2021-01-24
Dal governo 2 miliardi alla mobilità verde. Ma Iveco ora rischia di andare ai cinesi
Gli Agnelli verso la vendita dei camion, necessari per lo sviluppo dell'idrogeno. Intanto i francesi guidano il rilancio dell'Alfa.«La diluizione non significa disimpegno: a volte è la condizione perché l'impresa possa svilupparsi», ha fatto sapere ieri John Elkann tramite un'intervista pubblicata su Le Figaro, a proposito della diluizione della quota in Fiat ora Stellantis. «In Exor», ha aggiunto, «non parliamo mai di investimenti, ma di imprese. Quello che è importante è l'impresa, non il nostro peso azionario. Noi ci assumiamo questa scelta di imprenditori». Ha poi proseguito elogiando non solo il nuovo capo azienda Carlos Tavares, ma anche il ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire e l'italiano Stefano Patuanelli. Il primo evidentemente per aver cogestito la partita della fusione con cui i francesi sono diventati primi azionisti del nuovo colosso, mentre il secondo per non aver fatto nulla. Il nostro governo, dopo qualche gorgheggio ai tempi delle trattative con Renault, ha taciuto fino all'altro giorno, quando per bocca di un viceministro ha avanzato l'idea di far entrare lo Stato. A cose fatte e a partita chiusa. Più un modo per accontentare i sindacati che mirano a sopravvivere che una reale strategia. Tutti a Roma sanno che l'operazione è chiusa, e che le strategie sono decise a Parigi. A chi accusa la famiglia Agnelli di essere più investitori finanziari che non industriali, il presidente di Stellantis, sempre tramite le colonne di Le Figaro ha voluto precisare che «semplicemente non è vero. Abbiamo investito in Fiat, nei prodotti e nelle fabbriche. Abbiamo creato tutta la filiera che ha permesso di lanciare la Fiat 500 elettrica. Abbiamo fatto di Jeep un successo mondiale. Abbiamo lanciato dei prodotti super performanti a marchio Alfa Romeo, come Giulia e Stelvio. In piena pandemia, abbiamo lanciato la prima Maserati il cui motore è derivato dalla nostra esperienza in Formula 1». E ancora, «siamo una famiglia di imprenditori, di cui rappresento la quinta generazione. Il nostro impegno è di costruire grandi imprese». John Elkann ha dimenticato di specificare che la Jeep è stata rilanciata da Sergio Marchionne, sepolto in tutta fretta, che la famiglia Agnelli, se va bene, ha preso dall'Italia almeno quanto ha dato e che da questa settimana a gestire in toto l'Alfa Romeo sarà il delfino di Tavares, Jean-Philippe Imparato. Un segnale chiaro. Parigi vuole rilanciare lo storico marchio Alfa, consapevole che sarà la punta per crescere verso Est, bilanciando la presenza in Occidente con le Jeep e la 500. Tutto il resto non servirà più. Esattamente quello che la famiglia Agnelli avrebbe potuto fare da sé. Ovviamente in questione non ci sono le scelte imprenditoriali di una stirpe celebre come quella piemontese. Ma un governo degno di tale nome si sarebbe dovuto porre la questione. Come, infatti, ha fatto la Francia. Invece, nulla. Certo, il premier Giuseppe Conte apprezzerà molto la linea editoriale dei giornali del gruppo, che guarda caso paiono come distratti quando si tratta di notizie che possono disturbare i giallorossi. Lungi da noi pensare a un nesso. Ma fino a oggi il governo, a sua volta, non ha mai disturbato gli Agnelli, tanto meno cercato di interferire nelle trattative di un'azienda che già da tempo aveva messo la sede in Olanda e la testa negli Usa. Vedremo cosa accadrà però con Iveco. La Faw di Changchun, in Cina, ha presentato un'offerta a Cnh per acquisire tutte le attività civili del marchio Iveco, quindi non solo i camion ma anche bus e componentistica per motori. Resta fuori tutta la parte militare. Prima di potersi muovere, la proprietà italiana dovrà rivolgersi a Palazzo Chigi per avere un parere nell'ambito della legge sul golden power. Palazzo Chigi dovrà valutare che nella cessione non passino tecnologie che sono contigue al settore militare, e poi che la vendita non finisca con il danneggiare le infrastrutture di crescita del Paese. La capacità di produrre veicoli da trasporto merci è parte integrante del pacchetto infrastrutture. Il responso dovrebbe essere semplice: un veto. Infatti, basta andare a sfogliare il Recovery plan per vedere che alle energie verdi vanno 8,7 miliardi di euro. Di questi all'idrogeno, tra fondi diretti e incentivi, più di 2 miliardi. L'utilizzo dei camion per la mobilità green è fondamentale. Vengono prima dei treni e di gran lunga prima degli aerei. Come potrebbe un governo investire tutti questi miliardi e acconsentire che il principale produttore di camion venda alla Cina? La domanda è retorica, ma viste le ultime mosse di questo esecutivo purtroppo non è scontata. La Regione Piemonte ha chiamato il progetto sulla mobilità green Piemonte Hydrogen Valley e come ovvio si dovrebbe basare su due partner d'eccellenza: Iveco e Fpt, l'altra società di Cnh attenzionata dai cinesi. Insomma, se c'è una società su cui mettere il golden power è proprio Iveco. E poco importa che in Italia resti qualche stabilimento produttivo con un minimo di occupazione. Ciò che conta, se vogliamo rimanere nel club del G7, è mantenere il possesso della tecnologia. Quando finirà la pandemia, vinceranno la guerra i Paesi che ripartiranno più velocemente. Non solo a vaccinare i cittadini, ma a soddisfare le richieste di un mercato che tornerà a consumare. E allora chi non avrà le chiavi degli stabilimenti si metterà in coda ad aspettare le forniture, con turni di attesa che decisi da qualcun altro.
Getty Images
Le manifestazioni guidate dalla Generazione Z contro corruzione e nepotismo hanno provocato almeno 23 morti e centinaia di feriti. In fiamme edifici istituzionali, ministri dimissionari e coprifuoco imposto dall’esercito mentre la crisi politica si aggrava.
La Procura di Torino indaga su un presunto sistema di frode fiscale basato su appalti fittizi e somministrazione irregolare di manodopera. Nove persone e dieci società coinvolte, beni sequestrati e amministrazione giudiziaria di una società con 500 dipendenti.