2021-08-08
Il pass condanna i ristoranti senza un dehor
L'allarme di Filiera Italia: calo del 25% negli accessi ai locali al chiuso. Gli esercizi restano vuoti, ma i gestori son costretti a mandar via i clienti, soprattutto le famiglie con minori. Falle nell'applicazione per controllare i codici, gli esercenti chiedono lo scudo legale.Il paradosso è servito e né il ministro del Lavoro Andrea Orlando e della Salute Roberto speranza, né i capi dei sindacati e delle diverse associazioni dei datori di lavoro hanno avvertito il senso del ridicolo. Niente protocolli di sicurezza, ma un'idea brillante: salvacondotto vaccinale obbligatorio nelle mense aziendali dove i lavoratori mangiano se hanno il green pass e altri impiegati preparano il cibo senza passaporto vaccinale perché nei luoghi di lavoro l'obbligatorietà non c'è. È il paradosso di bar e ristoranti. Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe Confcommercio, è furioso: «Il governo ha deciso di uccidere l'ospitalità italiana. Dalle stime che abbiamo bar e ristoranti hanno perso in questi primi due giorni a livello nazionale il 50% degli incassi. Ho colleghi che hanno dovuto mandare via intere comitive di turisti stranieri. Avevamo chiesto una moratoria almeno fino a settembre, l'autocertificazione. Nulla: hanno deciso di farci scomparire. Io ho in questo momento più dipendenti che clienti perché non possono usare gli spazi al chiuso. E le famiglie con ragazzini non solo non vengono, ma ci vedono con ostilità. «Nei clienti è passata l'idea - spiega Cursano - che al chiuso non si può consumare». E arrivano le prime stime sugli ingressi al ristorante che mettono a confronto i dati del 6 agosto, dopo l'entrata in vigore del green pass, con quelli dello scorso venerdì. «Calo del 25% negli accessi ai ristoranti al chiuso, 1 italiano su 4 ha desistito e, come prevedibile, sono state soprattutto le famiglie con minorenni al seguito a rinunciare» spiega Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, «Ancora troppo bassi i tassi di vaccinazione per i giovani sotto i 18 anni, senza contare che 8 euro ogni 48 ore per i tamponi sono troppi». Ma i paradossi non sono finiti. Sono già disponibili versioni taroccate della app governativa «Verifica C-19». Basta modificare una stringa di codici e l'app dà per buono qualsiasi Qr code, anche quelli falsi che si continuano a vendere su internet a prezzi vantaggiosi. Attraverso la app tarocca però si possono rubare i dati personali perché nel Qr code il ministero li ha solo codificati e non cifrati. Un altro «buco» lo ha scoperto Niccolò Segato studente del Politecnico di Milano: dalle impostazioni di sistema è sufficiente modificare la data del dispositivo per cambiare il risultato della verifica. Ristoratori e baristi possono così trasformarsi in ignari complici di truffe e scippo di dati. Non a caso a Napoli i ristoratori che segnalano enormi disagi per l'applicazione dei controlli hanno già chiesto uno scudo legale contro le sanzioni. E se il presidente della Campania Vincenzo De Luca ha fatto un appello per un Ferragosto responsabile e vuole promuovere solo i ristoranti sicuri, gli osti del centro storico hanno deciso di boicottare i controlli e hanno lanciato una raccolta di firme arrivata già a quota 5.000 per chiedere l'abolizione del green pass. Il danno dall'introduzione del green pass per bar e ristoranti lo ha stimato la Coldiretti: almeno 11 milioni di clienti in meno, circa un terzo. Significano 40 milioni di mancato fatturato al giorno. Lo scorso anno il settore ha perso oltre 50 miliardi con punte del 70% nelle città d'arte. Come illustra il direttore della Fipe Confcommercio Roberto Calugi hanno chiuso 44.000 imprese e quest'anno sono già andati in fumo 20 miliardi di incassi con almeno 180.000 occupati in meno. Per il ministro della Salute Roberto Speranza restano però i luoghi dove di più s'annida il virus. Ma Speranza non fa i conti con i disagi che si sono avuti da Nord a Sud, isole comprese. Nessun cenno al caos che si è verificato alla Reggia di Caserta con file interminabili e intervento dei carabinieri. A Venezia i turisti stranieri hanno disertato il palazzo Ducale per l'impossibilità di entrarci e anche i caffè storici sono costretti a chiudere le sale di maggior fascino. In Val Nure, nel piacentino, i bar dicono «è un disastro», a San Martino di Castrozza il presidente degli albergatori Nicola Cemin è chiaro e conciso: «Così ci fanno chiudere, come facciamo a far cenare la gente all'aperto? I turisti stranieri sono spaesati. C'è solo della gran confusione». Sul litorale adriatico delle Marche i gestori lamentano cali del 90% delle presenze; Simone Iaule, albergatori di Civitanova Marche, riferisce di famiglie con figli adolescenti che hanno disdetto anche gli hotel per non dover sottoporre i ragazzi al vaccino. A Senigallia i ristoratori sono imbufaliti per la concorrenza dello street food. A Firenze, Emilia Latini dello storico ristorante (110 anni di attività) dice: «Noi abbiamo solo tavoli al chiuso e non lavoriamo, ma quello che si vede a Firenze sono i turisti che fanno la spesa al supermercato e poi cenano e pranzano nei giardini o sui lungarni». Un allarme pesante arriva dal vicepresidente del Mio (Federturismo) Salvatore Bongiovanni, ristoratore di Seregno: «Siamo allo scontro sociale, i clienti ci augurano di fallire, se facciamo sedere i non vaccinati ai tavoli all'esterno, gli altri clienti dicono che ci boicottano». E così se la catena Rodhouse (gruppo Cremonini) specializzata in carne fa del green pass un elemento di marketing lanciando lo slogan «Il ristorante per tutti, siamo pronti ad accoglierti nei nostri freschi dehor con tavolini all'aria aperta», Natascia ha esposto nel suo Naty's Cafè a Savignano sul Rubicone un cartello: «Fate i bravi, rispettate il green pass sennò pagate anche la mia di multa».
Nel riquadro il professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana (iStock)
Il 10 ottobre Palermo celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale con eventi artistici, scientifici e culturali per denunciare abbandono e stigma e promuovere inclusione e cura, su iniziativa della Fondazione Tommaso Dragotto.
Il 10 ottobre, Palermo non sfila: agisce. In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, la città lancerà per il secondo anno consecutivo un messaggio inequivocabile: basta con l’abbandono, basta con i tagli, basta con lo stigma. Agire, tutti insieme, con la forza dei fatti e non l’ipocrisia delle parole. Sul palco dell’evento – reale e simbolico – si alterneranno concerti di musica classica, teatro militante, spettacoli di attori provenienti dal mondo della salute mentale, insieme con tavoli scientifici di livello internazionale e momenti di riflessione pubblica.
Di nuovo «capitale della salute mentale» in un Paese che troppo spesso lascia soli i più fragili, a Palermo si costruirà un racconto, fatto di inclusione reale, solidarietà vera, e cultura della comunità come cura. Organizzato dalla Fondazione Tommaso Dragotto e realizzato da Big Mama Production, non sarà solo un evento, ma una denuncia trasformata in proposta concreta. E forse, anche una lezione per tutta l’Italia che alla voce sceglie il silenzio, tra parole come quelle del professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana che ha detto: «I trattamenti farmacologici e psicoterapici che abbiamo oggi a disposizione sono tra i più efficaci tra quelli disponibili in tutta la medicina. È vero che in molti casi si parla di trattamenti sintomatici e non curativi, ma molto spesso l’eliminazione del sintomo è di per sé stesso curativo. È bene - continua Fiorillo - diffondere il messaggio che oggi si può guarire dai disturbi mentali, anche dai più gravi, ma solo con un approccio globale che miri alla persona e non alla malattia».
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