2019-11-26
Grillo porta in dote alla Cina i nostri ortaggi
Il garante M5s ha omaggiato con del pesto l'ambasciatore cinese. Una metafora di quello che potrebbe succedere se andasse in porto il piano di Pechino: travasare il nostro know how agroalimentare nelle sue «colonie» in Africa. Il 5G non è l'unico rischio che corriamo.Bisognerà che qualcuno spieghi all'ambasciata cinese a Roma che sarebbe stato meglio non fare le foto con Beppe Grillo. Il termine inglese «fit» indica qualcosa che non è consono, e nemmeno opportuno. Ecco: Grillo lì in piedi, a fianco del numero uno della delegazione in Italia, Li Junhua, sembra più un danno d'immagine che uno spot pubblicitario. Se volessimo, infatti, girare la frittata e immaginare un messaggio di marketing da parte dei cinesi per farsi belli agli occhi degli elettori italiani, sconsiglieremmo Pechino di reinvitare il fondatore del Movimento 5 stelle. La sua presenza è mortifera per la politica, ed è un gesto che si pone al di fuori dell'arco democratico e parlamentare. Una cosa che di solito gli italiani tendono a non apprezzare. Anche quelli che continuano a ridere alle battute dell'ex comico o a seguirne le dirette online. Tutti, soprattutto, si chiedono che mai si saranno detti di così strategico. Avranno parlato di 5G o di evoluzione della Via della Seta?Su questo punto vale la pena riportare la battuta di Grillo dopo le polemiche scatenate dalla foto. «Gli ho portato il pesto», ha detto il guru dei 5 stelle, lasciandosi forse scappare un lapsus freudiano. Il pesto è, infatti, uno dei simboli dell'agroalimentare italiano e della peculiarità del cibo tricolore. Un settore sul quale ancora oggi incombe un progetto che è stato presentato mesi fa dall'ex sottosegretario Michele Geraci: portare il made in Italy in Africa con i soldi della Cina. Il «leghista anomalo» in una lunga intervista all'Agi aveva parlato del ruolo congiunto di Pechino e Roma in Africa. Il tema era a largo spettro, e collegato ai flussi migratori. «ll problema è come stabilizzare la situazione sociale ed economica dell'Africa. Per farlo, la Cina può venirci in aiuto. Pechino ha investito in Africa oltre 300 miliardi. Numeri, fatti, senza ideologia. Il tasso di povertà in Cina ha cominciato a decrescere a partire dalla metà degli anni Novanta (dal 60% al 40%) in coincidenza con l'aumento degli investimenti cinesi in Africa», commentava Geraci. «Le infrastrutture nel continente africano migliorano, il Pil sale. La Cina sta portando in Africa il proprio modello di sviluppo basato su infrastrutture e urbanizzazione. Pechino non è Babbo Natale, non fa beneficenza. Va in Africa perché ha interessi commerciali, investe in risorse naturali ed energia. Gli interessi cinesi coincidono con la spinta positiva allo sviluppo sociale ed economico del continente africano».A tal proposito l'economista scopriva l'acqua calda del rapporto Pil/migrazione. «Alla base della riduzione dei flussi migratori c'è l'economia. La prima cosa da fare è aumentare il benessere economico e sociale dell'Africa, a partire dalle industrie che impiegano capitale umano; agricoltura, infrastrutture, estrazione di risorse naturali. Ci vogliono persone per fare le ferrovie, i porti; costruttori, architetti, ingegneri. Dove cresce l'economia, la gente non lascia la propria terra». E per concludere arrivava al sodo: «L'Italia ha varie cose di cui l'Africa ha bisogno, tra cui agricoltura, sicurezza alimentare, dove siamo all'avanguardia».Basta sostituire il termine «Africa» con «Cina» e si capisce cosa volesse dire Geraci e a quale progetto facesse riferimento. Pechino sta studiando da tempo l'alternativa al semplice progetto infrastrutturale della Via della Seta. Sa che in Italia può puntare a due settori: il primo è il 5G, il secondo sono i porti. Per quanto riguarda le telecomunicazioni abbiamo scritto di tutto e di più, comprese le novità sui decreti relativi alla cyber security.Un tema che tocca da vicino pure gli interessi della Casaleggio & associati. Huawei è da tempo vicina all'azienda che muove il Movimento e compare in numerosi report firmati Casaleggio. L'ultimo, sulle smart company, è finito su tutti i giornali come esempio palese di conflitto d'interessi. Senza riuscire però a mettere in imbarazzo il premier Giuseppe Conte.Sul secondo settore (porti), la situazione è più semplice da un punto di vista politico, ma più complessa da quello strategico. Purtroppo l'Italia sta perdendo importanza nello schema della logistica europea. I nostri scali sono sempre meno importanti e trafficati. Soprattutto, le autorità portuali si muovono in modo frammentato, e la Cina non vede sufficienti economie di scala. Meglio per la Cina approcciare la Germania o altri Paesi europei. Nei prossimi dieci anni Pechino si porrà una domanda di fondo: quale potrebbe essere il valore aggiunto del nostro Paese nella strategia di crescita del Dragone? E qui si finisce con il tornare alle dichiarazioni di Geraci. La Cina punta a chiudere accordi con l'Italia per renderci suo Paese satellite in Africa. Nel continente nero Pechino ha enormi masse finanziarie già disponibili, e importanti distese di terra. Gli mancano la tecnologia e la conoscenza della filiera agroalimentare. Spostare la nostra esperienza a Sud con società miste permetterebbe al Dragone di diventare il numero uno al mondo nella produzione alimentare. Una volta succhiato il know how, al made in Italy resterebbe ben poco. Motivo per cui le associazioni di categoria aveva accolto le dichiarazioni dell'ex sottosegretario come uno schiaffo dal quale ripararsi. Per questo, occhio a guardare solo a Grillo. Tutti parlano della sua presenza, e non delle strategie che stanno dietro a chi lo ha spinto al pellegrinaggio. Il vasetto di pesto portato in regalo può allontanarci dalla Nato e dagli Usa tanto quanto i miliardi promessi sul 5G.
Carlo III e Donald Trump a Londra (Ansa)
Tyler Robinson dal carcere dello Utah (Ansa)