
Alla sinistra è rimasto solo il coprifuoco. Pd e Leu sono aggrappati a uno scenario di guerra, che ha come ultimo precedente il governo del generale Pietro Badoglio, all'indomani della caduta del fascismo. Ieri, è stato l'house organ di Roberto Speranza, Repubblica, a suonare la carica: «Coprifuoco per tutto maggio». Per Palazzo Chigi, il sequestro in casa dalle 22 alle 5 sarebbe addirittura un «punto fermo».
E in aiuto del partito delle chiusure, trafitto dalla conferenza stampa di venerdì, con cui Mario Draghi ha annunciato il cronoprogamma per la ripartenza dal 26 aprile, è scesa anche la milizia dei televirologi. Il Cts, anzi, è il principale sponsor del confinamento notturno. Nonostante non esista mezza prova della sua utilità, anche perché, all'aperto, le infezioni sono rare; e nonostante i giovani, i veri destinatari della misura, s'assembrino lo stesso di pomeriggio. Quanto al resto della popolazione, vale un adagio de La grande bellezza: di lunedì sera, non si manifestano nemmeno gli spacciatori di popper.
È scattato, allora, il soccorso rosso di Massimo Galli e Andrea Crisanti. L'uno, convinto che il rischio sia stato «calcolato male» e che Draghi, sul Covid, non ne abbia «azzeccata una». L'altro, che ha definito la roadmap «una stupidaggine epocale», si è lamentato degli «interessi politici di breve termine» (un anno con i lockdown è ancora poco) e ha brandito lo spauracchio delle varianti: sono «sotto controllo», ma «ne possono arrivare di nuove». Già: io vado in giro tranquillo, ma potrebbe sempre cascarmi un vaso in testa. Giovanni Rezza, capo della Prevenzione al ministero della Salute, ha fatto il controcanto al premier, il quale garantiva che «la probabilità di tornare indietro è molto bassa»: «Abbiamo un sistema di allerta precoce, che consente di attuare misure restrittive prima» che l'epidemia riparta. Torna la sfilata dei «forza Covid»? Anche Pierpaolo Sileri, sulla Stampa, ha insistito: solo «portare l'Rt molto sotto lo 0,8 permetterà di alleggerire alcune misure e allungare il coprifuoco fino a toglierlo del tutto». Ma quant'è «molto»? Quanto durerebbe la «gradualità», pretesa pure dai dem? La certezza, per adesso, è una sola. Ovvero, che il blocco della circolazione serale sia il terreno sul quale consumare la vendetta politica della sinistra contro Matteo Salvini, che ha incassato un primo storico successo sulla linea Speranza. Le vittime della guerra sono i nuovi «kulaki»: esercenti, partite Iva, ambulanti, ristoratori. Quelli che, come ha detto Nicola Zingaretti con un lapsus rivelatore, campano di «lavoretti».
Questo, in effetti, è stato dall'inizio il disegno di Pd e Leu: scaricare sulle categorie «nemiche», sospette di sistematica evasione fiscale, colpevoli dei successi elettorali dei sovranisti, il costo delle restrizioni. E indirizzare su di loro le pulsioni da «colonna infame» dei cittadini spaventati, attribuendo alle attività la colpa dei contagi.
Sul fronte opposto, indispettito dal rinvio a giudizio, Salvini ha provato a rilanciare, sul Corriere della Sera: «Chiedo di estendere le riaperture dei locali anche al chiuso e l'eliminazione del coprifuoco alle 22. Entro la metà di maggio». E non è un capriccio. Perché dalla prima tornata di allentamenti sono esclusi i ristoranti che non hanno possibilità d'installare i dehor. E il via libera alle cene all'aperto non ha molto senso, a certe condizioni: bisognerebbe accomodarsi al tavolo in orari da pensionati della Bassa Padana. Tanto che s'era ipotizzata una proroga a mezzanotte, esclusa invece da Draghi. Sul quale piovono gli strali di Giorgia Meloni: «Basta coprifuoco. Il suo accanimento è anche peggio di quello di Conte».
Ciò che più sconcerta, però, è la posizione di Forza Italia. Pur rivendicando la discontinuità rispetto ai giallorossi, il ministro delle Autonomie, Mariastella Gelmini, ha chiosato sul Corsera: «Per ora il coprifuoco alle 22 è giusto». Con un'altra nota stonata, che il centrodestra potrebbe risparmiarsi di suonare: l'insistenza sulla formula del «non è un liberi tutti». Come se, anziché meritarsi un elogio per la sopportazione dei divieti, gli italiani, per godere appieno dei diritti costituzionali, avessero bisogno di generose concessioni da chi li governa.
Una sponda, Salvini potrebbe trovarla in Matteo Renzi. L'ex premier aveva proposto lo stop al lockdown notturno già l'8 aprile. Sabato, il suo partito aveva invocato la riapertura da maggio di piscine e palestre al chiuso. E a Italia viva, il leader leghista ha chiesto l'appoggio per una commissione d'inchiesta sulla pandemia, che è l'alternativa targata Carroccio alla mozione di sfiducia contro Speranza, lanciata dalla Meloni. Sulla quale il senatore leghista è perplesso: tali iniziative «rafforzano chi le subisce».
Intanto, un'altra sacrosanta battaglia sarebbe quella, promossa dalla Verità, per vincolare l'esecutivo a una seria discussione parlamentare. Sulle riaperture, si proceda per decreto legge, impegnandosi tuttavia a una conversione in Aula immediata. Dilungarsi fino al termine dei canonici 60 giorni significherebbe permettere all'assemblea d'intervenire soltanto a carte già date.
Tra sette giorni, in ogni caso, tornerà la didattica in presenza nelle zone gialle e arancioni; riapriranno bar e ristoranti all'aperto, anche a cena, nelle aree a minor rischio; sarà possibile spostarsi tra Regioni gialle, mentre è allo studio un pass riservato agli immuni per autorizzare i movimenti tra territori di colore diverso; riapriranno musei, cinema e teatri con capienze limitate. Dal 15 maggio, toccherà a piscine e palestre all'aperto. Dal primo giugno, ai ristoranti al chiuso, a pranzo. E dal primo luglio rivedremo fiere, congressi, terme e parchi a tema. Non è il massimo, ma è meglio che vivere a Berlino Est insieme a Speranza.