
L'associazione Luca Coscioni lancia l'allarme: «La 194 è fortemente disattesa» (ma i dati del ministero dicono il contrario). Aggiunge che il «ben il 31%» della popolazione vuole rivedere la legge: vuol dire che il 69% invece la pensa all'opposto.In occasione del quarantunesimo anniversario della legge 194 sull'aborto procurato, ricorso mercoledì, l'Associazione Luca Coscioni ha pensato bene rilanciare il ritornello dell'Italia medievale e retrograda, nella quale i diritti delle donne son ancora un miraggio. Nel farlo, ha diffuso un comunicato dai toni drammatici, che parla di «una legge fortemente disattesa, a dispetto della volontà popolare», di percorsi «molto difficili» che ostacolerebbero l'interruzione volontaria di gravidanza nonché dello «stigma che da sempre accompagna l'aborto in Italia, costringendo le donne che ricorrono all'Ivg ad “indossare una maschera"». Una denuncia a tutto tondo, insomma, per suffragare la quale è stato tirato in ballo pure un sondaggio condotto dalla Luca Coscioni stessa con Swg, che avrebbe rivelato come «ben il 31% della popolazione» ritenga che la «legge vada cambiata, a tutela» della sua «applicabilità».Ora, pur nel rispetto delle posizioni di tutti non si può non rilevare come la tesi dell'Italia come terra dove sia impossibile abortire faccia acqua da tutte le parti. A dimostrare il contrario, infatti, sono le stesse relazioni ministeriali, che smentiscono categoricamente che il fatto che il 68% dei ginecologi sposi l'obiezione di coscienza costituisca poi, a lato pratico, un ostacolo per le donne che intendono abortire. «Riguardo l'esercizio dell'obiezione di coscienza e l'accesso ai servizi Ivg» ha infatti scritto il ministro della Salute Giulia Grillo nella Relazione sull'applicazione della 194 firmata nel dicembre 2018, «pur rilevando una percentuale di obiezione tra i ginecologi pari al 68.4%, per quanto riguarda i carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore, sia su base regionale che considerando le singole strutture, anche in presenza di casi che si discostano dalla media, non si evidenziano particolari criticità nei servizi di Ivg». Tradotto dal burocratese, significa che nel nostro Paese non esiste nessuna criticità nell'accesso all'aborto.Del resto, sarebbe strano il contrario dal momento che in Italia, considerando 44 settimane lavorative in un anno, ogni ginecologo non obiettore esegue ogni settimana, a livello nazionale, 1.6 aborti, con una procedura di intervento che, secondo l'Oms, ha una durata media che non supera i 10 minuti. Checché ne dica quindi l'Associazione Luca Coscioni non solo non c'è una prova, ma neppure un barlume di indizio che la 194 sia «una legge fortemente disattesa». Tanto è vero che tutte le precedenti denunce in tal senso si sono poi rivelate prive di fondamento. Come la storia, diffusa nel marzo 2017, della signora padovana di 41 anni intenzionata ad abortire che si sarebbe vista rifiutare 23 volte l'accesso alla procedura dopo aver contattato altrettanti ospedali veneti: la notizia ebbe respiro internazionale, fu persino rilanciata dal Guardian, ma un anno dopo si rivelò del tutto infondata. Tanto che, nel dicembre scorso, è uscita la notizia - questa sì reale - dell'indagine della procura di Venezia per diffamazione aggravata a carico di due sindacaliste che si sono servite della storia di questa signora padovana per muovere critiche diffamatorie a danno del servizio sanitario veneto. Naturalmente tutto ciò l'Associazione Luca Coscioni si guarda bene dal metterlo in evidenza. Così come tace un fatto davvero interessante, e cioè che la larghissima maggioranza degli italiani ritiene che la legge 194 funzioni e non vada in alcun modo rimaneggiata. Chi lo dice? Lo stesso sondaggio della Luca Coscioni. Infatti nel momento in cui si afferma, com'è stato fatto, che «ben il 31% della popolazione» vuole rivedere la legge sull'aborto, si sta dicendo anche un'altra cosa, e cioè che il 69% degli italiani la pensa diversamente. Del resto è l'osannata legge 194 stessa, all'articolo 5, a spiegare come, davanti alla donna intenzionata ad abortire, il consultorio e la struttura socio-sanitaria abbiano l'obbligo di proporle «le possibili soluzioni dei problemi proposti» aiutandola «a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza», mettendola così nelle condizioni «di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre» con «tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto». Se c'è quindi una parte della legge sull'aborto non applicata, nel nostro Paese, non è quella che ne regolamenta l'accesso bensì, al contrario, quella poc'anzi citata. Eppure di questo, salvo associazioni come il Movimento per la vita e poche altre, nessuno parla, a beneficio di un silenzio omertoso che l'Associazione Luca Coscioni, dal canto suo, si guarda bene dall'infrangere. Chissà perché.
Quest’anno in Brasile doppio carnevale: oltre a quello di Rio, a Belém si terrà la Conferenza Onu sul clima Un evento che va avanti da 30 anni, malgrado le emissioni crescano e gli studi seri dicano che la crisi non esiste.
Due carnevali, quest’anno in Brasile: quello già festeggiato a Rio dei dieci giorni a cavallo tra febbraio e marzo, come sempre allietato dagli sfrenati balli di samba, e quello - anch’esso di dieci giorni - di questo novembre, allietato dagli sfrenati balli dei bamba che si recheranno a Belém, attraversata dall’equatore, per partecipare alla Cop30, la conferenza planetaria che si propone di salvarci dal riscaldamento del clima.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Il 9 novembre 1971 si consumò il più grave incidente aereo per le forze armate italiane. Morirono 46 giovani parà della «Folgore». Oggi sono stati ricordati con una cerimonia indetta dall'Esercito.
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Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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Teresa Ribera (Ansa)
Il capo del Mef: «All’Ecofin faremo la guerra sulla tassazione del gas naturale». Appello congiunto di Confindustria con le omologhe di Francia e Germania.
Chiusa l’intesa al Consiglio europeo dell’Ambiente, resta il tempo per i bilanci. Il dato oggettivo è che la lentezza della macchina burocratica europea non riesce in alcun modo a stare al passo con i competitor mondiali.
Chiarissimo il concetto espresso dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «Vorrei chiarire il criterio ispiratore di questo tipo di politica, partendo dal presupposto che noi non siamo una grande potenza, e non abbiamo nemmeno la bacchetta magica per dire alla Ue cosa fare in termini di politica industriale. Ritengo, ad esempio, che sulla politica commerciale, se stiamo ad aspettare cosa accade nel globo, l’industria in Europa nel giro di cinque anni rischia di scomparire». L’intervento avviene in Aula, il contesto è la manovra di bilancio, ma il senso è chiaro. Le piccole conquiste ottenute nell’accordo sul clima non sono sufficienti e nei due anni che bisogna aspettare per la nuova revisione può succedere di tutto.









