2022-10-24
Occhio a fare i pupilli di Ursula e Macron. L’Europa va cambiata
Emmanuel Macron e Ursula Von Der Leyen (Ansa)
Giusto rassicurare Usa, Ue e Parigi. Ma guai a ripetere le follie «green» o a tenere in piedi le politiche migratorie di Luciana Lamorgese.«Dove devo andare?». La domanda ingenua di Giorgia Meloni ai commessi nel salone dei Galeoni dopo la cerimonia della campanella ha un valore assoluto. Potrebbe essere freudiana e determina il destino del governo. Perché il cammino è già la meta e, come diceva Jorge Luis Borges, «felicità è il ciclista in fuga, non la premiazione sul traguardo». In questo caso il problema sta tutto in una parola: «Continuità». Quella che lei e qualcuno dei suoi ministri ripetono per rassicurare Washington, Bruxelles, le parti sociali. Ma che male si accompagna con i motivi forti per i quali gli italiani hanno votato con convinzione una maggioranza conservatrice. Conservatrice nei valori, non conservativa nei metodi.La forza delle parole è ben presente sul pianeta Meloni. Se non lo fosse non avrebbero senso merito, sovranità (alimentare), nazione, natalità che aleggiano in queste ore, mandano al macero il vocabolario progressista-declinista e creano speranze in chi crede nella rivoluzione del lessico come antipasto rispetto a quella delle riforme concrete. In questo contesto «continuità» stride, allarma anche se è del tutto normale usarla per non mandare in fibrillazione alleati e mercati, già stressati dall’«emergenza democratica» e dal «pericolo fascista» evocati dall’irresponsabile luna park della mosca cocchiera collettiva dem.Così è scontato rispondere con «collaboreremo per rafforzare la resilienza dell’Unione europea» (però, resilienza, c’era di meglio) a Ursula von der Leyen; è doveroso rassicurare Joe Biden con «combatteremo insieme per la libertà e la sicurezza»; è buona educazione dire alla presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, «faremo la nostra parte per un’Unione forte». È segno di concretezza istituzionale aver invitato a colloquio Emmanuel Macron, già a Roma per incontrare papa Francesco. Ed è strategicamente importante organizzare il primo viaggio a Bruxelles per porre le basi di un dialogo costruttivo, visto che da lì arrivano in prestito i soldi del Pnrr. La continuità delle frequentazioni e dei minuetti dentro il sistema occidentale è una precondizione per restarci, ma è fondamentale non dimenticarsi che il 25 settembre nell’urna gli italiani hanno chiesto «discontinuità» nelle scelte politiche anche rispetto all’Europa draghiana. E in assoluto rispetto ai riflessi condizionati socialisti, paternalisti, intrisi di un progressismo da Vispe Terese, di Bruxelles. In questo senso stupisce che alcune uscite ministeriali vadano da subito nel segno dell’appiattimento. Il primo ad avvertire l’urgenza di spalmarsi come carta da parati sui muri è il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Non è trascorsa neppure un’ora dal giuramento che afferma: «Il percorso che ci attende sarà nel solco di ciò che è stato fatto finora, soprattutto in termini di energia, da Mario Draghi e da Roberto Cingolani». Dichiarazione all’insegna del pragmatismo se si tratta di arrivare a mitigare l’impatto della guerra in Ucraina sulle bollette degli italiani; all’insegna dell’autolesionismo se significa l’inizio di una strategia energetica incapace di andare oltre la subalternità (anche draghiana) ai veti tedeschi. E per nulla interessata a sviluppare politiche alternative al ricatto della transizione green. In questo senso è più rassicurante Meloni quando sollecita von der Leyen «a un intervento rapido sull’energia per ridurre i costi per famiglie e imprese».Sbandierare la continuità non è un gran viatico perché continuità nel disastro significa disastro continuo. E chi ha indicato il centrodestra vuole esattamente l’opposto. Identica perplessità sulla gestione dell’immigrazione. Ieri il titolare del Viminale, il prefetto Matteo Piantedosi, scelto per invertire decisamente la marcia rispetto all’accoglienza diffusa cara a Luciana Lamorgese (e al Quirinale), ha dichiarato: «Per governare i flussi migratori serve un piano Ue anti sbarchi, un forte partenariato con l’Europa per incidere sull’immigrazione clandestina». Ma il governo è nato anche per mettere una croce sopra le ambiguità di Bruxelles su redistribuzione dei migranti (mai avvenuta) e rotazione dei porti (solo quelli italiani), prese in giro alle quali Lamorgese ha opposto silenzi complici mentre gli sbarchi si moltiplicavano per la felicità di tassisti del mare e Ong. Suonando la campanella nella cerimonia nel salone dei Galeoni, la neopremier ha chiesto più volte: «Si sente?». Si sente eccome, è uno scampanio che può svegliare l’Italia dall’assuefazione, dal pensiero unico, dal conformismo delle élite. E proprio dalla «continuità», che invece somiglia a un sonnifero.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)