger scrive che «Hollywood, la colonia del cinema, era stata creata da un gruppetto di commercianti ebrei della costa orientale, convinti che ci fosse qualcosa di buono nella cinematografia. Nella sonnolenta propaggine di Los Angeles dove si erano stabiliti, cominciò presto una disordinata fioritura di teatri di posa all’aperto, trappole per catturare il sole. In pochi anni, a forza di macinare filmetti primitivi altamente redditizi, gli ex rigattieri e gli ex guantai coronarono felicemente un’operazione non facile, nell’Eldorado di Celluloide». Questa considerazione di Anger si trova in un testo ormai di culto, che con il passare del tempo non invecchia: Hollywood Babilonia. Adelphi lo ha da poco rimandato in stampa (452 pagine, 16 euro). Il libro venne pubblicato negli Stati Uniti nel 1959. La celebre Susan Sontag ne salutò l’uscita con queste parole: «È leggendario come ciò di cui parla». Dalla corrosiva narrazione di Anger non si salva nessuno nel firmamento hollywoodiano. Dell’universo dove i sogni diventano realtà viene mostrato il lato oscuro. Dietro la luminosità dello star system c’è solo cartapesta, cattiveria, cinismo e volgarità. Hollywood è la moderna Babilonia. Le riflessioni di Anger non nascono sul nulla. Sono figlie di una tradizione letteraria consolidata. Sin dagli albori la «mecca del cinema» richiama giudizi sferzanti. George Bernard Shaw imputava ai produttori di Hollywood (lo disse di persona a William Randolph Hearst durante una cena insieme a Charlie Chaplin, Clark Gable, Marion Davies, Louis B. Mayer, provocando una sua risentita reazione) l’abbassamento del livello artistico e morale generale, a causa delle produzioni «colossali che rendono la mediocrità inevitabile». Del resto sulle cattive abitudini e la volgarità dei produttori di Hollywood fioccano gli aneddoti. Darryl Zanuck, con l’immancabile e gigantesco sigaro tra le labbra, era uno specialista dell’insulto. Harry Cohn si rivolgeva, specialmente alle attrici, in maniera grossolana e volgare. Mayer era preso da attacchi di collera così violenti da rotolarsi in terra davanti ai costernati presenti. E poi la loro ignoranza dette vita a un vero e proprio trattato di divertenti scempiaggini. Un produttore sentendo parlare di una commedia di Shakespeare aveva chiesto alla segretaria di chiamarlo al telefono per acquistare immediatamente i diritti. Un altro produttore volendo fare le cose in grande per una pellicola biblica, chiese al direttore di produzione almeno di raddoppiare il numero degli apostoli. Potremmo continuare a lungo, pescando a piene mani anche in Hollywood Babilonia. Ma chi è Kenneth Anger? Nato a Santa Monica nel 1927, è considerato il nome di riferimento dell’underground americano. Artista d’avanguardia, è nell’incontro con l’occultista Aleister Crowley che Anger trova il punto di svolta della propria ricerca. Negli anni Cinquanta del secolo passato, Anger si reca nella dimora di Crowley a Cefalù, per fotografare i dipinti che si trovavano nella camera da letto, rappresentanti sessualità sfrenata, blasfemia, magia e invocazione luciferina. Da questa folgorazione ne esce la cosiddetta «trilogia satanista»: Scorpio Rising (1963), Invocation of my Demon Brother (1969), Lucifer Rising (1970). I film di Anger sono l’emblema della trasgressione. Presentano, piuttosto esplicitamente, una eversiva carica sessuale, privilegiando la componente omosessuale. L’opera di Anger ha determinato una profonda influenza nella cultura visiva americana contemporanea, dai registi David Lynch e Martin Scorsese alla pittrice e fotografa Cindy Sherman. Rispetto ai tanti lavori sullo stesso soggetto usciti prima e dopo Hollywood Babilonia, il libro di Anger ha una particolarità davvero unica. La camera da letto. Non si limita a svelare la diffusa volgarità e la spietata perfidia regnante nel pianeta Hollywood. Lo aveva già fatto con maestria lo scrittore Scott Fitzgerald in Gli ultimi fuochi (1941). Anger, anticipando i tempi, toglie il velo dagli altari della sessualità. Oggi è una normalità. Ma chi deteneva le redini della produzione, faceva di tutto per tenere nascosto quanto si nascondeva a Hollywood. Sin dall’affaire Arbuckle i padroni della Nuova Babilonia avevano compreso che gli scandali sessuali nuocevano agli affari. Il 5 settembre 1921, festa del Labour Day, l’attore Roscoe «Fatty» Arbuckle riceveva gli amici nel corso di un party molto effervescente in un hotel di San Francisco. Roscoe, il ciccione «dalle torte in faccia», era l’attore più pagato di Hollywood. Era la delizia dei bambini. Tutti adoravano Roscoe. Alla festa una giovane attrice, Virginia Rappe, entrò in camera con Roscoe. Da quel momento gli spettatori smisero di ridere. Virginia fu trovata nel letto piena di sangue. Roscoe davanti a lei armeggiava con una bottiglia di champagne. La ragazza fu portata all’ospedale. Roscoe al commissariato, con l’accusa di stupro. Una settimana dopo Virginia morì, e l’accusa divenne di stupro e omicidio. Roscoe andò alla sbarra e alla fine del terzo processo ottenne ragione: non aveva stuprato Virginia e non l’aveva uccisa. Nel montare lo scandalo la stampa non perse un colpo. I padroni di Hollywood capirono che l’immoralità poteva distruggerli. Allora, giorno dopo giorno, edificarono una gabbia protettiva per tenere gli scandali lontani dalla vita reale e dallo schermo. Hollywood divenne così lo specchio dei valori portanti che l’America intendeva diffondere di sé stessa. Patria, famiglia, religione, onestà, moralità. Il contrario di tutto ciò veniva bandito. Al massimo il peccato può circolare tra gli addetti ai lavori. Ma non può essere reso pubblico. Hearst aveva trovato una parola per indicare il sesso della sua amante Marion Davies: «bocciolo di rosa» (Rosebud). Malignamente Orson Welles lo incide nello slittino di Quarto potere (1941), distruttiva rappresentazione sullo schermo del magnate. È un affronto, gravissimo. Ma nessuno lo sa. Anger con Hollywood Babilonia rompe gli argini. Inonda un campo fiorito, pur se artificiale. Schiude le porte a un genere non più fedele e succube della favola hollywoodiana. Una recensione d’epoca sottolineò come era stato lo spirito demoniaco a ispirare Anger. L’artista spesso ha ricordato che il Diavolo non esiste, è un escamotage di cui si è servito il cristianesimo per tenere in stato di soggezione e inferiorità gli uomini. A Kenneth Anger il Diavolo sicuramente deve aver bussato alla porta e chiesto di essere rappresentato. Ma di non dirlo a nessuno.