2022-06-06
Alberto Forchielli: «Ho investito in Cina ma oggi quel Paese è diventato nemico»
Alberto Forchielli (Getty Images)
Il finanziere: «Pechino è ambigua sulla guerra anche se vorrebbe finisse presto. Per l’Italia aiutare l’Ucraina avrà costi altissimi».Classe 1955, l’imprenditore ed economista Alberto Forchielli - sì, quello imitato da Maurizio Crozza - ha alle spalle una carriera più poliedrica di questa intervista. È stato consigliere particolare per alcuni ministeri italiani, ha lavorato alla World Bank, vissuto a Singapore da responsabile di Finmeccanica e molto altro ancora. A macchiare il curriculum rischiavano di esserci le accuse di evasione fiscale per 3,9 milioni di euro: l’indagine era iniziata due anni e mezzo fa. Lo raggiungiamo nella sua casa a Imola, pochi giorni dopo essere stato assolto «in quanto il fatto non sussiste». A indagare era la Procura di Milano. Se l’è vista brutta?«A dire il vero l’ho vissuta molto serenamente. E infatti il gip ha emesso una sentenza di non luogo a procedere. Ho sempre saputo che erano accuse ingiuste. In Italia funziona così: piuttosto che stare in lite per 15 anni con il Fisco, conviene pagare un’ammenda e farla finita perché costi e tempi del litigio sono terribili. Poi un pm ha deciso di fare richiesta di rinvio a giudizio».Atto dovuto?«Per niente. Ma così è andata. Intanto sono finito sui giornali come evasore, e quando sono stato assolto in pochi hanno fatto ammenda».Arrabbiato? Tentato di querelare qualcuno?«Ma figuriamoci, so come vanno le cose in questo Paese».Lei conosce molto bene la Cina. È tra i fondatori di Mandarin capital partners, ne ha appena cambiato il nome in Mindful capital. Come mai avete deciso di smarcarvi dal Dragone?«Era una decisione che bolliva in pentola da un po’: non eravamo più concentrati sulla Cina. Ora che un nome cinese è percepito come qualcosa di tossico dagli investitori era venuto tempo di far pulizia».La Cina rappresentava un’opportunità per gli investimenti, quando nel 2007 creò il fondo. «C’è poco da fare: è diventata un Paese nemico. Da quando si è schierata con la Russia, poi, il cambio di nome è diventato imperativo». Lucio Caracciolo li ha definiti «alleati riluttanti». «La Cina questa guerra la vorrebbe già finita. Aveva ottimi rapporti con l’Ucraina, e poi è stata sempre contraria alle interferenze in Paesi altrui, di questo bisogna dare loro atto. Ma sarebbe stato imbarazzante far marcia indietro, per Xi Jinping, anche perché deve essere rieletto per la terza volta».Giornali e social cinesi sono a favore di Vladimir Putin. «Lo idolatrano, condannando l’Occidente. Ma sotto sotto i cinesi lavorano per far terminare il conflitto, che pensavano sarebbe stato veloce e che ora invece sta danneggiando la loro economia e logorando il rapporto con l’Europa a cui tenevano molto. Invece l’esercito russo non si è rivelato all’altezza».Sarà che Usa e Ue hanno fornito le armi per combatterlo? Lei era ed è a favore?«Purtroppo sì, sono favorevole. Penso che Putin vada fermato. Se mi chiede invece se è possibile che l’Europa tenga botta, non sono così sicuro. Prima o poi anche gli italiani inizieranno a lamentarsi».Quanto dobbiamo preoccuparci per la nostra economia?«Molto. Perché l’inflazione è testarda: sarà molto difficile da sedare. C’è il fattore mitigante dell’uscita dal Covid: la gente spende, la domanda c’è. Ma la medicina per battere l’inflazione stroncherà la bestia e ci porterà in recessione. C’è il problema del grano, poi, che farà aumentare i flussi migratori dall’Africa: arriveranno a casa nostra. E Putin ci conta».Paghiamo quindi un conto salato per la solidarietà all’Ucraina?«Altissimo».Gli italiani lo hanno chiaro?«Non è stato loro spiegato. Se non avessimo armato l’Ucraina e non avessimo imposto sanzioni, forse nessuno si sarebbe accorto di nulla. Le bollette sarebbero rimaste invariate».Che cosa prevede?«In primis che Salvini aumenterà il consenso dopo l’ondata migratoria. E con lui al governo non potremo tenere la stessa linea».Goldman Sachs ha già avvisato: le elezioni del 2023 sono un rischio. Per la banca d’affari la discontinuità politica preoccupa per la sostenibilità del debito.«Le elezioni sono previste per legge, c’è poco da fare». Quanto la finanza riesce a condizionare oggi la politica?«L’ingerenza c’è, certo. La finanza ci prova, poi la politica fa quel che deve fare. Ma se anticipa ciò che faranno i mercati ci riesce, a contare».Rischiamo sullo spread? Meglio tenerci Mario Draghi?«Cosa vuole che le dica: se arriviamo a elezioni con un Paese in recessione e fortemente indebitato, un governo nuovo, sconosciuto e magari non troppo capace rischia di farci traballare».Non capace in che senso? Ha ragione la banca d’affari a temere il successo nei sondaggi dei nostri partiti più euroscettici?«No, è questione di credibilità. Puoi anche scegliere persone capaci ma, vede, ora il premier Draghi e il ministro Franco si muovono e nessuno chiede conto di nulla: si dà per scontato che facciano le cose per bene, i mercati non reagiscono».Conta quindi il curriculum?«Se altri facessero le stesse cose i mercati non si fiderebbero. Credibilità personale, esatto. Che ha coperto operazioni di bassa politica».A cosa si riferisce?«Ha ragione il presidente di Confindustria Carlo Bonomi a chiedere riforme e a scagliarsi contro i bonus. Tipo quelli per l’edilizia: una schifezza. Questo esecutivo non ha toccato il cuneo fiscale, ed è una vergogna, perché andava fatto».Dove altro avrebbe messo mano?«Le piccole e medie imprese italiane oggi resistono ma soffrono. Sarei per favorire le concentrazioni perché le pmi al primo stormire di foglie vanno in affanno finanziario, sono troppo dipendenti dalle banche. Se il baricentro dell’economia si sposterà verso l’Asia occorre dare benefici fiscali alle concentrazioni, così che le aziende diventino più forti e possano competere».Non se ne parla da un po’. «È una delle cose che Draghi avrebbe potuto fare: un governo tecnico l’avrebbe fatta. Questo però non è un esecutivo tecnico, ma politico gestito da tecnici. Sa da cosa si capisce? Non ha fatto nessuna operazione impopolare».Per cambiare le cose bisogna che qualcuno si lamenti?«Le riforme di successo devono per forza far male a qualcuno, non si scappa. Perché devono incidere su interessi precostituiti. Invece si è cercato sempre di appianare le divergenze. Con il Covid i parametri sul debito sono saltati ed è stato più facile accontentare tutti. Peccato che i nodi verranno al pettine sicuramente».Lei la vorrebbe l’Ucraina in Europa?«È un gesto simbolico, politico. Ma l’Europa non ha bisogno di maggiori complessità, visto che già ha un processo decisionale farraginoso con l’unanimità. Va bene aiutare la ricostruzione, va bene pure allargare l’Europa, ma servono criteri rigorosi. L’Ucraina, ad esempio era un Paese ad alto tasso di corruzione. La guerra la ripulirà? Può essere, ma meglio non accelerare i processi».Tra i tanti sketch di Crozza che la ritraggono c’è lei che afferma che l’Europa conta nel mondo quanto un lucchetto di bici a Scampia. Ride, quando si rivede imitato?«Moltissimo. All’inizio fui avvisato da amici: non ne sapevo nulla, di queste imitazioni. Crozza non l’ho mai conosciuto, non abbiamo mai avuto alcun contatto».Le piacerebbe incontrarlo?«Sì, ma non voglio condizionarlo, se vuole mi contatterà lui un giorno». Ci si guadagna negli affari a essere diventato un personaggio?«Direi di no. Contano più i rapporti - pochi, consolidati - con persone e istituzioni importanti. Il mio non è il mondo della politica. La gente non ti affida i suoi soldi perché sei conosciuto in televisione». Ne è mai stato tentato, dalla politica?«È pure capitato che mi chiedessero di diventare ministro, ma io non ho pazienza, è il mio limite. Ne serve tanta. E poi amo conservare la mia privacy. No, no, nessuna attrazione per uno come me che ha pure scritto un libro che s’intitola Il potere è noioso».Chi le propose un ministero?«Romani Prodi e Beniamino Andreatta, io sono di Bologna. Me lo chiesero a più riprese, timidamente, io non ho mai domandato nulla. Sa, la verità è che non ho quella megalomania di dire “sono potente, guarda che roba”. Tutti ti cercano per un paio d’anni, sei al centro del mondo e poi ritorni uno sfigato qualsiasi. Ho raggiunto il massimo con Crozza, che ha capito il mio carattere semiserio, fuori dalle righe, scherzoso: mi sono sempre posto così anche sul lavoro».Al Festival dell’Economia di Trento ha presentato pure un cartone animato: lei e Fabio Scacciavillani che spiegano l’economia.«Sì, perché manca l’educazione finanziaria dei più piccoli: ultimi anni di elementari, scuole medie».Dove lo vedremo in onda?«Verrà commercializzato, ancora non abbiamo deciso il network. Sono episodi da tre minuti ciascuno, la Rai ha dimostrato interesse».
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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