2023-06-24
Così il governo Usa ostacolò le indagini sul figlio evasore del presidente Biden
Le rivelazioni di due informatori dell’Agenzia delle entrate. Il dipartimento di Giustizia ha interferito nel lavoro del pm.Ebbene sì: pare proprio che il Dipartimento di giustizia americano abbia pesantemente interferito nell’indagine penale che la Procura federale del Delaware ha condotto su Hunter Biden dal 2018. A confermarlo sono stati due informatori dell’Agenzia delle entrate degli Usa (l’Irs), durante una recente deposizione davanti alla Camera dei rappresentanti: uno è Gary Shapley (un funzionario che aveva denunciato delle interferenze già a maggio durante un’intervista alla Cbs), l’altro soggetto è invece rimasto per il momento anonimo. Martedì, il figlio del presidente americano si è riconosciuto colpevole di due reati fiscali relativi al mancato pagamento dell’imposta federale sul reddito, raggiungendo inoltre un accordo in riferimento al possesso illecito di un’arma da fuoco. È noto che, agendo così, Hunter spera di evitare il carcere: un’eventualità su cui dovrà comunque pronunciarsi a breve un tribunale federale. Nel frattempo, Joe Biden si è detto «orgoglioso» di suo figlio, che è anche comparso l’altro ieri alla cena di Stato per il premier indiano Narendra Modi. Neanche a dirlo, negli scorsi giorni è partita una narrazione volta a minimizzare la condotta di Hunter. In fin dei conti, dice qualcuno, non avrebbe commesso reati gravi! Peccato che questa tesi non regga, soprattutto alla luce della deposizione dei due informatori dell’Irs. Innanzitutto il lavoro del procuratore federale del Delaware che indagava su Hunter, David Weiss, è stato ostacolato dal Dipartimento di giustizia. Il presidente della commissione per l’Impiego di fondi della Camera, il repubblicano Jason Smith, ha rivelato che, in base a quanto emerso dalla testimonianza, «Weiss ha cercato di sporgere denuncia nel District of Columbia intorno al marzo del 2022 e gli è stato negato» e che «Weiss ha cercato di sporgere denuncia nel Distretto centrale della California nell’autunno del 2022 e la richiesta è stata respinta nel gennaio 2023». Secondo Smith, Weiss avrebbe anche chiesto invano, nella primavera dell’anno scorso, di essere nominato procuratore speciale. Una serie di dinieghi che hanno creato seri problemi giurisdizionali al procuratore del Delaware nel suo tentativo di formulare accuse contro Hunter. Sembra che a mettere i bastoni tra le ruote a Weiss sia stato soprattutto Matthew Graves: il procuratore del District of Columbia, nominato da Biden nel 2021. Con questi ostacoli, non è stato possibile incriminare il figlio del presidente per reati fiscali risalenti al 2014 e al 2015 (quando costui era già nel board di Burisma).Smith ha anche affermato che, secondo la deposizione, si sono verificati «ritardi ingiustificati» nelle indagini, citando in particolare le lungaggini per ottenere l’autenticazione di un messaggio Whatsapp in cui Hunter Biden metteva sotto pressione un businessman cinese, sottolineando che suo padre era nella stanza con lui. «Sono seduto qui con mio padre e vorremmo capire perché l’impegno preso non è stato rispettato», scrisse nel luglio 2017 a Henry Zhao, direttore di Harvest Fund Management e, secondo il New York Post, funzionario del Pcc. Una circostanza, questa, che sembra sconfessare ulteriormente la tesi, secondo cui Biden non si sarebbe mai occupato dei controversi affari internazionali del figlio. Per di più, nella deposizione, si afferma che, a un certo punto, era diventato necessario perquisire la dependance della casa di Biden in Delaware, dove Hunter aveva soggiornato per un po’ di tempo. La stessa viceprocuratrice, Lesley Wolf, ammise, a settembre 2020, che probabilmente in quella struttura ci fossero delle prove. Tuttavia tirò in ballo questioni di «immagine pubblica», sostenendo inoltre che non sarebbero mai riusciti a ottenere un mandato di perquisizione. La stessa Wolf, secondo i testimoni, avrebbe cercato di portare su un binario morto le indagini relative ai rapporti tra Hunter e l’allora colosso cinese Cefc (che intratteneva legami con l’Esercito popolare di liberazione). Ma non è finita qui. Stando alla deposizione, nel dicembre 2020, gli avvocati di Hunter furono addirittura avvisati prima di una perquisizione di un’unità di stoccaggio in Virginia, in cui erano presenti file dello stesso Hunter. Inoltre, l’Fbi stabilì l’autenticità del famigerato laptop del figlio del presidente già nel novembre 2019, ma agli investigatori fu in gran parte impedito di analizzarne i contenuti. Come se non bastasse, dalla deposizione è emerso che agli agenti dell’Irs non è mai stato consegnato il documento, attualmente in mano al Bureau, che accusa i Biden di corruzione in riferimento a Burisma. Infine, ma non meno importante, l’Irs aveva chiesto che Hunter fosse incriminato con ben 11 capi d’imputazione per reati fiscali più gravi di quelli di cui si è dichiarato colpevole: una linea che, secondo la Cnn, si sarebbe tuttavia scontrata con alcuni alti funzionari del Dipartimento di giustizia. E pensare che, in audizione al Senato a marzo, il procuratore generale, Merrick Garland, aveva garantito che non ci sarebbero state interferenze nell’inchiesta sul figlio di Biden!Ricordiamo sempre che il procuratore speciale, Jack Smith, ha impiegato appena sette mesi per incriminare Donald Trump sulla questione dei documenti classificati. E che gli ha mosso contro ben 37 capi d’imputazione. L’indagine penale su Hunter invece si è trascinata per cinque anni, concludendosi in modo tutt’altro che severo. Forse, quando accusa il Dipartimento di giustizia di doppiopesismo, Trump non ha esattamente tutti i torti.
Crollano le forniture di rame, mercato in deficit. Trump annuncia: l’India non comprerà più petrolio russo. Bruxelles mette i dazi sull’acciaio, Bruegel frena. Cina e India litigano per l’acqua del Tibet.
Elly Schlein (Imagoeconomica)