
Nell’ufficio del magistrato sono rimasti due fascicoli scottanti. Quello sulla Squadra Fiore, che contiene anche intercettazioni nei confronti di agenti dei servizi. E quello su «Domani», nel quale per errore ha infilato la velina sul capo di gabinetto della Meloni.Mentre due ministri del governo (Carlo Nordio e Matteo Piantedosi) hanno cercato di spiegare in Parlamento come abbiano operato nella vicenda della scarcerazione del generale libico Osama Almasri, chi li ha iscritti sul registro degli indagati per favoreggiamento personale, omissione d’atti d’ufficio e peculato, ovvero il procuratore capo di Roma Franco Lo Voi, si trovava a 15 ore di volo di distanza, scalo compreso, per la precisione a Mauritius, nell’omonima Repubblica africana. La meravigliosa isola vulcanica si trova a 500 chilometri dalla costa del Madagascar, nell’Oceano Indiano. L’atmosfera, la musica, il cibo sono quasi caraibici. Dagli esperti di viaggio è considerata il posto perfetto per una vacanza invernale di sole e mare.Lo Voi, probabilmente sotto stress dopo aver messo sotto inchiesta mezzo governo sulla base della denuncia, più mediatica che di sostanza, dell’avvocato Luigi Li Gotti, ha fatto armi e bagagli ed è volato nella più importante delle isole Mascarene a smaltire le scorie delle polemiche suscitate dalla sua decisione di iscrivere quattro membri del governo sulla base della rassegna stampa raccolta da Li Gotti, ex sottosegretario alla Giustizia del gabinetto Prodi. Quindi, sole e mare per dimenticare. La consegna per la segretaria e per i più stretti collaboratori è quella del silenzio ma, a quanto risulta alla Verità, il magistrato resterà fuori sede ancora per alcuni giorni. Secondo i ben informati sarebbe partito sabato mattina da Fiumicino per raggiungere, via Parigi, l’aeroporto situato nel villaggio di Plaine Magnien, a una cinquantina di chilometri dalla capitale di Mauritius, Port Louis.il procuratore «LO VOLO» Lo Voi è soprannominato in Procura da qualche mattacchione «Lo Volo» per la vicenda degli aerei di Stato che il sottosegretario Alfredo Mantovano (indagato pure lui, tiè) gli ha impedito di usare a partire dall’anno scorso. E la sua passione per i viaggi (è stato per anni distaccato all’organismo internazionale di Eurjust ed è stato candidato dal governo giallo-rosso in uscita a procuratore generale della Corte penale internazionale) è confermata anche dalle numerose missioni che ha svolto da quando è a capo degli inquirenti della Capitale. Una delle ultime è stata quella ad Abu Dhabi, dove, a novembre, è volato (rigorosamente in business) nella penisola arabica con due colleghe (le coordinatrici della Direzione distrettuale antimafia e del settore della cooperazione giudiziaria internazionale) e due investigatori per riportare a casa il narcos albanese Dorian Petoku, arrestato a inizio agosto, considerato il braccio destro del defunto Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik.Partenza la domenica, ritorno il giovedì. In agenda diversi incontri e un summit importante per l’estradizione di Petoku. Soggiorno per tutti all’hotel Conrad, cinque stelle lusso ubicato nelle Etihad towers come pure l’ambasciata italiana che ha organizzato la trasferta. A distanza di tre mesi, però, la missione non ha dato i frutti sperati, perlomeno non nei tempi ipotizzati, e l’albanese è ancora negli Emirati arabi. OMISSIONE D’ATTI Prima di partire per Mauritius, per giorni Lo Voi è stato rinchiuso nella sua stanza a ragionare sui numerosi dossier scottanti che giacciono sulla sua scrivania. Innanzitutto ha studiato la denuncia di Li Gotti e ha modificato, rispetto a quanto ipotizzato dal legale, i capi d’accusa per il Guardasigilli Nordio. Ha escluso il peculato (il ministro non ha, infatti, avuto nessun ruolo nel rimpatrio con volo dei servizi segreti garantito ad Almasri) e ha, invece, contestato l’omissione di atti d’ufficio. Il motivo? La Procura generale di Roma ha «interessato» della vicenda dell’arresto Nordio e questi non avrebbe fatto «pervenire nessuna richiesta in merito».Sarà per la presenza ingombrante di quelle carte che l’ufficio a Lo Voi sembra troppo piccolo. Da tempo ha chiesto che venga ingrandito e, nel frattempo, ha cambiato le poltrone dell’anticamera, che da nere sono diventate bianche. Chi entra deve superare il filtro del citofono (guai a entrare senza suonare) e i pm raramente osano superare quella soglia. Lì dentro Lo Voi ha preso le decisioni che in questi giorni stanno facendo discutere e hanno aperto più fronti con il governo.Tra i fascicoli che pesano c’è quello che riguarda la cosiddetta Squadra Fiore, una specie di Spectre privata che si sarebbe avvalsa di banche dati riservatissime in uso ai servizi segreti. L’altro ieri i giornali hanno parlato di circa sei indagati, c’è anche chi ha fatto il nome di un paio di vicedirettori dei servizi che sarebbero più o meno ufficialmente collegati con questa squadretta di spioni illegali. Addirittura, è una delle ipotesi più o meno fantasiose, uno dei dirigenti sotto inchiesta potrebbe essere stato al vertice dell’organizzazione. Nelle indagini sarebbero state effettuate anche delicate intercettazioni ambientali e telefoniche nei confronti di diverse barbe finte su cui la presidenza del Consiglio dovrà decidere se opporre o meno il segreto di Stato. Scelte contro cui la Procura potrebbe sollevare un conflitto di attribuzione nei confronti del premier. Della Squadra Fiore ha parlato anche il sottosegretario Mantovano nella sua audizione al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) di martedì, dove ha escluso che c’entri qualcosa con essa il vicedirettore dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna (Aisi) Carlo De Donno. Più sfumata la posizione sull’altro ex vicedirettore, Giuseppe Del Deo.Alla Verità risulta che i carabinieri del Ros abbiano messo sotto osservazione l’ex finanziere Rosario B., classe 1974, agente dell’Aisi dal 2011 al 2015, il quale avrebbe avuto contatti diretti con la segreteria di Del Deo, ma non con quest’ultimo.LE ACCUSE A «DOMANI» Un altro capitolo delicato è quello che riguarda l’inchiesta per rivelazione di segreto su quattro giornalisti del quotidiano Domani. Ai cronisti vengono contestati, nell’avviso di chiusura delle indagini, tre articoli del febbraio 2024 sugli affari del capo di gabinetto della Meloni, Gaetano Caputi, ricostruzioni che conterrebbero informazioni sensibili che, secondo la Procura, non sarebbero state raccolte lecitamente. Le contestazioni riguardano alcuni precisi passaggi degli articoli incriminati. Per esempio quello su un finanziamento da 1,6 milioni di euro che Caputi e signora avrebbero «prestato» a una propria società e ottenuto «grazie a un mutuo bancario».Un’altra notizia considerata riservata è quella che riguarda il ruolo di manager nelle ditte di Caputi di un commercialista di Civitavecchia. Infine, sarebbe stata coperta da segreto la storia della gara da 180.000 euro indetta dal Consiglio nazionale del notariato e vinta da una società di famiglia di Caputi nello stesso periodo in cui il capo di gabinetto, già a Palazzo Chigi, firmava due consulenze proprio con il notariato.Nell’avviso di chiusura delle indagini, i pm non contestano reati alle fonti dei cronisti, evidentemente non individuate, ma sono sicuri che quelle notizie provengano da banche dati protette anche se i giornalisti sostengono che, invece, siano disponibili consultando database ufficiali come quelli della Camera di commercio o del Catasto.LO 007 RENZIANO Durante le investigazioni, gli inquirenti hanno scoperto che, nel 2023, tre agenti dell’Aisi hanno compulsato gli archivi, facendo interrogazioni sul conto Caputi. L’accesso più invasivo è stato quello da 57 minuti del 4 settembre 2023 (quindi precedente agli articoli) in cui la barba finta sarebbe andata alla ricerca di dichiarazioni fiscali telematiche e di eventuali atti di donazione, compravendita e successione. Il tutto nell’ambito di una grande indagine sui lobbisti che ruotano intorno ai palazzi della politica. Durante un’attività di intercettazioni preventive (quelle attivate dai servizi segreti con il visto della Procura generale di Roma) era emerso «un rumor secondo cui la moglie del dottor Caputi e quella» di un lobbista attenzionato «sarebbero state cugine».In quel momento l’uomo intercettato puntava a entrare in un affare legato a un rigassificatore e millantava di avere appoggi a Palazzo Chigi. Trattandosi di una questione sensibile, Del Deo avrebbe ordinato di verificare la parentela delle due donne, ma non avrebbe richiesto «per tale accertamento specifico nessuna interrogazione alle banche dati».La vicenda viene svelata, con tanto di generalità degli agenti coinvolti (la cui identità è coperta dal segreto di Stato), in una nota inviata dalla nostra intelligence alla Procura. Per superficialità dei magistrati, la velina è finita nel fascicolo messo a disposizione dei giornalisti indagati e questi hanno pubblicato il nome di uno degli 007, che chiameremo semplicemente S., su Domani. Il quotidiano ha ricostruito la carriera politica dell’uomo nelle file di Alleanza nazionale prima e del Pdl poi (con una breve parentesi in Fratelli d’Italia). La seconda vita di S., ex poliziotto ed investigatore privato, oltre che gestore di bodyguard, sarebbe iniziata grazie al rapporto con l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti (governo Renzi), con cui avrebbe iniziato una collaborazione lavorativa ai tempi di Palazzo Chigi (con tanto di trasferte pagate dalla Fondazione renziana Open).Nel 2019, attraverso l’allora vicedirettore dell’Aisi Valerio Blengini, renziano doc, sarebbe riuscito a coronare il sogno di entrare nei servizi segreti. Quando Blengini va in pensione, lo 007 di fiducia del Giglio magico inizia a collaborare direttamente con Del Deo, in quel momento caporeparto della divisione economica. S. prima è inquadrato come segretario, poi diventa funzionario ed entra in un ufficio riservato che si occupa del personale interno.Quando iniziano le indagini della Procura, gli agenti coinvolti negli accertamenti su Caputi sarebbero stati trasferiti. Per esempio Del Deo è stato «promosso» al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) e l’ex poliziotto, a quanto ci risulta, è tornato nella sua città, nel centro Aisi di Firenze. Il nuovo direttore dell’Aisi, Bruno Valensise, ha anche ordinato la drastica riduzione delle intercettazioni preventive da cui è partito il caso Caputi.
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