2020-04-23
«Gli statali sono pagati per non lavorare: niente smart working»
Luigi Scordamaglia (Ansa)
Il consigliere delegato di Filiera Italia Luigi Scordamaglia:«Oltre al danno pure la beffa, spostati i termini di tutti i procedimenti».Le misure di contenimento imposte per la pandemia di coronavirus stanno penalizzando enormemente il settore manifatturiero italiano, rendendo ancora più evidenti alcune disparità di trattamento tra settore privato e pubblico, specie per quanto riguarda i lavoratori. Ne è convinto Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, la fondazione che riunisce le eccellenze dell'agroalimentare del nostro Paese.Qual è il quadro della situazione?«Il danno subito dal settore manifatturiero italiano è enorme, e il continuo spostamento in avanti della data in cui le attività potranno riprendere peggiora ulteriormente le cose. Per le aziende il problema è ulteriormente aggravato dall'impossibilità di programmare adeguatamente tale ripresa: come filiera agroalimentare non ci siamo mai fermati, ma più passa il tempo e più restano chiuse a lungo altre filiere complementari, più la nostra attività rischia di fermarsi».Può farci un esempio?«A livello nazionale i consumi alimentari sono pari a 250 miliardi di euro, di cui un terzo legato al settore del food service, cioè la ristorazione e tutto ciò che è correlato al mangiare fuori casa. L'improvviso stop a un canale così rilevante ha avuto pesanti ripercussioni anche sulla nostra filiera: considerando il calo subito da febbraio a oggi le previsioni sull'anno delle vendite alimentari interne sono fortemente preoccupanti, andando dal -18/20% a valore al 15/16% a volume rispetto allo scorso anno. Si tratta ovviamente di una media trilussiana: il calo è stato molto più marcato per alcune aziende più specializzate nelle forniture al food service costrette a fermarsi completamente, o per alcune filiere come quella del vino. Anche il nostro settore ha dovuto quindi fare ricorso agli ammortizzatori sociali».Una situazione molto diversa da quella del settore pubblico…«Premetto che non c'è alcuna volontà di generalizzare: se stiamo uscendo dall'emergenza Covid-19 lo dobbiamo al grande lavoro della sanità pubblica. Detto questo, una parte rilevante della pubblica amministrazione non sta applicando lo smartworking e molti dipendenti pubblici non stanno lavorando: è evidente quindi il gap tra chi nel settore privato un lavoro non ce l'ha più o si vede ridurre la propria retribuzione e chi invece, pur non lavorando, continua a percepire una retribuzione invariata. In più, oltre al danno c'è la beffa: il decreto Cura Italia ha sospeso, prima fino al 15 aprile e poi fino al 15 maggio, i termini di tutti i procedimenti amministrativi, cioè la norma che imponeva alle amministrazioni pubbliche di chiudere questi procedimenti entro 30 giorni. Così una scadenza prevista a febbraio può essere prorogata di altri tre mesi. Questo mentre si continuano a pagare i dipendenti pubblici anche se non lavorano, cosa che sembra ancora meno accettabile di fronte alla sofferenza dell'occupazione privata». A pagare un prezzo particolarmente alto è il settore della ristorazione.«Il settore in Italia dà lavoro a oltre 1.200.000 addetti: in più la ristorazione valorizza un terzo dei consumi alimentari, con una tendenza dei consumi fuori casa che prima della pandemia stava crescendo ulteriormente. Con lo stop alla ristorazione la filiera agroalimentare non riesce a collocare una parte importante della sua produzione. In Italia c'è poi stata una chiusura molto più dura rispetto ad altri Paesi: ad esempio qui l'asporto non è consentito, mentre in alcune regioni, come la Campania, è stato addirittura bloccato anche la consegna a domicilio. Chiediamo che si autorizzi sin da subito l'asporto, e che prima possibile possa ripartire appieno la ristorazione, ovviamente nel rispetto delle necessarie misure di distanziamento sociale. In più, visto che le aziende di ristorazione dovranno effettuare dei lavori per adattarsi alle nuove regole, è indispensabile che le modalità della riapertura vengano rese note per tempo. Da parte nostra c'è grande attenzione a questo tema, per gli effetti negativi che il blocco della ristorazione continua a causare sull'intera filiera dei prodotti alimentari made in Italy».
Jose Mourinho (Getty Images)