2021-01-16
Gli italiani appesi alla lotteria dei colori. E tre Regioni si ritingono di rosso
In arrivo un cambio di status in quasi tutte le zone del Paese. Lettera di 250 accademici: «Rendete pubblici gli indicatori»Polemiche sulla «retrocessione» lombarda. Pure l'Alto Adige si ribella contro RomaLo speciale contiene due articoliAlla fine, la paventata marea arancione è arrivata. Dopo l'approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, prima del dl sulle limitazioni agli spostamenti e sulla proroga al 30 aprile dello stato d'emergenza e poi del nuovo dpcm, il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato le ordinanze, che a partire da domani, cambiano di colore a più di metà del territorio nazionale. Non ci sono grandi sorprese rispetto a quanto filtrato nei giorni scorsi in base all'irrigidimento dei parametri per la classificazione delle diverse aree di rischio, ma ciò non ha evitato comunque uno strascico polemico tra amministratori locali e governo centrale (in particolare il governatore della Lombardia Attilio Fontana e il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, ma soprattutto da parte di ristoratori e baristi). Partiamo dalle ordinanze di Speranza: dopo aver collocato la settimana scorsa in zona arancione Calabria, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Sicilia, il ministro ha decretato una ulteriore stretta per la Lombardia, che diventa rossa, alla quale si aggiungono la Sicilia (che pur avendo dati da arancione ha chiesto di essere messa in rosso) e la provincia autonoma di Bolzano. Sia la Lombardia che la Provincia autonoma si appellano ai giudici e presenteranno ricorso. Ma è decisamente l'arancione il colore dominante, scorrendo la nuova mappa delle restrizioni decretata dal ministero di Lungotevere: oltre alle citate regioni rosse, diventano o restano infatti arancioni 12 regioni: Abruzzo, Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Umbria, Val D'Aosta e Veneto. A rimanere gialle, e quindi nella fascia soggetta a meno restrizioni, saranno la Campania, la Sardegna, la Basilicata, la Toscana, la Provincia Autonoma di Trento e il Molise. A supporto di quella che si può definire certamente l'ennesima stretta, le considerazioni fatte dal presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro, in occasione della consueta illustrazione settimanale del monitoraggio sull'andamento dell'epidemia. Pur affermando che, a suo avviso, le restrizioni del periodo festivo hanno consentito di rallentare l'aumento dei casi, Brusaferro ha parlato di un «aumento complessivo del rischio di un'epidemia non controllata» e quindi non gestibile a livello di ricoveri nei reparti ordinari e nelle terapie intensive. In quest'ottica, nel monitoraggio si legge che l'indice Rt è in aumento lento ma costante da cinque settimane ed è giunto a 1,09 come media nazionale. Ma proprio sui dati e sui moduli matematici relativi alla trasmissione del contagio, si segnala l'iniziativa di un gruppo di accademici, raccolti sotto la sigla «Lettera 150», che ha inoltrato un'istanza di accesso agli atti degli indicatori Covid, che finora il governo non ha voluto rendere pubblici. «Questi indicatori», si legge nella nota diffusa da 250 studiosi, «sono quelli in base ai quali si decide di limitare numerose libertà costituzionali». A questo proposito, è il caso di ricordare il quadro delle misure e delle restrizioni contenute nelle ordinanze, nel Dl e nel Dpcm, che entreranno in vigore da oggi. Anzitutto, è confermato il coprifuoco dalle 22 alle 5 e non si potrà in nessun caso uscire dalla propria Regione di residenza (anche nelle zone gialle) salvo comprovati motivi di necessità. Sarà possibile, una sola volta al giorno, ricevere al massimo due persone non conviventi, che potranno portare con sé minori di 14 anni. Il divieto di raggiungere altre Regioni resterà in vigore fino al 15 febbraio, ma nelle zone gialle sarà possibile muoversi senza autocertificazione su tutto il territorio regionale, mentre nelle zone arancioni ci si potrà muovere liberamente solo all'interno del proprio Comune, con l'eccezione di chi abita in Comuni con meno di 5.000 abitanti. Questi ultimi potranno raggiungere, in un raggio di 30 km, altri piccoli Comuni ma non i capoluoghi. La seconde case si potranno raggiungere solo se collocate all'interno della propria Regione nelle zone gialle o nel proprio comune nelle zone arancioni. Palestre, piscine e impianti sciistici resteranno chiusi ovunque (questi ultimi per il momento fino al 15 febbraio), mentre nelle zone gialle resteranno regolarmente aperti i negozi. È sul fronte degli esercizi che è arrivata la novità più rilevante, con l'introduzione del divieto di asporto dopo le 18 per i bar che, assieme ai ristoranti, nelle zone gialle saranno aperti fino alle 18. A quel punto, però, i ristoranti potranno continuare a fare asporto e consegne e domicilio, mentre i bar dovranno, in sostanza, abbassare le serrande. I centri commerciali resteranno chiusi nei week-end ma l'altra novità è che i musei, nelle zone gialle, riapriranno nei giorni feriali, mentre restano chiusi cinema e teatri. Nelle zone arancioni, invece, bar e ristoranti non potranno aprire al pubblico ma potranno fare solo consegne e asporto. Come detto, però, i bar solo fino alle 18. Tralasciando la fantomatica zona bianca, resta invece il caos sul fronte scuola: il dpcm parla di ritorno in presenza per le superiori fino al 75% degli studenti da lunedì, ma tra proteste, sentenze del Tar e norme confliggenti, le Regioni andranno in ordine sparso. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gli-italiani-appesi-alla-lotteria-dei-colori-e-tre-regioni-si-ritingono-di-rosso-2649954599.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="fontana-questa-e-una-punizione-gori-chiede-di-esentare-bergamo" data-post-id="2649954599" data-published-at="1610741649" data-use-pagination="False"> Fontana: «Questa è una punizione» Gori chiede di esentare Bergamo «Una punizione». È così che il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, vede il ritorno in zona rossa a partire da domenica, contro il quale ha già annunciato ricorso (insieme alla provincia di Bolzano: la giunta altoatesina ha anzi deciso di non inasprire le limitazioni attualmente in vigore e di restare di fatto «gialli» nonostante il parere di Roma). Fontana ha dichiarato: «Ho appena parlato con il ministro Speranza, è una punizione che la Lombardia non si merita. Mi ha detto che farà fare ancora dei controlli. Ho fatto presente a Speranza che c'è qualcosa che non funziona nei conti, come vengono fatti e nella determinazione dei parametri». I calcoli del governo a Fontana non quadrano proprio: «Oggettivamente siamo in una fase in cui stiamo migliorando i numeri eppure c'è il rischio che si entri in zona rossa. I cittadini si sono comportati tutti molto bene e sinceramente la zona rossa è estremamente penalizzante», ha spiegato. Persino più duro è il commento dell'assessore regionale allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, che parla di una «decisione assurda da parte del governo che avrà conseguenze drammatiche per il sistema produttivo lombardo. Bene ha fatto il governatore Fontana a chiedere con fermezza al ministro Speranza di approfondire la questione con il Comitato tecnico scientifico. Oltre a rivedere la decisione, il governo dovrebbe utilizzare un semplice buonsenso e ristorare immediatamente tutte le attività economiche danneggiate. Questo astio nei confronti delle partite Iva deve finire», ha tuonato Guidesi. Alla decisione si è opposta anche Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, che in una nota ha dichiarato: «Il ritorno della Lombardia in zona rossa rappresenta una penalizzazione eccessiva per cittadini, famiglie e imprese, provati dalla lunghissima battaglia contro il Covid. Anche perché in larghissima parte i lombardi si sono scrupolosamente attenuti alle regole in questi mesi e hanno mostrato spirito solidale e tempra da combattenti: l'aggravamento della pandemia e delle restrizioni è un colpo al cuore che la Lombardia non si merita». Chi ha pensato a un modo per svicolare dalle restrizioni regionali è però Giorgio Gori, il sindaco dem di Bergamo, la città che più fu provata nella prima ondata e che ora, forse anche in virtù del dramma vissuto ormai un anno fa, ha valori nettamente migliori del resto della Lombardia. Ecco perché Gori, insieme al presidente della provincia Gianfranco Gafforelli, ha scritto a Fontana per chiedere una deroga per il suo territorio, eventualità peraltro prevista dal Dpcm del 3 novembre. E già il territorio di Cremona starebbe valutando l'opzione di chiedere alla giunta Fontana una deroga analoga. A Gori, tuttavia, Fontana ha risposto così: «Se il sindaco Gori riesce a sollecitare un intervento ai suoi rappresentanti politici, gli unici a poter cambiare le regole e modificare il sistema, non sarà necessario disporre deroghe per Bergamo, in quanto tutta la Lombardia potrà essere, almeno, zona arancione». Fontana spiega: «Comprendo bene le ragioni del sindaco Gori che, evidenziando come la provincia di Bergamo abbia 61 positivi al Covid ogni 100.000 abitanti, quindi al di sotto della media regionale, chiede una deroga alla zona rossa. Il problema è che tale parametro non è preso in considerazione dal ministero della Salute e dal Cts nazionale, ma solo l'Rt». Per Fontana, «se venisse utilizzato il tasso di incidenza dei positivi su 100.000 abitanti, infatti, oggi la Lombardia non finirebbe in zona rossa».