Il Clean industrial act prosegue sulla strada della transizione ecologica. Ma le misure alzano la tensione con gli Usa proprio mentre Bruxelles deve trattare sui dazi. Nel mirino soprattutto il Cbam sull’acciaio, che impone sanzioni sulle importazioni di CO2.
Il Clean industrial act prosegue sulla strada della transizione ecologica. Ma le misure alzano la tensione con gli Usa proprio mentre Bruxelles deve trattare sui dazi. Nel mirino soprattutto il Cbam sull’acciaio, che impone sanzioni sulle importazioni di CO2.Il Clean industrial deal della Commissione europea, che sarà presentato la settimana prossima a Bruxelles, conferma l’indirizzo scelto dall’Unione: spinta a energia rinnovabile, decarbonizzazione e industria delle tecnologie pulite. La bozza del provvedimento conferma che la Commissione intende puntare su questi elementi e perseguire l’obiettivo della decarbonizzazione delle attività industriali. Il tipo di sostegno previsto all’industria sarà variegato: si va dai sussidi ai finanziamenti agevolati, dalle semplificazioni burocratiche agli accordi internazionali, dalla tassazione ad accordi internazionali e provvedimenti di chiara impronta protezionista. Il documento in sé non conterrà ancora provvedimenti concreti, ma solo i titoli, accompagnati da una breve descrizione. Si tratta infatti di una comunicazione della Commissione, dunque è una sorta di programma di lavoro che tratteggia le linee d’azione dell’Unione per i prossimi due anni. L’elenco dei provvedimenti in cantiere, tra regolamenti, raccomandazioni, piani d’azione, proposte legislative, pacchetti, atti delegati e chi più ne ha più ne metta, è assai corposo. Ne abbiamo contati 33 ma è possibile che qualcosa sia sfuggito o che la versione finale della comunicazione riporti un elenco diverso. La bozza è ancora in discussione e potrebbe subire modifiche anche sostanziali prima della presentazione ufficiale, prevista per il 26 febbraio a opera del commissario spagnolo Teresa Ribera.La nuova bordata di regole europee per lo sviluppo dell’industria «pulita» è molto variegata anche nei contenuti. Intanto, si punta a prezzi più bassi per l’energia, con incentivi ai Power purchase agreement (Ppa) per le aziende. Si intende poi concedere finanziamenti agevolati per investimenti sulle reti, ammorbidire le regole sugli aiuti di Stato, prevedere condizioni fiscali agevolate (si parla di Iva «green»), snellire le procedure autorizzative, rivedere le regole sugli stoccaggi obbligatori di gas. Saranno imposti criteri obbligatori verdi negli appalti pubblici, etichettatura dei prodotti sul contenuto di CO2 (non obbligatoria ma con incentivi), nuovi sostegni all’idrogeno, spinta all’economia circolare, una disciplina per gli acquisti congiunti di materiali critici e relativo stoccaggio strategico. Vi saranno poi pacchetti di regole specifiche per l’industria dell’acciaio e dei metalli, per l’industria chimica, le biotecnologie e i trasporti.Mentre spunta un documento che riporta la posizione della Germania (Berlino chiede maggiori sussidi di Stato e semplificazioni), in tema di commercio internazionale la Commissione intende avviare negoziati per nuovi trattati di libero scambio. Inoltre, vi saranno misure di contrasto ai sussidi stranieri e antidumping. In questo capitolo ricade anche la revisione del Carbon border adjustment mechanism (Cbam), argomento spinoso per due motivi. Il primo è che si tratta di un onere che grava sulle aziende europee, sia in termini di burocrazia sia di costi. Il secondo è che il Cbam costituisce di fatto un dazio all’importazione, di cui gli Stati Uniti e altri Paesi si sono già lamentati. Il Cbam regola l’importazione di prodotti ad alta intensità di carbonio applicando un prezzo del carbonio su determinati beni che entrano nell’Ue. Al momento il meccanismo è in una fase preliminare ma entrerà pienamente in vigore dal prossimo gennaio. A partire dal 2026, alla fine di ogni anno, le aziende dovranno dichiarare le emissioni delle loro importazioni e consegnare il numero corrispondente di certificati Cbam, acquistati presso le autorità nazionali. Proprio in questo periodo di sperimentazione la Commissione si è accorta che un numero limitato di importatori (circa il 20%) pesa per il 99% della CO2 importata. Già nel provvedimento omnibus in arrivo potrebbe quindi esserci una esenzione dagli obblighi Cbam per circa l’80% delle aziende europee. Ma la tassa sulla CO2 importata resterà, suscitando così la reazione di molti Paesi, tra cui gli Stati Uniti.Sin dal suo apparire nel 2021 gli Usa si sono opposti in tutte le sedi a questo dazio mascherato. In un momento in cui Donald Trump ha già imposto tariffe del 25% su acciaio e alluminio e promette altri dazi reciproci, nonché ulteriori su automobili, farmaci e chip, la conferma del Cbam europeo rende la partita Usa-Ue complessa.Tra poco più di un mese, il 2 aprile, la Casa Bianca illustrerà il pacchetto di dazi che certamente vedrà l’Ue tra i bersagli principali. Scorrendo il Clean industrial deal appare improbabile che l’Ue voglia fare del Cbam uno strumento negoziale, cioè che voglia esentare gli Stati Uniti dall’applicazione di questa carbon tax in cambio del ritiro dei dazi Usa. Di fatto, anzi, i dazi di Trump sono una reazione anche a questo tipo di tassa. L’approccio dell’Unione alle politiche di Trump sta diventando sempre più di scontro e il Cbam sarà certamente uno dei temi più caldi sul tavolo della discussione con Washington.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Parla Gaetano Trivelli, uno dei leader del team Recap, il gruppo che dà la caccia ai trafficanti che cercano di fuggire dalla legge.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
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Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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