2021-09-30
Greta e le altre
True
Greta Thunberg e Vanessa Nakate (Ansa)
Da qualche settimana il martellamento mediatico per spingere l'attivista svedese è ricominciato. Ecco allora spuntare dal nulla Vanessa Nakate, giovane testimonial ugandese, che al Youth4Climate di Milano ha parlato sul palco con la Thunberg.Morta una Greta, se ne fa un'altra. Intendiamoci: l'attivista svedese sta benissimo e le auguriamo di campare 100 anni, anche se le sue apocalittiche previsioni sullo stato di salute del pianeta non sembrerebbero dare tanto margine a nessuno di noi. È semmai la sua icona che rischia di finire presto nel dimenticatoio. L'emergenza pandemica ha per un bel po' di tempo offuscato l'immagine della giovane ecoattivista, tanto più che il Covid, sensibile alle alte temperature, ha portato mezzo mondo a fare il tifo per il riscaldamento globale: prima viene la bella stagione, prima si esce dal lockdown. Da qualche settimana il martellamento mediatico per spingere Greta è ricominciato, ma la narrazione appare claudicante, forzata, imposta dall'alto. Ecco allora spuntare dal nulla Vanessa Nakate, giovane testimonial ugandese che al Youth4Climate di Milano ha parlato sul palco con la svedesina incacchiata. Vanessa ha 24 anni ed è diventata famosa iniziando a protestare davanti al parlamento ugandese nel 2019. La giovane ha peraltro un grosso vantaggio rispetto alla collega scandinava: la pigmentazione. E vuoi mettere la possibilità di collegare riscaldamento climatico e «migrazioni climatiche», per intersecare le due grandi battaglie progressiste del momento? Il meccanismo, comunque, non è affatto nuovo. Anzi, fa parte di un copione rodato. Nel 1992, per esempio, la canadese Severn Cullis-Suzuki, aderente all'Enviromental children's organization, «commosse il mondo» parlando al Summit della Terra a Rio de Janeiro con toni perfettamente identici a quelli usati da Greta: «Voi adulti dove cambiare il vostro modo di agire. Nel venire qua, non ho secondi fini. La mia lotta è per il futuro: perdere il futuro non è come perdere le elezioni o qualche punto nei mercati azionari». Più recentemente, nel giugno del 2015, l'Assemblea generale dell'Onu si dovette sciroppare il cazziatone del quindicenne attivista Xiuhtezcatl Martinez, già premiato per il suo attivismo da Barack Obama. In quell'anno anche la diciottenne filippina Marinel Ubaldo teneva banco alla conferenza sui cambiamenti climatici dell'Onu Cop21 di Parigi dopo aver perso tutto a causa del tifone Haiyan. Il grido di dolore di un adolescente è ormai praticamente una tappa fissa in qualsiasi summit internazionale che si rispetti.Ma i baby testimonial non vengono usati solo per sensibilizzare le platee sul tema della questione climatica. Resta per esempio agli annali delle più grandi truffe politiche di tutti i tempi l'accorato discorso che il 10 ottobre 1991 la piccola Nayirah Al Sabah tenne al Congresso americano. Presentata come profuga del Kuwait, la ragazzina raccontò le atrocità commesse dagli iracheni in Kuwait. Il mondo rimase sconvolto di fronte all'immagine dei soldati di Saddam Hussein che prelevavano i bambini dalle incubatrici e gettavano i neonati in terra. Una scena raccapricciante, che avrebbe convinto anche il più impenitente pacifista della bontà dell'intervento contro l'Iraq. Peccato che fosse tutto falso. La piccola Nayirah era in realtà Saud Nasir, la figlia dell'ambasciatore del Kuwait negli Usa e la messinscena era stata organizzata dalla società di pubbliche relazioni Hill & Knowlton, con cui il governo kuwaitiano in esilio in Arabia Saudita aveva stipulato un contratto. Molto più recentemente, quando nel mirino dell'opinione pubblica occidentale è finita la Siria di Assad, a commuovere il Web è arrivata Bana Alabed, una bambina di soli 7 anni di Aleppo Est, dal cui profilo Twitter sono partiti accorati appelli per aiutare la popolazione civile siriana sotto i bombardamenti. Twittando in perfetto inglese, Bana ha fatto piangere gli internauti con tweet come questo: «Questo potrebbe essere l'ultimo giorno in cui possiamo parlare liberamente. Non c'è internet. Per favore, per favore, per favore pregate per noi». E ancora, poco dopo: «Ultimo messaggio - sotto pesanti bombardamenti, non possiamo più restare vivi. Quando moriremo continuare a parlare delle 200.000 persone che sono ancora qui. Ciao». Ora, anche se è vero che in guerra si matura più in fretta, basta un minimo di buon senso per capire quanto sia improbabile che questo tipo di appelli arrivino da una bimba di 7 anni. Non c'era il problema dell'età, invece, per un'altra ragazza siriana, Amina Arraf, la dissidente lesbica autrice del blog «A gay girl in Damascus». Ce n'era però un altro: Amina non era mai esistita. Il suo blog era gestito da due coniugi americani, Tom MacMaster e Britta Froelicher, che Damasco non l'avevano vista neanche col binocolo. «Non penso di aver fatto del male a nessuno», si giustificò MacMaster dopo essere stato scoperto, «penso di aver creato una voce importante su questioni in cui credo fermamente». Ecco il punto: basta crederci fermamente e allora tutto diventa lecito.
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)