
Il dpcm del 1° maggio ha autorizzato la fusione tra l’azienda italiana e la turca Arcelik con una novità: fissati rigidi paletti per la salvaguardia dell’occupazione. No al trasferimento della tecnologia all’estero.Il consiglio dei ministri del primo maggio ha scandalizzato i sindacati. O meglio ha fatto uscire dai consueti binari Maurizio Landini, leader della Cgil, abituato a condividere la piazza al massimo con i soliti ospiti del concertone di San Giovanni. Non solo i segretari delle tre sigle per la prima volta sono dovuti entrare nel merito (lunedì è stato approvato il decreto lavoro con importanti novità in tema di cuneo fiscale, di nuovi contratti e di revisione del reddito di cittadinanza) del dibattito lavorativo, abbandonando i consueti slogan, ma hanno anche assistito all’esordio nell’uso del golden power preventivo a tutela dell’occupazione. Il governo ha, infatti, posto un veto sulla fusione fra la Whirlpool Emea e la società turca Arcelik, conosciuta per il marchio Beko, per la creazione di un polo europeo degli elettrodomestici. Il cdm, su proposta del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, ha deciso di avvalersi del golden power, una sorta di diritto di prelazione a cui l’esecutivo ricorre per le imprese ritenute strategiche. In questo caso, il potere è stato esercitato per tutelare il lavoro: coinvolti dalla fusione oltre 4.600 dipendenti dei 4 stabilimenti presenti in Lombardia, Marche e Toscana. Il decreto, infatti, autorizza l’operazione ponendo dei vincoli in termini di salvaguardia del patrimonio tecnologico e dei livelli occupazionali. Il testo del decreto si basa su tre pilastri. Oltre alle soglie di occupazione e alla garanzia di messa a terra degli investimenti necessari al rilancio del polo, il dpcm prevede espressamente il divieto di transfer tecnologico dall’Italia verso la Turchia o verso Paesi terzi. Per tutelare l’occupazione si vuole evitare, come spesso è accaduto in passato, soprattutto con le aziende cinesi, di assistere a periodi di transizione con soglie minime di investimenti destinati al galleggiamento dei conti economici che, in realtà, mascherano solo l’assorbimento delle nostre capacità tecnologiche e la trasfusione in stabilimenti esteri. Di fatto si sta assistendo a un cambio di paradigma. Per anni i governi hanno vincolato gli incentivi alla permanenza sul territorio italiano degli investitori esteri. Di fronte a palesi fallimenti negoziali, i predecessori di Urso hanno inserito il concetto di multe senza mai risolvere nulla di concreto. Il centrodestra sembra invece voler direzionare anche la strategia del manifatturiero italiano blindando la tecnologia proprietaria. Certo, è solo un primo passo. Il successivo dovrebbe sviluppare partnership con grandi fondi o grosse economie in grado di condividere strategie di lungo termine. Ciò che in gergo ora viene chiamato friendshoring. Si tratta della riorganizzazione della filiera produttiva lungo un asse geopolitico che abbia in comune interessi militari e civili. Il governo dovrà prendere a breve più di una decisione su questi temi strategici. Anche su settori molto più sensibili rispetto a Whirlpool.Basti prendere in considerazione i rumor, in parte alimentati dagli stessi vertici della tedesca Hensoldt, secondo cui ci sarebbe un possibile interesse ad acquisire la divisione di elettronica per la Difesa della nostrana Leonardo che in passato ha comprato il 25% della stessa Hensoldt. Al di là della fattibilità e dell’arma concreta del golden power, il settore è in totale fermento e chi non dispone di grandi capitali potrà per un po’ fermare l’emorragia tecnologica, ma poi dovrà per forza chiudere alleanze strategiche.Il messaggio tedesco spedito la scorsa settimana al governo ha nel complesso due ambiti. Tutti e due spiegano la complessità del momento e la sfida a metà strada tra finanza, tecnologia e politica estera. Il primo ambito, il più lineare e superficiale, è appunto la possibilità di portare avanti la partnership nell’elettronica della Difesa e l’altro, di respiro europeo, riguarda i destini incrociati del carro Ue, il quale a sua volta coinvolge il futuro di Oto Melara e Wass di proprietà di Leonardo. La cessione delle due controllate di Piazza Montegrappa sarebbe dovuta servire anche a sostenere il progetto di acquisizione Hensoldt. Una sorta di grande gioco Shanghai nel quale bisogna sfilare un bastoncino alla volta senza muovere gli altri. Il fatto è che è tutto fermo da oltre un anno e mezzo. Il nuovo Patto di stabilità ha da un lato escluso la possibilità di scorporare le spese e gli investimenti per la Difesa e, dall’altro lato, richiesto però di mettere a terra numerosi progetti nel manifatturiero tradizionale e nel mondo cyber. Come fare senza soldi pubblici? Questo è l’interrogativo a cui bisognerà rispondere nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
Ursula von der Leyen (Ansa)
S&D: «Modifiche di facciata». Carlo Fidanza: «Inaccettabile». Coldiretti: «Fuori dalla realtà».
Katie Fox
Una trentaquattrenne uccisa con un colpo di coltello da un uomo di colore, forse senzatetto come l’assassino della Zarutska. La polizia di Birmingham: «Attacco senza alcun motivo apparente». Nel Regno Unito intanto torna l’incubo delle armi bianche.
Boom di rimesse, tra denaro tracciato e clandestino. Nel 2025, flussi in crescita. E intanto gli stranieri si «godono» il welfare.
Gli immigrati guadagnano in Italia ma poi i soldi, invece di andare ad alimentare il Pil del nostro Paese, prendono il volo per il Bangladesh, le Filippine, il Pakistan, per l’estero in generale, sottraendo risorse a un territorio che comunque fornisce loro servizi, assistenza sanitaria, spesso accesso preferenziale all’edilizia residenziale pubblica e il welfare in tutte le sue declinazioni. Non solo. Si tratta di flussi non soggetti a tassazione.
Maurizio Landini (Ansa)
Il sindacalista attacca la manovra e ribadisce la linea sullo sciopero: «Non lo vogliono? Allora trattino». Meloni replica: «Non sia mai che la rivoluzione si faccia di martedì...».
Botta e risposta. Dopo aver detto che questa legge di bilancio è pensata per i ricchi, il segretario della Cgil, Maurizio Landini rispondendo al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, a cui assicura che «nessuno lo vuole massacrare», chiarisce: «Pure noi sappiamo che uno non è ricco con 40.000 euro. Dal 2023 al 2025 hanno pagato 3.500 euro di tasse in più che non dovevano pagare mentre con la modifica dell’aliquota Irpef dal 35 al 33% per i redditi fino a 50.000 euro gli stanno dando 18 euro al mese».





