2018-07-24
«Gli sbarchi di massa in Italia peggiorano i guai dell’Africa»
Ivoriano, si è laureato ed è diventato dottore di ricerca. Da anni studia i flussi verso l'Europa: «I migranti nei centri di accoglienza dovrebbero tornare indietro».L'operatore fotografa una comitiva di richiedenti asilo che prende il sole. «Siamo qui con i soldi degli italiani». Ma la Rete insorge contro la presa in giro.Sempre più voci critiche si levano per scoraggiare le partenze e attaccare i dirigenti locali che non fanno nulla contro l'esodo.Lo speciale contiene tre articoli«Io per venire qui ho pagato il biglietto, ho preso il visto e sono arrivato grazie ai soldi dei miei genitori. È un po' diverso da chi prende un barcone perché è disperato. O anche da chi non è disperato... Perché ci sono disperati e non disperati. Se volessimo utilizzare la parola “rifugiato" nel suo significato vero, allora tutti gli africani dovrebbero andare via dall'Africa. Perché l'Africa non è degli africani. Se lo fosse, non ci sarebbero tanti immigrati. Se l'Africa fosse degli africani, noi verremmo qui, ma solo per fare i turisti e comprare cose belle. Un continente come l'Africa non dovrebbe mandare in Europa nemmeno un rifugiato».Emmanuel Tano Zagbla è un immigrato un po' diverso da quelli che siamo abituati a vedere intervistati in televisione e sui quotidiani. È nato in Costa d'Avorio nel 1961, ed è arrivato in Italia negli anni Ottanta, regolarmente. Ha una moglie italiana, si è diplomato e laureato qui. È molto attivo sui social network, interviene con puntualità nei dibattiti sull'immigrazione, esprimendo una posizione molto particolare e decisamente coraggiosa. Del resto è un esperto dell'argomento. Si è laureato nel 1990 all'Università di Padova, in Scienze politiche, con una tesi sulla migrazione. Poi ha vinto un dottorato in Relazioni internazionali, che però ha potuto completare solo nel 2001. A Padova, infatti, ha avuto parecchi problemi. Ci sono state di mezzo azioni legali, polemiche anche feroci, lettere che Zagbla ha inviato (invano) alla presidenza della Repubblica e a vari esponenti politici. Nel 2016, alcuni parlamentari del Movimento 5 stelle hanno presentato alla Camera un'interrogazione sul suo caso, a cui ha risposto il sottosegretario Domenico Manzione: le istanze di Zagbla sono state rimandate al mittente. Oggi Emmanuel non è cittadino italiano, ritiene di essere stato trattato ingiustamente dall'ateneo padovano ed è intenzionato a continuare la sua battaglia. Questo aspetto della sua vicenda personale è molto complicato e per certi versi drammatico. Ma non è per quello che l'abbiamo intervistato. Il motivo per cui l'abbiamo contattato riguarda la sua attività di approfondimento sull'immigrazione, che in questi anni non si è mai fermata: Zagbla ha scritto libri e articoli, ha lavorato e lavora anche in altri Paesi europei. E ha una visione del «problema immigrazione» molto articolata e decisamente interessante, che vale la pena di ascoltare per uscire dai soliti stereotipi sull'Africa e gli africani. La mia idea è che esista un sistema di sfruttamento degli immigrati che arrivano sui barconi. «Lei parla di sfruttamento. Io dico criminalità. Faccio solo un esempio. Quanti minori non accompagnati arrivano qui? Chi paga per loro? Da quasi 5 anni metà di questi minori sparisce. Lo dicono anche coloro che si occupano di migranti».Vero, molti minori non accompagnati sbarcati in Italia non si sa più dove siano.«Per me, quando un minore sparisce, c'è sempre di mezzo la criminalità. Sa che le dico? Se si vogliono davvero aiutare i migranti in Libia, bisognerebbe chiedere alle autorità libiche: quanti africani avete nelle carceri? Una volta saputi i numeri, le Ong e i governi dovrebbero aiutarli a ritornare a casa loro. Certo, ci sarà anche chi non vuole tornare al Paese d'origine, ma sono convinto che molti tornerebbero indietro». E perché?«Basta vedere dove dormono molti che arrivano qui. Le sembra vita, questa? Dormire per strada o in luoghi peggiori di quelli lasciati in Africa? Dovrebbero tornare a casa. Se le Ong aiutassero a organizzare i rientri, credo che la gran parte tornerebbe indietro».Perché non avviene secondo lei?«Manca la volontà politica. E soprattutto ci sono grandi interessi dietro. Le dico sinceramente: quando leggo degli africani nei centri di accoglienza che vogliono questo e quello, che pretendono, a me sembra impossibile. Se vieni ospite a casa mia, prendi quello che ti do». Torniamo ai grandi interessi che citava prima.«Questa è la base di tutto, ma nessuno la vuole vedere. Le faccio un esempio, che riguarda il mio Paese. Nel 2010, in Costa d'Avorio ci sono state le elezioni con gravi problemi politici. La comunità internazionale avrebbe dovuto aiutare il Paese a sistemarli. Invece, è stato arrestato l'ex presidente Laurent Gbagbo».Però ci furono grandi polemiche, si disse che il vero vincitore era in realtà Alassane Ouattara, l'attuale presidente.«Sì. Tutti i giornali occidentali lo scrissero, però la Corte costituzionale ivoriana stabilì che il vero vincitore era Gbagbo. Ma il fondo del problema non è Gbagbo, che ha governato fino al 2011, e ora si trova in prigione in Olanda accusato di crimini contro l'umanità. E nemmeno Alassane, il presidente attuale: è colpa della comunità internazionale che non ha voluto fare giustizia né cercare di risolvere il problema come si dovrebbe fare, perché c'era un piano già costruito». Quale piano?«Gbagbo era un sovranista. Diceva che la Costa d'Avorio avrebbe dovuto crescere utilizzando i soldi delle materie prime. Egli diceva che avremmo dovuto essere noi a lavorare queste materie prime, trasformandole sul posto, creando posti di lavoro. Era un modo per frenare l'eventuale migrazione verso l'Europa. Poi l'hanno arrestato. Ci sono piani già costruiti, come le dicevo».Ouattara, il vostro presidente attuale, lavorava al Fondo monetario internazionale. Che responsabilità ha l'Fmi nelle situazione dell'Africa, secondo lei?«Il Fondo monetario internazionale non aiuta l'Africa. Fa parte di un sistema di dominio del continente».Lei, spesso, mette sotto accusa anche le politiche della Francia.«In Africa ci sono 14 Paesi che sono sottomessi alla volontà della Francia. Lo sapete perché nell'Africa francese non ci sono mai state rivoluzioni, se non in Guinea Conakry? Perché la Francia ha concesso l'indipendenza dall'alto. Ha detto alle ex colonie: vi diamo l'indipendenza, ma voi dovete firmare alcuni patti (detti Patti coloniali), tra cui quelli che prevedono l'utilizzo del Franco Cfa come moneta». E dove sta il problema?«Il problema è che il 65% circa delle esportazioni dei 14 Paesi che utilizzano il Cfa finisce al Tesoro francese. Se la Costa d'Avorio incassa qualcosa da un'esportazione, la gran parte finisce in un conto deposito in Francia. E se il Paese ha bisogno di comprare qualcosa, di investire denaro, deve chiedere alla Francia. È la Francia che controlla. In questo modo, non c'è mai un vero piano di sviluppo autonomo». Nel sistema che lei descrive, però, anche le classi dirigenti africane hanno grandi responsabilità.«Certo. Ci sono i politici africani che sono corrotti, e che prendono soldi. Ma è anche vero che chi si oppone, chi dice no, viene ucciso, o arrestato come nel caso Gbagbo. Le dico una cosa, che riguarda il mio Paese: se oggi liberassero Laurent Gbagbo, in 3 o 4 mesi gli ivoriani che sono qui tornerebbero indietro. Ma anche molti del Mali o del Burkina Faso». Ha seguito la polemica sulle navi delle Ong? Che ne pensa?«Mi chiedo: perché una Ong europea deve interessarsi solo all'Africa quando in Italia ci sono tanti anziani che non hanno nemmeno i soldi per la pastasciutta? Anche in Europa ci sono persone che hanno bisogno di aiuto. Il fatto è che con gli anziani non c'è nulla da guadagnare. In Africa, invece, si può sfruttare l'ignoranza della gente. Il problema è che le Ong non aiutano a combattere chi crea i problemi, dunque alcune di loro sono esse stesse parte del problema. Facendo affari con i clandestini non si aiuta la gente onesta». Le Ong, tuttavia, dicono di aiutare i migranti.«Non si aiutano gli immigrati così. Si fa male all'Africa. Se non andassero a prenderle con le navi, molte persone nei Paesi africani si ribellerebbero alle loro classi dirigenti. L'Africa, prima o poi, scoppierà». Lei pensa che i migranti africani che sono qui nei centri di accoglienza dovrebbero tornare in Africa?«Massì. Anche perché molti di loro non riescono ad adattarsi a un contesto di vita completamente diverso. Ci sono persone, in Africa, che ogni mattina, anche se guadagnano pochissimo, si alzano e vanno a coltivare il loro piccolo campo. Poi quando arrivano qui non hanno nulla da fare. Questo causa loro molti problemi, anche psichiatrici. In ogni caso, far venire qui tante persone significa togliere forze all'Africa, e non è un bene. Per esempio, vogliamo parlare degli aiuti alimentari che l'Occidente manda in Africa?». Parliamone.«In questo modo la gente perde la voglia di crescere. Gli viene detto di non coltivare ciò che serve per nutrirsi. Persino il riso, alimento base del continente, viene dall'estero. Mi piacerebbe vedere alcune Ong andare ad insegnare alla gente politiche alimentari utili, e trattare anche con i governi. Così non ci sarebbe bisogno di rifugiarsi all'estero. Sostanzialmente, dico che l'Africa dovrebbe essere lasciata politicamente ed economicamente agli africani. E ovvio che con l'Occidente, la cooperazione “equa, giusta e solidale" non verrebbe mai a mancare ».C'è chi dice che l'Europa ha bisogno di lavoratori che paghino le pensioni.«Magari l'Italia avrà anche bisogno di manodopera. Ma non di 400.000 persone tutte in una volta, no? Quanti italiani ci sono che scappano all'estero perché non hanno lavoro? In Africa c'è gente che verrebbe volentieri qui a lavorare, ma lo deve fare con i contratti stagionali che garantiscano una umanità ai lavoratori. Non in questo modo».Che cosa pensa di Matteo Salvini? «Perché dovrei criticare Salvini? Che cosa mi ha fatto? A me niente. Anzi. In Italia, ho avuto più problemi con “gli amici dell'Africa" - quelli che dicono “Aiutiamo i migranti" - che non con gli altri. Sono indipendente dalla politica. Mi dispiace però notare che ho avuto un'indifferenza totale dall'ex presidente della Camera (ma pure da altri) per i miei gravi problemi all'università. Non hanno mai risposto alle mie richieste d'aiuto. Solo i 5 stelle mi hanno dato una mano, portando il mio problema in aula. La verità è che tanti vorrebbero solo immigrati ignoranti. E questo non va bene per il Paese».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gli-sbarchi-di-massa-in-italia-peggiorano-i-guai-dellafrica-2589297821.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-cooperativa-porta-i-profughi-al-mare-andiamo-in-spiaggia-pagano-i-razzisti" data-post-id="2589297821" data-published-at="1757926695" data-use-pagination="False"> La cooperativa porta i profughi al mare «Andiamo in spiaggia, pagano i razzisti» Chi ancora si chiede che fine facciano i famosi 35 euro giornalieri a migrante, drenati dai soldi pubblici in direzione delle cooperative impegnate del business dell'accoglienza, nella foto postata sui social da tale Leonardo Tancredi troverà una eloquente risposta. Tancredi è il direttore del «giornale di strada» Piazza Grande, nonché operatore del progetto Aria (Accoglienza richiedenti asilo), che la cooperativa Piazza Grande gestisce all'interno del Consorzio Arcolaio e che fa parte del Sistema Sprar. Qualche giorno fa, questo infaticabile attivista dell'accoglienza ha messo sui suoi profili uno scatto che ritrae un gruppo di immigrati, ospiti del gruppo, tranquillamente rilassati in spiaggia. A spese nostre, ovviamente. Eloquente l'incipit dello status: «Una giornata al mare soli e con 35 euro». Insomma, oltre al danno, la beffa. Un vero e proprio schiaffo a quegli italiani che magari in vacanza non ci possono neanche andare e che il senso di queste immani risorse pubbliche destinate alla gestione dell'accoglienza continuano a non comprenderlo. Che l'intento di Tancredi fosse di pura e semplice irrisione lo dimostra del resto il seguito del messaggio: «Abbiamo usato i vostri soldi, quelli dei contribuenti italiani, anche quelli dei razzisti, sperando che venga loro un travaso di bile». Un vero e proprio manifesto dell'odio ideologico. E infatti il post ha fatto il giro della rete, attirando molti «mi piace», ma ancor più critiche, attacchi, insulti. Il sito Redattore sociale, meravigliandosi per l'indignazione di tanti utenti social, ci ha tenuto a sottolineare che tra gli immigrati portati a fare un bagno con i nostri soldi c'era anche Akilou, 24 anni originario del Togo, che vedeva per la prima volta il mare: «È stato molto bello, ho amici che sono Italia già da 5 anni ma che non c'erano mai stati, io mi considero fortunato». Non fatichiamo a crederlo. Quel che invece è più discutibile è il fatto che di queste esperienze esistenziali si debbano far carico associazioni italiane che dovrebbero occuparsi esclusivamente di aiuto umanitario. «Quei soldi servono per creare nuovi cittadini ed è quello che abbiamo fatto», scriveva ancora Tancredi nel suo post. Ma aiutare richiedenti asilo o «creare nuovi cittadini» non è affatto la stessa cosa e quest'ultimo è un compito che nessuno ha affidato alle varie coop e Ong che gestiscono l'accoglienza. Tanto più che, se di vero aiuto umanitario si tratta, si dà per scontato che, una volta cessata l'emergenza, chi è stato accolto e salvato possa un giorno ritornare dal Paese da cui è fuggito. Sempre che di veri profughi si tratti, e non di meri «migranti economici», cioè, più banalmente, dei clandestini, che di star qui, in spiaggia o altrove, non hanno alcun diritto. Fabrizio La Rocca <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gli-sbarchi-di-massa-in-italia-peggiorano-i-guai-dellafrica-2589297821.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="il-continente-nero-comincia-a-ribellarsi-alle-elite-corrotte" data-post-id="2589297821" data-published-at="1757926695" data-use-pagination="False"> Il Continente nero comincia a ribellarsi alle élite corrotte Nel novembre del 2017, l'attivista umanitario Fabian Wagner si trovava ad Abidjan, in Costa d'Avorio. Ciò che ha visto lo ha raccontato in un lungo articolo per il sito di Al Jazeera. «Su un piccolo palco allestito in uno stadio locale», ha scritto, «Didier Drogba, stella del calcio ivoriana, stava sollecitando centinaia di giovani locali a cantare: “Prometto che non migrerò! Prometto che non migrerò! Prometto che non migrerò!"». Drogba era «ospite speciale di un concerto del famoso gruppo musicale ivoriano Magic System, al Palais des Sports de Treichville. Il concerto faceva parte di una serie di eventi che si svolgono in città alla vigilia del quinto summit Ue-Africa». Wagner non ha molto apprezzato l'iniziativa, ma anche per questo la sua testimonianza è interessante. A un certo punto del concerto, il leader della band ha gridato al pubblico: «L'emigrazione non è la soluzione ai nostri problemi. Il modo migliore per essere felici è rimanere qui con noi». Da un po' di tempo, dall'Africa arrivano numerose voci di questo tipo. Intellettuali, artisti, giornalisti, scrittori: tutti impegnati a dire ai loro connazionali di non partire per l'Europa. Già nell'estate 2015 Nicolas Djomo, vescovo di Tshumbe e presidente della Conferenza episcopale della Repubblica democratica del Congo, durante una riunione della Gioventù cattolica panafricana, si rivolse ai ragazzi invitandoli a non lasciare la loro patria. «Guardatevi dagli inganni delle nuove forme di distruzione della cultura di vita, dei valori morali e spirituali», disse. «Utilizzate i vostri talenti e le altre risorse a vostra disposizione per rinnovare e trasformare il nostro continente e per la promozione della giustizia, della pace e della riconciliazione durature in Africa. Voi siete il tesoro dell'Africa. La Chiesa conta su di voi, il vostro continente ha bisogno di voi». Anche Joseph Komakoma, segretario generale del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar, ha ripetuto negli anni passati che «i giovani sono la parte più importante della popolazione africana sulla quale la Chiesa conta in modo prioritario per l'evangelizzazione e la promozione della pace, della giustizia, della riconciliazione e dello sviluppo del nostro continente». Governi come quello del Mali e della Costa d'Avorio organizzano campagne informative rivolte soprattutto ai più giovani con il preciso obiettivo di spingerli a non partire. Il loro futuro è nel Continente nero, un luogo che ha tutte le possibilità per crescere e svilupparsi. A patto, ovviamente, che anche la locale classe dirigente faccia la propria parte. Già nel 2014, sul quotidiano britannico Guardian, la nigeriana Sede Alonge scrisse un articolo molto duro riguardante le morti nel Mediterraneo. «Finora, si potrebbe avere l'impressione che il problema debba essere affrontato in Europa; dopotutto, sono i confini dell'Ue ad essere assediati. Ma ciò significherebbe assolvere l'Unione Africana da ogni responsabilità per i propri confini e cittadini, lasciandola fuori dai guai con troppa facilità». L'opinionista chiamava direttamente in causa l'Unione Africana e le sue politiche. «Cosa sta facendo esattamente per proteggere i suoi confini e impedire che i trafficanti trasportino migliaia di persone dal continente, spesso portandole alla morte? Che cosa sta facendo per sostenere quegli africani che si sentono costretti a lasciare i loro Paesi, o che sono sfollati, a scegliere destinazioni africane piuttosto che europee? Non molto, è la risposta». E proseguiva: «È vero che molti Paesi africani hanno problemi da affrontare, ma quale nazione non li ha? La migrazione illegale verso l'Europa mette a dura prova la pazienza e le risorse delle nazioni beneficiarie, diminuendo notevolmente la probabilità che anche i migranti africani che riescono a sopravvivere nel viaggio siano trattati bene all'arrivo. Questa dovrebbe essere una preoccupazione per i leader africani». Nel frattempo, l'Unione africana ha siglato accordi con l'Unione europea per combattere l'immigrazione irregolare, ma secondo alcuni commentatori non è ancora abbastanza. Lo scrittore kenyota Tee Ngugi, pochi giorni fa, ha firmato un editoriale piuttosto ruvido sul quotidiano The East African. Anche lui se l'è presa con l'Unione africana, la quale sembra preoccuparsi più di rispondere alle parole di Donald Trump sugli immigrati che di garantire il benessere delle popolazioni del Continente nero. «Sicuramente, il maggior insulto alla dignità africana è l'immagine dei suoi cittadini venduti come schiavi in Libia o affollati in barche insicure, che vengono salvati, non dall'Africa, ma dalle navi europee», ha scritto Ngugi. «Non è una grande vergogna per l'Unione africana e per l'Africa che gli europei abbiano tenuto diversi incontri ad alto livello per discutere della crisi dei migranti e l'Unione africana non ne abbia tenuti? […] L'Ua è incapace di rispondere a problemi pratici che interessano il popolo africano». Secondo Ngugi, l'Unione africana è sostanzialmente uno strumento di propaganda, utile ai governi del Continente nero per fare polemica con l'Occidente, deviando così l'attenzione dai guai veri e profondi dei vari Paesi. Dall'Africa, dunque, ci arriva una grande lezione: l'emigrazione di massa non è un bene, anzi è un danno. Svuota i Paesi e li priva di risorse. Il primo diritto degli africani non è quello di migrare, ma quello di restare a casa propria e vivere bene. Senza élite corrotte, senza ingerenze indebite degli Stati europei. Solo così il Continente nero può davvero camminare con le proprie gambe. Francesco Borgonovo
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 12 settembre con Carlo Cambi