True
2019-12-07
Il governo litiga sulle tasse e taglia su ospedali e strada
L'anno scorso, in una delle ultime sedute in aula a discutere di manovra, il parlamentare piddino, Emanuele Fiano, fu immortalato mentre lanciava in faccia all'allora vice ministro dell'Economia, Massimo Garavaglia, un fascicolo di emendamenti stampati. Poi ci fu la bagarre, le urla del Pd che invocavano la dittatura e il pericolo fascismo.
Era il 28 dicembre del 2018, quando il testo della leggi di bilancio tornò per la terza volta alla Camera. Non c'erano i tempi per affrontare i dettagli degli emendamenti. Anche il presidente della Repubblica intervenne. La Stampa lo definì «preoccupato». E aggiunse che il Colle non è mai insensibile di fronte a un Senato messo sotto le suole. In effetti il governo gialloblù l'anno scorso arrivò all'ultimo. D'altronde, il 12 dicembre fu costretto a recepire le modifiche dell'Ue e fare due passaggi al Senato e ben tre alla Camera. L'intervento dell'Europa costò tempo, e quei giorni persi furono usati dall'opposizione per fare una legittima - quanto inutile - protesta. Addirittura i capigruppo piddini annunciarono un ricorso alla Corte costituzionale. Facendo presente che i due governi precedenti avevano fatto arrivare il primo testo rispettivamente a Camera e Senato a ottobre. Per la precisione, nel 2016 il giorno fu il 17 e nel 2017 (dunque per la legge di bilancio 2018) il 30 di ottobre.
Quest'anno però il Pd è al governo con i 5 stelle e il primo approdo in Aula non è ancora avvenuto. Bene che vada, non accadrà prima di martedì, cioè il 10 dicembre. Dunque rispetto alla manovra dell'anno scorso ci sono già tre giorni di ritardo. Che non sono pochi, di fronte a un calendario molto difficile da gestire. Eppure Fiano non ha gridato al pericolo per la democrazia. Né si sono viste bozze di ricorso contro la Corte costituzionale. E dire che le tempistiche sono molto più strette rispetto a quelle dello scorso anno.
Oltre alle date pure e semplici, quest'anno non c'è accordo politico. Nel 2018, l'equilibrio tra le due parti (Lega e 5 stelle) era stato raggiunto faticosamente a novembre. Poi, tra il 7 e il 12 dicembre, sapendo delle richieste della Commissione, i gialloblù hanno dovuto mantenere lo stesso accordo di fondo basato sui due pilastri (quota 100 e reddito di cittadinanza) e limare gli importi. Di fatto, l'Ue aveva chiesto di portare il rapporto tra deficit e Pil dal 2,4% a poco più del 2: per l'esattezza il 2,04. Lima di qua, lima di là, Lega e 5 stelle hanno chiuso un testo arrivato al Senato con un maxi emendamento blindato in data 19 dicembre. Testo approvato il giorno 23.
Quest'anno i gialloblù sono infognati in una trattativa complicata e si sono infilati in un cul de sac. Oltre a litigare, Pd e grillini sono costretti a subire il livore politico di Matteo Renzi che tende a umiliare i colleghi di maggioranza e a prendere le distanze da ogni loro provvedimento. Anche da quelli che Italia viva ha proposto in camera caritatis. Così plastic tax, sugar tax e imposta sulle flotte aziendali si riducono nella sostanza. Per evitare di scontentare i rappresentanti dei singoli partiti, il ministro dell'economia, Roberto Gualtieri, sta svuotando una per una le norme. Ne resteranno delle bandiere inutili e false. Verrebbe da dire: meglio così, se non fosse che ogni limatura si tradurrà in una nuova tassa. Perché l'accordo con l'Ue sul deficit è stato fatto, e nessuno al governo lo metterà in discussione. Così si apre una sola strada in alternativa ai balzelli: quella dei tagli lineari. Il vertice di maggioranza è durato tutto il giorno ieri. Urla e interruzioni impreviste.
A fare la voce più grossa è stata la renziana Teresa Bellanova. Il suo obiettivo è poter prendere le distanze (salvo poi votarlo) dal testo finale, che è destinato ad arrivare blindato negli ultimi giorni di dicembre. Che cosa dirà il titolare della Salute, Roberto Speranza, quando i tagli ai ministeri saranno resi pubblici? Prenderà la distanze da sé stesso? No, molto probabilmente si unirà al coro di chi dirà che non c'è alternativa perché o si vota così o si finisce in esercizio provvisorio.
Come accaduto con la pagella Ue (i vertici della Commissione si sono limitati a schiaffetti sulle guance) c'è da immaginare che il Colle non farà filtrare irritazione per i ritardi né per la mancata discussione in Aula, emendamento per emendamento. Dovrà prevalere il senso dell'Europa per i nostri conti. Così una delle peggiori manovre dell'ultimo decennio arriverà in Aula già masticata e solo da ingoiare. Piena di tagli lineari, poche marchette e finti provvedimenti bandiera. Il motto dei giallorossi.
Tagliati investimenti per 1,2 miliardi per strade, ferrovie e ospedali
Investimenti in opere pubbliche in diminuzione. La manovra finanziaria 2020 ha infatti previsto una contrazione della spesa per gli investimenti in opere pubbliche pari a 1,2 miliardi di euro. A evidenziare il decremento è stato il documento Gli effetti della manovra di finanza pubblica sul livello degli investimenti per infrastrutture, pubblicato dal centro studi dell'Associazione nazionale costruttori edili (Ance).
Dall'analisi emerge come Il governo abbia approvato una manovra di 32,1 miliardi di euro per il 2020 a fronte dei quali sono state individuate coperture per 15,9 miliardi e un incremento del deficit pari a circa 16,3 miliardi di euro. L'intervento più importante riguarda la sterilizzazione della clausola di salvaguardia sull'Iva (22,7 miliardi) che arriva a coprire il 71% dell'intera manovra. Sul totale delle risorse messe in legge di bilancio solo il 6% (2,1 miliardi) è destinato alla spesa per investimenti in conto capitale. Tra questi si trovano: opere infrastrutturali, l'attivazione di un nuovo fondo per gli investimenti delle amministrazioni centrali e le risorse per il programma di investimenti dei Comuni. A questo si aggiunge il fatto che per coprire le misure previste si è ricorso oltre che all'incremento del deficit per 16,3 miliardi a presunte maggiori entrate per 11,9 miliardi e a una riduzione della spesa per 4 miliardi, di cui 2,4 che riguardano, tra l'altro, i definanziamenti e le riprogrammazioni alle Ferrovie dello Stato, all'Anas e del Fondo sviluppo e coesione e all'edilizia sanitaria.
Se ci si concentra sugli investimenti in opere pubbliche per l'anno prossimo, l'Anci evidenzia che ai maggiori investimenti, stimati in 420 milioni di euro, si contrappone l'effetto della sezione II del Ddl bilancio, relativa a rifinanziamenti, definanziamenti e riprogrammazione degli stanziamenti vigenti, che determina una contrazione degli investimenti pari a 1,2 miliardi di euro per il 2020 e per il 2021.
L'Ance sottolinea dunque come anche per l'anno prossimo si sta proseguendo sul trend, ormai consolidato negli ultimi anni, di sacrificare gli investimenti destinati allo sviluppo. Nel 2020 è infatti prevista una riduzione degli investimenti per 820 milioni di euro, rispetto a quanto era stato previsto per lo stesso anno dalle manovre finanziarie precedenti. Il trend in negativo continua però anche per il 2021 con una riduzione di 68 milioni di euro, per poi prevedere una risalita nel 2022 pari a 2.775 milioni di euro: fra tre anni però il quadro politico potrebbe essere cambiato, e il Conte bis essere già caduto da tempo.
L'Ance ha poi analizzato la situazione voce per voce, notando come nella sezione riguardante i rifinanziamenti, riprogrammazioni e definanziamenti ci siano ambiti particolarmente colpiti. Il Fondo sviluppo e coesione vede dunque un definanziamento per 532 milioni nel 2020, 77 milioni nel 2021 e 60 milioni nel 2022 in termini di competenza e cassa. Per l'edilizia sanitaria è stata prevista una riduzione per 400 milioni di euro nel 2020 e di 1.420 nel 2020 (in totale, 1,8 miliardi destinati a data da destinarsi). Ferrovie dello Stato vede una riduzione per 400 milioni di euro nel 2020, che dovrebbero essere recuperati (riprogrammati) nel 2021 e nel 2022. Stessa sorte per l'Anas che vede una riduzione di trasferimenti per 200 milioni nel 2020, riprogrammati poi nel biennio 2021-2022. Segno negativo anche per il trasporto rapido di massaam, con 50 milioni in meno per il 2020. E per il fondo piano casa c'è un definanziamenti pari a 3,5 milioni di euro. Segno positivo invece per gli eventi sismici del Centro Italia. Si parla infatti di rifinanziamenti, per il 2020, di 345 milioni, e per l'edilizia universitario che riceverà 60 milioni l'anno prossimo.
Colpisce la parte dedicata agli asili nido: 0 euro erano previsti e 0 ne arriveranno. Con buona pace delle promesse di Conte, che aveva fatto del sostegno alle scuole dell'infanzia uno dei punti cardine del programma del suo secondo governo.
«Una manovra ancora regressiva per gli investimenti che, analogamente a quanto accaduto lo scorso anno, sacrifica il contributo alla crescita economica derivante dagli investimenti in opere pubbliche rischiando di compromettere i primi e timidi segnali che si intravedono sugli investimenti locali», commenta l'Ance. Eppure, nell'ultimo mese, il premier Giuseppe Conte ha più volte ricordato quanto sia importante il tema delle opere pubbliche, soprattutto quando si parla di dissesto idrogeologico. «Sono stati stanziati 11 miliardi su base pluriennale, ora però dobbiamo spendere questi soldi quindi dobbiamo assolutamente accelerare con tutte le opere e i cantieri che ci consentano di contrastare il dissesto idrogeologico», aveva detto a novembre dopo la visita allo Fiat di Melfi.
Anche Paolo De Micheli, ministro delle Infrastrutture, aveva dichiarato: «Il punto vero non è spendere tutto e subito, ma essere consapevoli che ci sono opere che non sono partite». Il problema qui non è tanto spendere i soldi, ma averli, visto che il saldo per il 2020 vede una contrazione degli investimenti per le opere pubbliche 820 milioni.
Giorgia Pacione di Bello
Colpo di genio: sugar tax da ottobre. Al suo posto tagli lineari ai ministeri
Venticinque giorni di tempo per evitare l'esercizio provvisorio. Sempre più difficile immaginare e programmare un esame approfondito da parte di entrambi i rami del Parlamento: si fa così strada l'ipotesi, già circolata nei giorni scorsi, di lasciare ai soli senatori i margini per le modifiche. La Camera a quel punto ufficialmente si troverebbe a dover convalidare il pacchetto di misure. Nel vertice fiume a Palazzo Chigi, dove si è cercato per tutta la giornata di ieri di siglare un'intesa sulle tasse con Italia viva, si sarebbero affrontate anche questioni di calendario che non sono però mera burocrazia, perché richiamano gli equilibri fra le due Camere. Dubbi sull'opportunità di comprimere il dibattito parlamentare hanno accompagnato i ragionamenti della maggioranza, che di fronte all'ennesimo impasse, questa volta sull'ulteriore riduzione di sugar e plastic tax avrebbe preso atto dell'impossibilità di procedere diversamente. D'altro canto è ormai certo un nuovo rinvio dell'esame della legge di bilancio da parte dell'Aula: le votazioni sugli emendamenti in commissione Bilancio, primo step dell'iter, si avvieranno solo da martedì e il testo dovrebbe approdare in Assemblea solo mercoledì. Il via libera di Palazzo Madama, secondo i calcoli dei senatori, ci sarà entro venerdì 13. Troppo tardi per ipotizzare che i deputati possano a loro volta toccare nel merito la Manovra. E tutto ciò se non esploderanno nuovi scontri in seno alla maggioranza sul tema delle reali coperture. «Stiamo ancora discutendo e confrontando le stime», si leggeva ieri sulle agenzie che a loro volta citavano fonti di maggioranza interpellate sul vertice a Palazzo Chigi. L'intesa, spiegano, è quasi chiusa ma sono in corso verifiche tecniche e ancora non c'è il via libera finale: in questi minuti si stanno valutando le diverse ipotesi per la scelta definitiva». Nel dettaglio, la proposta di mediazione sarebbe quella di far partire entrambe le misure da luglio, quindi a metà del 2020 e abbassare la plastic tax da 0,50 a 0,40 euro al chilo. L'ipotesi alternativa sarebbe quella di abbassare la plastic tax da 0,50 a 0,40 euro al chilo senza rinviarla e far slittare la sugar tax al 2021. Terza ipotesi, quella più verosimile è che la plastic tax slitti a luglio e la sugar tax a ottobre. Iv avrebbe rilanciato, chiedendo uno slittamento di entrambe le imposte almeno a settembre. Il Pd è partito in quarta accusando il partito di Renzi di preferire le multinazionali delle bibite gasate. «Non vuole diminuire le tasse sul lavoro ma pensa solo a togliere la sugar tax, per favorire società per azioni che non hanno sede neanche in Italia. È solo grazie al Pd che sono stati salvati gli italiani dai 23 miliardi della Salvini Tax e che si mette in campo il taglio delle tasse ai lavoratori da oltre 3 miliardi». Subito dopo la Bellanova ha risposto su twitter. «Plastic tax e Sugar tax determineranno un disastro occupazionale. Ora al lavoro per trovare un accordo che dica no a microbalzelli e sì al lavoro», ha scritto da capo delegazione di Iv al governo.
A complicare le cose ci si è messo anche Luigi Di Maio che dai microfoni di Radio capital: «Vedremo che cosa cambierà. Siamo nati per evitare l'aumento dell'Iva e non intendo far cader eil governo». Un messaggio contradditorio. Perché da un lato vuole fare da collante e dall'altro spingerà al compromesso finale e quindi al taglio lineare delle tasse ai ministeri e alla spesa. Insomma, finirà che i 400 milioni di mancate coperture diventeranno più di 500 e alla fine dei giochi gli italiani scopriranno che forse sarebbe stato meglio aumentare un po' l'Iva. Un paradosso da ridere, se non ci fosse da piangere al termine di una giornata che si è conclusa con la visita di Giuseppe Conte al Quirinale. Fra pochi giorni il premier andrà in Europa a discutere di vari temi, tra cui la manovra. é andato ad aggiornare Sergio Mattarella dello stato di salute della maggioranza e del caos a cui vanno incontro.
Continua a leggere
Riduci
True
Il 7 dicembre 2018 il bilancio, malgrado la guerra con l'Ue, era in aula, ora no. E allora si urlava al fascismo per i margini stretti.Tagliati investimenti per 1,2 miliardi per strade, ferrovie e ospedali. I soldi stanziati per il 2020 sono stati riprogrammati per i prossimi anni, quando il Conte bis potrebbe essere caduto. Trovati appena 420 milioni: il conto finale fa -820. I nosocomi nel triennio vedono svanire 1,8 miliardi.Colpo di genio: sugar tax da ottobre. Al suo posto tagli lineari ai ministeri. Slitta anche l'imposta sulla plastica. Mancano 500 milioni e Giuseppe Conte sale al Colle. Lo speciale comprende tre articoli.L'anno scorso, in una delle ultime sedute in aula a discutere di manovra, il parlamentare piddino, Emanuele Fiano, fu immortalato mentre lanciava in faccia all'allora vice ministro dell'Economia, Massimo Garavaglia, un fascicolo di emendamenti stampati. Poi ci fu la bagarre, le urla del Pd che invocavano la dittatura e il pericolo fascismo. Era il 28 dicembre del 2018, quando il testo della leggi di bilancio tornò per la terza volta alla Camera. Non c'erano i tempi per affrontare i dettagli degli emendamenti. Anche il presidente della Repubblica intervenne. La Stampa lo definì «preoccupato». E aggiunse che il Colle non è mai insensibile di fronte a un Senato messo sotto le suole. In effetti il governo gialloblù l'anno scorso arrivò all'ultimo. D'altronde, il 12 dicembre fu costretto a recepire le modifiche dell'Ue e fare due passaggi al Senato e ben tre alla Camera. L'intervento dell'Europa costò tempo, e quei giorni persi furono usati dall'opposizione per fare una legittima - quanto inutile - protesta. Addirittura i capigruppo piddini annunciarono un ricorso alla Corte costituzionale. Facendo presente che i due governi precedenti avevano fatto arrivare il primo testo rispettivamente a Camera e Senato a ottobre. Per la precisione, nel 2016 il giorno fu il 17 e nel 2017 (dunque per la legge di bilancio 2018) il 30 di ottobre. Quest'anno però il Pd è al governo con i 5 stelle e il primo approdo in Aula non è ancora avvenuto. Bene che vada, non accadrà prima di martedì, cioè il 10 dicembre. Dunque rispetto alla manovra dell'anno scorso ci sono già tre giorni di ritardo. Che non sono pochi, di fronte a un calendario molto difficile da gestire. Eppure Fiano non ha gridato al pericolo per la democrazia. Né si sono viste bozze di ricorso contro la Corte costituzionale. E dire che le tempistiche sono molto più strette rispetto a quelle dello scorso anno. Oltre alle date pure e semplici, quest'anno non c'è accordo politico. Nel 2018, l'equilibrio tra le due parti (Lega e 5 stelle) era stato raggiunto faticosamente a novembre. Poi, tra il 7 e il 12 dicembre, sapendo delle richieste della Commissione, i gialloblù hanno dovuto mantenere lo stesso accordo di fondo basato sui due pilastri (quota 100 e reddito di cittadinanza) e limare gli importi. Di fatto, l'Ue aveva chiesto di portare il rapporto tra deficit e Pil dal 2,4% a poco più del 2: per l'esattezza il 2,04. Lima di qua, lima di là, Lega e 5 stelle hanno chiuso un testo arrivato al Senato con un maxi emendamento blindato in data 19 dicembre. Testo approvato il giorno 23. Quest'anno i gialloblù sono infognati in una trattativa complicata e si sono infilati in un cul de sac. Oltre a litigare, Pd e grillini sono costretti a subire il livore politico di Matteo Renzi che tende a umiliare i colleghi di maggioranza e a prendere le distanze da ogni loro provvedimento. Anche da quelli che Italia viva ha proposto in camera caritatis. Così plastic tax, sugar tax e imposta sulle flotte aziendali si riducono nella sostanza. Per evitare di scontentare i rappresentanti dei singoli partiti, il ministro dell'economia, Roberto Gualtieri, sta svuotando una per una le norme. Ne resteranno delle bandiere inutili e false. Verrebbe da dire: meglio così, se non fosse che ogni limatura si tradurrà in una nuova tassa. Perché l'accordo con l'Ue sul deficit è stato fatto, e nessuno al governo lo metterà in discussione. Così si apre una sola strada in alternativa ai balzelli: quella dei tagli lineari. Il vertice di maggioranza è durato tutto il giorno ieri. Urla e interruzioni impreviste. A fare la voce più grossa è stata la renziana Teresa Bellanova. Il suo obiettivo è poter prendere le distanze (salvo poi votarlo) dal testo finale, che è destinato ad arrivare blindato negli ultimi giorni di dicembre. Che cosa dirà il titolare della Salute, Roberto Speranza, quando i tagli ai ministeri saranno resi pubblici? Prenderà la distanze da sé stesso? No, molto probabilmente si unirà al coro di chi dirà che non c'è alternativa perché o si vota così o si finisce in esercizio provvisorio.Come accaduto con la pagella Ue (i vertici della Commissione si sono limitati a schiaffetti sulle guance) c'è da immaginare che il Colle non farà filtrare irritazione per i ritardi né per la mancata discussione in Aula, emendamento per emendamento. Dovrà prevalere il senso dell'Europa per i nostri conti. Così una delle peggiori manovre dell'ultimo decennio arriverà in Aula già masticata e solo da ingoiare. Piena di tagli lineari, poche marchette e finti provvedimenti bandiera. Il motto dei giallorossi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/grazie-alle-risse-tagli-tasse-e-ritardi-la-manovra-e-gia-fuori-tempo-2641538532.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="tagliati-investimenti-per-12-miliardi-per-strade-ferrovie-e-ospedali" data-post-id="2641538532" data-published-at="1765415580" data-use-pagination="False"> Tagliati investimenti per 1,2 miliardi per strade, ferrovie e ospedali Investimenti in opere pubbliche in diminuzione. La manovra finanziaria 2020 ha infatti previsto una contrazione della spesa per gli investimenti in opere pubbliche pari a 1,2 miliardi di euro. A evidenziare il decremento è stato il documento Gli effetti della manovra di finanza pubblica sul livello degli investimenti per infrastrutture, pubblicato dal centro studi dell'Associazione nazionale costruttori edili (Ance). Dall'analisi emerge come Il governo abbia approvato una manovra di 32,1 miliardi di euro per il 2020 a fronte dei quali sono state individuate coperture per 15,9 miliardi e un incremento del deficit pari a circa 16,3 miliardi di euro. L'intervento più importante riguarda la sterilizzazione della clausola di salvaguardia sull'Iva (22,7 miliardi) che arriva a coprire il 71% dell'intera manovra. Sul totale delle risorse messe in legge di bilancio solo il 6% (2,1 miliardi) è destinato alla spesa per investimenti in conto capitale. Tra questi si trovano: opere infrastrutturali, l'attivazione di un nuovo fondo per gli investimenti delle amministrazioni centrali e le risorse per il programma di investimenti dei Comuni. A questo si aggiunge il fatto che per coprire le misure previste si è ricorso oltre che all'incremento del deficit per 16,3 miliardi a presunte maggiori entrate per 11,9 miliardi e a una riduzione della spesa per 4 miliardi, di cui 2,4 che riguardano, tra l'altro, i definanziamenti e le riprogrammazioni alle Ferrovie dello Stato, all'Anas e del Fondo sviluppo e coesione e all'edilizia sanitaria. Se ci si concentra sugli investimenti in opere pubbliche per l'anno prossimo, l'Anci evidenzia che ai maggiori investimenti, stimati in 420 milioni di euro, si contrappone l'effetto della sezione II del Ddl bilancio, relativa a rifinanziamenti, definanziamenti e riprogrammazione degli stanziamenti vigenti, che determina una contrazione degli investimenti pari a 1,2 miliardi di euro per il 2020 e per il 2021. L'Ance sottolinea dunque come anche per l'anno prossimo si sta proseguendo sul trend, ormai consolidato negli ultimi anni, di sacrificare gli investimenti destinati allo sviluppo. Nel 2020 è infatti prevista una riduzione degli investimenti per 820 milioni di euro, rispetto a quanto era stato previsto per lo stesso anno dalle manovre finanziarie precedenti. Il trend in negativo continua però anche per il 2021 con una riduzione di 68 milioni di euro, per poi prevedere una risalita nel 2022 pari a 2.775 milioni di euro: fra tre anni però il quadro politico potrebbe essere cambiato, e il Conte bis essere già caduto da tempo. L'Ance ha poi analizzato la situazione voce per voce, notando come nella sezione riguardante i rifinanziamenti, riprogrammazioni e definanziamenti ci siano ambiti particolarmente colpiti. Il Fondo sviluppo e coesione vede dunque un definanziamento per 532 milioni nel 2020, 77 milioni nel 2021 e 60 milioni nel 2022 in termini di competenza e cassa. Per l'edilizia sanitaria è stata prevista una riduzione per 400 milioni di euro nel 2020 e di 1.420 nel 2020 (in totale, 1,8 miliardi destinati a data da destinarsi). Ferrovie dello Stato vede una riduzione per 400 milioni di euro nel 2020, che dovrebbero essere recuperati (riprogrammati) nel 2021 e nel 2022. Stessa sorte per l'Anas che vede una riduzione di trasferimenti per 200 milioni nel 2020, riprogrammati poi nel biennio 2021-2022. Segno negativo anche per il trasporto rapido di massaam, con 50 milioni in meno per il 2020. E per il fondo piano casa c'è un definanziamenti pari a 3,5 milioni di euro. Segno positivo invece per gli eventi sismici del Centro Italia. Si parla infatti di rifinanziamenti, per il 2020, di 345 milioni, e per l'edilizia universitario che riceverà 60 milioni l'anno prossimo. Colpisce la parte dedicata agli asili nido: 0 euro erano previsti e 0 ne arriveranno. Con buona pace delle promesse di Conte, che aveva fatto del sostegno alle scuole dell'infanzia uno dei punti cardine del programma del suo secondo governo. «Una manovra ancora regressiva per gli investimenti che, analogamente a quanto accaduto lo scorso anno, sacrifica il contributo alla crescita economica derivante dagli investimenti in opere pubbliche rischiando di compromettere i primi e timidi segnali che si intravedono sugli investimenti locali», commenta l'Ance. Eppure, nell'ultimo mese, il premier Giuseppe Conte ha più volte ricordato quanto sia importante il tema delle opere pubbliche, soprattutto quando si parla di dissesto idrogeologico. «Sono stati stanziati 11 miliardi su base pluriennale, ora però dobbiamo spendere questi soldi quindi dobbiamo assolutamente accelerare con tutte le opere e i cantieri che ci consentano di contrastare il dissesto idrogeologico», aveva detto a novembre dopo la visita allo Fiat di Melfi. Anche Paolo De Micheli, ministro delle Infrastrutture, aveva dichiarato: «Il punto vero non è spendere tutto e subito, ma essere consapevoli che ci sono opere che non sono partite». Il problema qui non è tanto spendere i soldi, ma averli, visto che il saldo per il 2020 vede una contrazione degli investimenti per le opere pubbliche 820 milioni. Giorgia Pacione di Bello <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/grazie-alle-risse-tagli-tasse-e-ritardi-la-manovra-e-gia-fuori-tempo-2641538532.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="colpo-di-genio-sugar-tax-da-ottobre-al-suo-posto-tagli-lineari-ai-ministeri" data-post-id="2641538532" data-published-at="1765415580" data-use-pagination="False"> Colpo di genio: sugar tax da ottobre. Al suo posto tagli lineari ai ministeri Venticinque giorni di tempo per evitare l'esercizio provvisorio. Sempre più difficile immaginare e programmare un esame approfondito da parte di entrambi i rami del Parlamento: si fa così strada l'ipotesi, già circolata nei giorni scorsi, di lasciare ai soli senatori i margini per le modifiche. La Camera a quel punto ufficialmente si troverebbe a dover convalidare il pacchetto di misure. Nel vertice fiume a Palazzo Chigi, dove si è cercato per tutta la giornata di ieri di siglare un'intesa sulle tasse con Italia viva, si sarebbero affrontate anche questioni di calendario che non sono però mera burocrazia, perché richiamano gli equilibri fra le due Camere. Dubbi sull'opportunità di comprimere il dibattito parlamentare hanno accompagnato i ragionamenti della maggioranza, che di fronte all'ennesimo impasse, questa volta sull'ulteriore riduzione di sugar e plastic tax avrebbe preso atto dell'impossibilità di procedere diversamente. D'altro canto è ormai certo un nuovo rinvio dell'esame della legge di bilancio da parte dell'Aula: le votazioni sugli emendamenti in commissione Bilancio, primo step dell'iter, si avvieranno solo da martedì e il testo dovrebbe approdare in Assemblea solo mercoledì. Il via libera di Palazzo Madama, secondo i calcoli dei senatori, ci sarà entro venerdì 13. Troppo tardi per ipotizzare che i deputati possano a loro volta toccare nel merito la Manovra. E tutto ciò se non esploderanno nuovi scontri in seno alla maggioranza sul tema delle reali coperture. «Stiamo ancora discutendo e confrontando le stime», si leggeva ieri sulle agenzie che a loro volta citavano fonti di maggioranza interpellate sul vertice a Palazzo Chigi. L'intesa, spiegano, è quasi chiusa ma sono in corso verifiche tecniche e ancora non c'è il via libera finale: in questi minuti si stanno valutando le diverse ipotesi per la scelta definitiva». Nel dettaglio, la proposta di mediazione sarebbe quella di far partire entrambe le misure da luglio, quindi a metà del 2020 e abbassare la plastic tax da 0,50 a 0,40 euro al chilo. L'ipotesi alternativa sarebbe quella di abbassare la plastic tax da 0,50 a 0,40 euro al chilo senza rinviarla e far slittare la sugar tax al 2021. Terza ipotesi, quella più verosimile è che la plastic tax slitti a luglio e la sugar tax a ottobre. Iv avrebbe rilanciato, chiedendo uno slittamento di entrambe le imposte almeno a settembre. Il Pd è partito in quarta accusando il partito di Renzi di preferire le multinazionali delle bibite gasate. «Non vuole diminuire le tasse sul lavoro ma pensa solo a togliere la sugar tax, per favorire società per azioni che non hanno sede neanche in Italia. È solo grazie al Pd che sono stati salvati gli italiani dai 23 miliardi della Salvini Tax e che si mette in campo il taglio delle tasse ai lavoratori da oltre 3 miliardi». Subito dopo la Bellanova ha risposto su twitter. «Plastic tax e Sugar tax determineranno un disastro occupazionale. Ora al lavoro per trovare un accordo che dica no a microbalzelli e sì al lavoro», ha scritto da capo delegazione di Iv al governo. A complicare le cose ci si è messo anche Luigi Di Maio che dai microfoni di Radio capital: «Vedremo che cosa cambierà. Siamo nati per evitare l'aumento dell'Iva e non intendo far cader eil governo». Un messaggio contradditorio. Perché da un lato vuole fare da collante e dall'altro spingerà al compromesso finale e quindi al taglio lineare delle tasse ai ministeri e alla spesa. Insomma, finirà che i 400 milioni di mancate coperture diventeranno più di 500 e alla fine dei giochi gli italiani scopriranno che forse sarebbe stato meglio aumentare un po' l'Iva. Un paradosso da ridere, se non ci fosse da piangere al termine di una giornata che si è conclusa con la visita di Giuseppe Conte al Quirinale. Fra pochi giorni il premier andrà in Europa a discutere di vari temi, tra cui la manovra. é andato ad aggiornare Sergio Mattarella dello stato di salute della maggioranza e del caos a cui vanno incontro.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Continua a leggere
Riduci
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
Continua a leggere
Riduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
Continua a leggere
Riduci