2020-01-10
Gregoretti, Pd e M5s scappano da Salvini
La maggioranza chiede di rinviare il voto in giunta a dopo le regionali. Pur di non dare visibilità al leghista, i giallorossi usano i migranti come arma elettorale. Era già successo a ottobre con la Alan Kurdi: lasciata al largo fino alla chiusura delle urne umbre.Chi specula su sbarchi e immigrati? Chi soffia sul fuoco dell'immigrazione? I giallorossi, da mesi, svillaneggiano: Matteo Salvini, ovvio. Prima ha mietuto larghi e dozzinali consensi grazie alla linea dura sui porti chiusi. E adesso non smette di attaccare il governo per la sua politica ondivaga e lassista. La maggioranza si appresta però a un fulgido ribaltamento di prospettiva, usando il controverso tema a suo uso e consumo. Così cerca disperatamente di far slittare a data da destinarsi il voto sul processo all'ex ministro dell'Interno per il «sequestro» della nave Gregoretti. Ieri la maggioranza, a partire dai 5 stelle, ha chiesto ufficialmente il rinvio. La scusa è che il Senato è «chiuso» per le elezioni regionali una settimana prima del voto. La seduta della giunta per le immunità di Palazzo Madama è stata aggiornata a lunedì. Salvini carica a testa bassa: «Hanno paura di perdere la faccia, sono senza onore e senza dignità».Già, perché i giallorossi una data ce l'hanno bene in mente: l'importante è che sia successiva alle elezioni regionali in Emilia Romagna, dovesi profila un testa a testa tra il dem Stefano Bonaccini e la leghista Lucia Borgonzoni. Tornata tribolata e decisiva per la cagionevole salute del Conte bis. A cui si aggiunge il voto in Calabria. E i nostri tutto vogliono, fuorché fornire al capo del Carroccio l'ennesima arma di distruzione elettorale: essersi immolato per la difesa dei confini. Con gli arcinemici che vogliono infliggergli l'ennesimo martirio giudiziario. No: meglio, molto meglio, procrastinare a quando le urne saranno ormai sigillate. Del resto, la strategia negli ultimi mesi si va affinando. Basti pensare all'Alan Kurdi, bloccata lo scorso ottobre per otto giorni. Un'imbarcazione su cui erano accalcate 170 persone. Eppure i porti non si spalancarono e i buoni tacquero. Per un motivo molto semplice. Anche allora incombevano, il 27 ottobre 2019, delicate elezioni regionali: quelle umbre. E pure quella volta i già ammaccatissimi giallorossi temevano la propaganda salviniana sulle frontiere colabrodo. Che fretta c'era? Meglio mandare al voto tutti senza distrazioni. E poi, deposte le schede, se ne sarebbe riparlato. Così, cinque giorni più tardi, il ministero dell'Interno comunicava di aver concluso la «procedura di ricollocazione dei migranti presenti sulla Alan Kurdi, attivata sulla base del preaccordo raggiunto nel corso del vertice di Malta». Già, il problema erano i delicati rapporti con i paesi europei per la ridistribuzione. Beato chi gli crede.A distanza di qualche mese, il copione si ripete. Il canovaccio è solo una variante sul tema. Il 26 gennaio 2019 si vota in Emilia-Romagna. E qualche giorno prima, il 20 corrente mese, è prevista la decisione su Salvini. Antefatto: la Gregoretti viene fermata a fine luglio 2019 dall'ex ministro dell'Interno. Rimane sei giorni nel porto di Augusta. A bordo ci sono 116 persone. Il leader della Lega viene indagato per sequestro di persona, aggravato dall'abuso di poteri. La procura di Catania chiede l'archiviazione. Gli atti vengono però mandati al Tribunale dei ministri del capoluogo etneo, che accusa Salvini e chiede al Senato l'autorizzazione a procedere. Si profilava dunque un furibondo processo politico per il leader della Lega. Ma i tempi, purtroppo, non sembrano compatibili con le esigenze elettorali dei giallorossi. La maggioranza, grillini in testa, cerca in ogni maniera di rinviare il voto. L'obiettivo non è nemmeno velato: far scattare la decisione a dopo le regionali. Anche perché il Senato non dovrà stabilire se l'ex ministro dell'Interno ha commesso un reato vietando lo sbarco dei 131 migranti. Deve invece valutare se «abbia agito per il perseguimento di un preminente interesse pubblico». Tanto che, da giorni, il capitano leghista, aizza il suo popolo: «Se mi chiamano a processo vi aspetto. Spero che trovino un tribunale abbastanza grande». In fondo ci sperava, l'ex ministro dell'Interno. Ieri, appresa l'esplicita melina, ha attaccato furibondo i giallorossi. L'ha spalleggiato la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni: rinvio da vigliacchi, la gente sta con Salvini. Ora sullo slittamento si pronuncerà anche la presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati. Maurizio Gasparri, che guida la giunta per le immunità, vuole confermare il voto del 20 gennaio. E il forzista, nella sua relazione, ha proposto di negare l'autorizzazione a procedere. Così come, del resto, era accaduto sulla Diciotti. Gasparri ha chiamato in causa il premier: «È configurabile un coinvolgimento di quest'ultimo, comprovato dall'assenza di qualsivoglia presa di posizione contraria sulla conduzione del caso Gregoretti».Elementare, Watson. Lo stesso Salvini, nella memoria difensiva, ha ricostruito «l'attività di tutta la compagine governativa nella gestione dell'evento». Eppure ieri il premier, in una sterminata intervista al Foglio, s'è lanciato in temerarie accuse: «Un responsabile di governo è ancora più soggetto alle leggi, rispetto a un normale cittadino». Già, le paventate leggi adesso però possono attendere. Causa incerte regionali. Basta usare sbarchi e migranti come una clave politica. Pardon, elettorale.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».