2019-03-12
Gli arabi non invadono l’Italia, la comprano
Hotel a cinque stelle, griffe di alta moda, aziende di tradizione, centri residenziali di lusso e persino ospedali e scuole. La penetrazione della finanza islamica nel nostro Paese è avanzatissima: a un certo punto, i padroni vorranno comandare.Piazza Affari? È controllata dalla società London Stock Exchange, che a sua volta è controllata da un Paese arabo. Il Bosco Verticale, gioiello dell'architettura mondiale, simbolo della Milano del Terzo Millennio? È di proprietà di un Paese arabo. Palazzo San Fedele, ex sede dello storico teatro Manzoni, culla della cultura ambrosiana, all'ombra dell'omonima chiesa del Cinquecento? È di proprietà di un Paese arabo. E sempre i Paesi arabi controllano anche l'hotel Principe di Savoia, l'Excelsior Gallia, l'intera zona di Porta Nuova, il palazzo del Credit Suisse dietro piazza della Scala. Ora hanno acquistato anche i 68.000 metri quadrati di Gioia 22, 26 piani di superficie e 4 interrati, piazzandoci la bellezza di 6.000 pannelli fotovoltaici (lo inaugureranno nel 2020 e sarà «il palazzo più ecocompatibile della metropoli», assicurano). E si stanno buttando anche sugli ex scali Fs di via Farini. «Siamo a Milano e vogliamo investire sempre più a Milano», hanno assicurato solo poche settimane fa. Una promessa. O, forse, una minaccia. In attesa di sapere come finirà la partita degli arabi alla Scala e con il timore di vedere un giorno la Madonnina con il burqa (se per soldi si può far tutto, perché escluderlo?), basta alzare gli occhi dal risotto allo zafferano per scoprire che ha già un incredibile sapore di kebab. Milano, infatti, parla già arabo da un pezzo. E mica solo Milano, per altro. Palazzo Gritti a Venezia? Arabo. Palazzo della Gherardesca a Firenze? Arabo. Il Westin Excelsior a Roma? Arabo. Il Capri Palace Hotel di Anacapri? Arabo. La maison Ferrè? Araba. Corneliani? Pure. La Dainese, storica azienda che ha fatto le tute per Giacomo Agostini e Valentino Rossi? Pure. Speriamo che non finiscano come la Piaggio Aerospace di Villanova d'Albenga, che i fondi di Abu Dhabi hanno provveduto a rilevare e lasciare in ginocchio, lasciando 1.300 operai sulla strada. Scioperi, picchetti, marce, proteste. E infine la solita idea: bussare soldi al governo italiano perché metta mano al portafoglio con maxicommesse o rilevando parte del capitale. Roba da genio della lampada, si capisce. Meglio che Aladino. I capitali di Abu Dhabi, caso mai vi fosse sfuggito, sono quelli già entrati e usciti, senza grandi successi per la verità, dall'Alitalia. Prim'ancora avevano fatto capolino anche nella Ferrari, oggi sono nelle principali banche (Unicredit) e hanno stretto accordi con Benetton per le telecomunicazioni. Il Kuwait, con il suo Kia, il fondo arabo più antico (410 miliardi di dollari a disposizione) ha investito invece 500 milioni di dollari per finanziare il Fondo strategico della Cassa depositi e prestiti. Obiettivo? Entrare in tutti i settori chiave dello Stato italiano, a cominciare dalle Poste. Ma i più attivi sono gli emiri del Qatar, che oltre a comprare mezza Milano, pezzi di Firenze e i più bei palazzi di Roma, sono entrati un po' dappertutto, dal rigassificatore di Rovigo all'Inalca, che oltre alla carne in scatola Montana, lavora anche carne di maiale. La quale, evidentemente, non è proibita agli islamici se anziché in tavola finisce in cassaforte. Ma la verità è che il Qatar, paese noto per la sua amicizia con i Fratelli musulmani, ospite accogliente delle frange violente di Hamas, nonché sponsor di tutte le iniziative anti Israele, si sta comprando pezzo a pezzo tutta la Penisola. Come agiscono lo si è visto in Sardegna dove ormai comandano loro da un pezzo: in Costa Smeralda non muove foglia che l'emiro non voglia. A tal punto che l'anno scorso volevano persino dedicare la nuova scuola elementare di Olbia, ricostruita dopo l'alluvione costata la vita a 16 persone, alla mamma del medesimo, Sheika Mozah bint Nasser al Missned. Per fortuna la notizia uscì, i parenti dei bambini morti si indignarono e la sciagurata iniziativa fu bloccata. La potenza degli arabi, comunque, in Sardegna ha già dato un saggio esplicito di quello che può produrre, banconota dopo banconota. I qatarini che controllano la Costa Smeralda, infatti hanno messo le mani anche sulla compagnia aerea ex Meridiana, che oggi si chiama Air Italy e ha annunciato una serie di investimenti che la potrebbero trasformare nel primo operatore dei cieli italiani. E ora, dopo aver preso in gestione gli aeroporti dei sardi, i loro alberghi, la loro economia, si sono spinti più nell'intimo: vogliono gestire la loro salute. Hanno messo sul piatto 1 miliardo di euro per realizzare il colossale ospedale Mater Olbia, struttura sanitaria extralusso, sette piani, 300 posti letto, che sarà un punto fermo della sanità regionale, con tutte le autorizzazioni necessarie, e ovviamente accreditamenti e finanziamenti pubblici. Così, tra breve, in Sardegna per avere speranza di guarire davvero bisognerà rivolgere una preghiera all'emiro. Mater Olbia, si capisce. Ma Pater Sceicco, ormai. Anche i sauditi, però, non stanno a guardare. Il miliardario di Riad Fawaz Alhokair, per esempio, ha allungato le mani sull'ex area Falck di Sesto San Giovanni. Avete presente l'ex Stalingrado d'Italia, uno dei più antichi cuori industriali del Paese, la culla dell'orgoglio operaio, il regno incontrastato di Cipputi? Tutto finito. Ora, al posto delle acciaierie sorgerà un gigantesco centro commerciale made di Arabia. E intanto da Roma a Torino si organizzano convegni per dire quanto ci sia bisogno della nuova «finanza islamica», capace di applicare le regole della sharia mentre acquista pezzo a pezzo il nostro Paese. Del resto come fermarla? La finanza islamica trabocca di denaro. Non sa più dove metterlo. In pochi anni ha superato un giro d'affari planetario di 2.500 miliardi di dollari e si prevede che entro il 2021 potrebbe raggiungere quota 4.000. Quantità di liquidi che hanno la capacità di far diventare simpatico qualsiasi emiro. Poligamia compresa. E allora perché preoccuparsi? Avanti: pecunia non olet. Gli arabi alla scala, il Qatar negli ospedali, il Bahrein nella moda, e avanti verso l'Italia Saudita. Bisogna essere felici, dicono. Bisogna accoglierli con il tappeto rosso. Ponti d'oro. Bisogna andare incontro agli sceicchi con il campionario del nostro Paese in mano e chiedere loro: «Vucumprà?». Ma sì: dobbiamo diventare i nuovi vucumprà. Anziché braccialetti e asciugamani metteremo in offerta San Babila e Castello Sforzesco, la Mole Antonelliana e Ponte di Rialto, un pezzo di Tavoliere delle Puglie o Villa Reale di Monza. Volete altro? Non fatevi problemi. Chiedete e vi sarà dato, e scusate se abbiamo citato il Vangelo. Non lo faremo più. Anzi chiederemo a Sant'Ambrogio si inginocchiarsi cinque volte al giorno verso la Mecca in cambio di un finanziamento alla basilica. Nell'Italia Saudita, temiamo, si userà così.
(Totaleu)
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