2022-01-20
Gli incassi di Moby finiti a Singapore. Nei messaggi spunta anche Toninelli
Già dal 2019 segnalazioni di operazioni sospette su Beppe Grillo e sulla Casaleggio. L’ex ministro: «Nessuna pressione»Digistart doveva trovare fondi per la compagnia poi andata in concordatoLo speciale contiene due articoliGià nel 2019 le segnalazioni di operazioni sospette inviate alla Banca d’Italia avevano messo nel mirino le consulenze affidate dalla Moby Spa di Vincenzo Onorato alla Grillo Srl (da 240.000 euro complessivi) e alla Casaleggio & associati (da 600.000 euro a cui andavano aggiunti eventuali premi). Contratti su cui i risk manager delle banche che gestivano i conti della compagnia armatoriale non erano riusciti ad avere le notizie che li interessavano: «Nell’ambito delle attività di revisione il team ha più volte richiesto di acquisire le evidenze documentali che sono comunemente fornite a comprova dei diversi servizi resi senza tuttavia ottenere soddisfazione».Nel 2020 avevano reiterato la segnalazione mettendo nel mirino quattro assegni da 61.000 euro indirizzati verso la Casaleggio (aprile, giugno, agosto e settembre 2019): «Riteniamo opportuno inserire la segnalazione relativamente ai bonifici in uscita in favore della Casaleggio & associati Srl, per possibili e indirette finalità estranee alla logica pertinente alla motivazione ufficiale alla motivazione ufficiale per la quale il contratto è stato sottoscritto». Ricordiamo che all’epoca la Casaleggio era una costola importante del Movimento 5 stelle, in quanto gestiva la piattaforma Rousseau. I sospetti dell’Antiriciclaggio devono essere stati condivisi dal procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli e la pm Cristiana Roveda hanno iscritto sul registro degli indagati per traffico di influenze Beppe Grillo e Onorato. Ma non Davide Casaleggio, titolare dell’omonima ditta che da tempo è uscita dalla galassia grillina.Ma i risk manager hanno continuato le loro segnalazioni nei confronti di Onorato e della Moby anche in tempi recentissimi e le loro Sos potrebbero portare all’apertura di altri fascicoli d’inchiesta. Il 7 dicembre, per esempio, ricordano la presunta opacità amministrativa della Onorato armatori e della controllata Moby e la lamentata sottrazione di risorse all’altra controllata, la Compagnia italiana di navigazione attraverso noleggi reciproci di motonavi all’interno del gruppo. «In questo contesto appaiono potenzialmente anomali i pagamenti disposti dalla società Fratelli Onorato verso le società di Singapore Sy Roro 1 e Sy Roro 2», si legge nella nota. I funzionari parlano «operazioni continue anche infragruppo», come i 10,3 milioni passati da Moby alla Fratelli Onorato in circa un anno. Le disponibilità di Moby «derivano principalmente da giroconti da altre banche» e da pagamenti da Paypal e Nexi «ragionevolmente riconducibili all’attività di biglietteria». Ed ecco il punto: «Tali flussi vengono inviati a stretto giro» tra l’1 dicembre 2020 e il 3 dicembre 2021, per un totale di 12,1 milioni, verso le due società di Singapore, la cui capogruppo risulta essere la Siem industries Sa, «società delle isole Cayman di cui non si conosce il titolare effettivo». Le due ditte sarebbero proprietarie di due motonavi noleggiate dalla Moby alla Cin e di cui la Fratelli Onorato pagherebbe le rate di noleggio. I risk manager ricordano che la Moby ha avviato la procedura di concordato preventivo e che l’adunanza dei creditori era stata fissata per ieri e che è esposta nei confronti del Banco Bpm per circa 52 milioni di euro. In un’altra segnalazione dell’8 aprile 2021 Vincenzo Onorato viene messo nel mirino per i ritiri di contante con la carta di credito Alitalia platino: in 24 mesi sarebbe stata usata per 73 prelievi per un importo totale di 64.800 euro su 91.000 euro di utilizzo complessivo.Ma torniamo al coindagato Beppe Grillo. Ieri chi tra i pentastellati è riuscito a parlare con il garante del Movimento l’ha descritto come molto amareggiato. Soprattutto per «i tempi dell’indagine». A tutti avrebbe ribadito di avere la «coscienza pulita». Tra le tante telefonate, nella serata di ieri è arrivata anche quella di Giuseppe Conte. Ma l’ex comico è stato contattato anche da membri del governo e del sottogoverno. E da parlamentari. A quanto risulta alla Verità, Grillo, difeso in questa vicenda dal nipote Enrico, e tutta la sua famiglia sarebbero particolarmente provati dall’ennesimo guaio giudiziario, dopo la via crucis del processo a Ciro, accusato di violenza sessuale di gruppo.Sul fronte dell’inchiesta nelle chat di Onorato sarebbe spuntato il nome di Danilo Toninelli, che in quel momento era il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, e quelli di parlamentari non ancora meglio identificati (alcuni indicati dalle agenzie di stampa come «vicini al Mise»). Le conversazioni con le richieste di Onorato sarebbero una dozzina. I contatti sarebbero cominciati prima della stipula degli accordi pubblicitari tra la compagnia e la società di Grillo (che risalgono al 2018 e 2019) e che sarebbero proseguiti anche dopo, concentrandosi su tre punti precisi: contenzioso civile tra Tirrenia (che in quel momento era in amministrazione straordinaria e che era stata di proprietà di Onorato) e il gruppo di armatori napoletani, limitazione dei benefici fiscali alle sole navi che imbarcano equipaggi italiani e comunitari e proroga della convenzione fra lo Stato e la Cin per la continuità territoriale marittima.Toninelli annunciò subito: «Porremmo fine al monopolio Tirrenia». Addirittura arrivò a minacciare di querela Onorato.Nel frattempo l’azienda andava avanti in virtù di un contratto per cui dal 2012, a fronte del servizio pubblico prestato, riceveva 72 milioni di euro l’anno. Una convenzione destinata a finire e a essere rimessa in gara nel 2020. Almeno stando alle dichiarazioni di Toninelli. In realtà con la formazione del governo Conte 2 e il cambio di ministro le proroghe sono continuate. Invece, durante il gabinetto gialloverde, dal ministero dei Trasporti arrivarono sanzioni per violazione della convenzione per un totale di 500.000 euro, tutte impugnate al Tar da Onorato, che ottenne delle parziali dilazioni. Ma non degli sconti dal ministro pentastellato che, sui social, il 18 gennaio 2019, ricordava che «il livello del suo servizio stava peggiorando sempre più».Alla fine, ieri sera, siamo riusciti anche noi a chattare con Toninelli. Il quale ha subito precisato: «Non ho mai ricevuto alcuna pressione e non avrei mai permesso che la concessione fosse prorogata. E glielo dico in generale. La proroga è una sconfitta per lo Stato ed è una vittoria per il colosso industriale che gestisce il bene o servizio pubblico». Ma in queste ore sta trapelando che avrebbe ricevuto messaggi per ammorbidire la sua linea su Onorato… «Le ripeto che nessuno mi ha mai chiesto di fare favori ad un concessionario, compreso nel caso di cui stiamo parlando».E allora perché Grillo è indagato se non ha mandato messaggi o non ha fatto pressioni? Risposta: «Lo chieda al pm. A me Beppe non ha mai chiesto di fare favori e la mia condotta con Onorato era intransigente esattamente come quelle tenute con tutti gli altri concessionari».Perdoni l’insistenza: ma i messaggi su e con Onorato esistono? «Mi scusi, ma più che dirle che non ho mai ricevuto pressioni da alcuno non so cosa fare…».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gli-incassi-di-moby-finiti-a-singapore-nei-messaggi-spunta-anche-toninelli-2656436139.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-trattativa-con-la-societa-di-renzi-e-la-mediazione-dellex-pd-carbone" data-post-id="2656436139" data-published-at="1642629110" data-use-pagination="False"> La trattativa con la società di Renzi e la mediazione dell’ex pd Carbone Il 2019, anno dell’accordo con la Digistart di Matteo Renzi e Marco Carrai, è stato rocambolesco per Moby, la compagina di navigazione dell’armatore Vincenzo Onorato indagato dalla Procura di Milano per traffico di influenze insieme al «garante» del Movimento 5 stelle Beppe Grillo. Nell’ottobre di quell’anno infatti, la Moby sfuggi al fallimento, chiesto al Tribunale di Milano da fondi di investimento che avevano acquistato bond da 300 milioni di euro emessi nel 2016 in Lussemburgo. È in quel clima che Onorato si rivolge alla società di Renzi e Carrai per trovare investitori. Come rivelato ieri dalla Verità il rapporto emerge da uno scambio di email intercorso nell’estate di quell’anno tra Onorato e l’ex parlamentare del Pd Ernesto Carbone, che secondo quanto risulta al nostro giornale sarebbe stato l’avvocato che ha curato per conto dell’armatore la trattativa con la Digistart. In effetti, il 2 agosto 2019 è proprio Carbone (che ieri ci ha risposto dicendo di non poter rilasciare commenti sulla sua attività professionale) che scrive a Carrai: «Nello scambio di mail trovi le modifiche che hanno (Moby, ndr) fatto. Ma come vedrai nulla di sostanziale. Fammi sapere. Se ok. Firmano subito EC». La versione originale dell’accordo con Moby, agli atti dell’inchiesta della Procura di Firenze sulla fondazione Open (nella quale non risultano indagati in relazione ai rapporti con Onorato) prevedeva che la Digistart nella qualità di «advisor», con la previsione di una «success fee» dell’1,5%» si occupasse per Moby di «business development» e svolgesse il ruolo di «public affair advisor». Il 5 agosto Carbone «inoltra a Carrai Marco i file pdf dei documenti» che sono «debitamente sottoscritti da parte della “Moby”» chiedendo a Carrai: «Mi rimandi per favore tutto firmato. Un saluto EC». Ma la vita della Digistart, fondata a maggio 2019 è stata troppo breve per risolvere i guai di Moby. A fine settembre dello stesso anno infatti la notizia dell’esistenza della Digistart diventa di dominio pubblico, anche attraverso un articolo del settimanale Panorama. E due mesi dopo, il 23 novembre, il fu Rottamatore scioglie la società, con un atto redatto dal notaio fiorentino Filippo Russo, che porterà alla chiusura definitiva della Digistart nel febbraio 2020. Quel giorno Renzi agisce nella sua qualità di amministratore e socio unico e delibera lo scioglimento anticipato e la messa in liquidazione. A settembre 2019, in corrispondenza con la nascita di Italia viva, Renzi aveva lasciato la carica di amministratore unico a Carrai, che però si era dimesso pochi giorni dopo, quindi la carica era tornata all’ex premier. Secondo quanto risulta alla Verità Carrai si sarebbe dimesso dopo gli articoli di stampa sulla Digistart, per il timore di diventare una «persona politicamente esposta», categoria soggetta a controlli stringenti sui movimenti bancari. Nel 2020 Moby presenta un’istanza prenotativa al tribunale di Milano, che sulle testate online del settore marittimo come Shipmag viene definita come «l’anticamera del concordato in “bianco”». Un atto che, come riporta una nota di Moby dell’epoca fa si che l’assemblea dei soci «non sarà chiamata a deliberare l’approvazione del bilancio per l’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019». Bilancio che sarà poi depositato a gennaio 2021 con numeri drammatici: una perdita di 198,34 milioni di euro, in crescita vertiginosa rispetto ai -6,9 milioni dell’anno precedente. Il concordato arriverà poi nel luglio del 2021, dopo che la pandemia aveva danneggiato ancora di più l’intero comparto marittimo.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?