2018-06-03
Gli antifascisti da salotto lanciano l’allarme
Il direttore di «Repubblica» definisce Matteo Salvini «il politico più incendiario e reazionario», invocando una nuova Resistenza. Ma persino l'editorialista rosso Michele Serra smorza i toni: «Dire che questo governo è di estrema destra è propaganda».Allacciate le cinture, sta per partire la mobilitazione democratica contro il nuovo governo. La chiamata alle armi l'ha anticipata ieri il direttore di Repubblica, con un editoriale in prima pagina dal tono cupo che non ammette repliche. Nel giorno d'insediamento dell'esecutivo presieduto da Giuseppe Conte, il giornale che per anni ha guidato la sinistra e ora fatica a guidare sé stesso, invece di tirare un sospiro di sollievo per la fine di una crisi che si è trascinata per mesi e ha sfinito il Paese, è rimasto con il fiato sospeso. Nessuno a largo Fochetti, dove ha sede la redazione del quotidiano debenedettiano, avrebbe scommesso un soldo sull'alleanza fra Lega e 5 stelle. Da Mario Calabresi in giù, tifavano tutti per un'intesa fra pentastellati e piddini, così da poter iscrivere il nuovo governo giallorosso nell'album degli esecutivi fra compagni. Invece, a sorpresa, è spuntato un ircocervo gialloblù, tenuto a battesimo da un campano e un lombardo, ossia da due tizi che vanno d'accordo come il giorno e la notte. L'unione fra Luigi Di Maio e Matteo Salvini ha spinto Repubblica, che pure benedice qualsiasi unione di fatto a patto che sia innaturale, a imbracciare il fucile, proclamando una nuova resistenza all'intesa contro natura fra il Movimento e la destra peggiore. Ha scritto Calabresi che quello di venerdì, quando Conte e i ministri hanno giurato, non può essere considerato un giorno normale, perché è il giorno in cui «il più reazionario e il più incendiario dei nostri politici» è entrato al Viminale. Il senso è chiaro: se Marine Le Pen e Viktor Orban gioiscono e applaudono per il successo del capo della Lega che conquista il ministero dell'Interno, il fascismo è alle porte.In realtà alle porte, anzi nei porti, più che uomini in camicia nera abbiamo tanti neri, africani che scappano dal loro Paese nella convinzione che da noi si possa stare meglio. E in effetti stanno meglio, anche perché una parte di loro vive al di fuori delle regole e se ne trova traccia nei brogliacci giornalieri delle questure. Calabresi e compagni, tuttavia, non sembrano essersi accorti del fenomeno, convinti che non siano i migranti a far lievitare i voti della Lega, partito che in pochi anni ha scalato le percentuali arrivando secondo i sondaggisti a lambire il 30%. No, per Repubblica il tema che deve suscitare allarme non è l'alta percentuale di stranieri fra coloro che commettono reati, ma l'alto tasso di fascisti a Palazzo Chigi. E dunque, meglio prepararsi, allacciando le cinture.L'antifascismo, del resto, è la coperta di Linus della sinistra. Quando sono in difficoltà e non comprendono quale strada imboccare, i compagni tirano fuori dagli armadi della storia il babau dell'uomo forte. Attenti, il Duce è dietro l'angolo, la Repubblica di Weimar è a un passo, le discriminazioni razziali sono pronte. Scossi da fenomeni che non comprendono, ma temono, intellettuali e politici di sinistra si attaccano al passato senza sforzarsi di capire il futuro. A loro basta accusare di populismo chiunque si azzardi a cercare soluzioni ai problemi del Paese. Del resto la mobilitazione democratica è un rito che serve a esorcizzare la paura della sconfitta e a confermare la propria supremazia culturale anche se si è, giorno dopo giorno, sempre più in minoranza. Dire che i barbari occupano il Viminale e si devono mobiliare le piazze, chiamando tutti alla vigilanza, è un antidepressivo che rafforza l'autostima, cosa di cui c'è un assoluto bisogno quando si passa di sconfitta in sconfitta.Neppure le meste adunate convocate dal Pd in difesa della Costituzione, a Roma e Milano, spingono alla riflessione. Nonostante di anno in anno i cortei si assottiglino, per la sinistra è sempre allarme democratico e l'antidoto a ogni stagione politica di cambiamento che la escluda rimane la Resistenza contro il nuovo fascismo, a volte incarnato da Silvio Berlusconi, altre da Salvini. Lo sforzo di capire che cosa sia successo in questi anni, perché chi votava per i compagni abbia loro voltato le spalle, preferendo il fascista Salvini al difensore della Costituzione Maurizio Martina, non è contemplato, ma semmai esorcizzato con la mobilitazione delle masse.Per una volta quindi capita di essere d'accordo con Michele Serra, il corsivista che steso sull'«Amaca» dispensa pensierini quotidiani dalle pagine di Repubblica. Ieri, quasi a far da contraltare a Calabresi, scriveva: «Chi critica le semplificazioni del populismo dovrebbe a sua volta stare attento alle semplificazioni propagandistiche, la prima delle quali è dire che questo è un governo di estrema destra». Traduzione: potete slacciare le cinture e cominciare a pensare.
Massimo Cacciari (Getty Images)
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo