2020-07-18
Conte si riprende gli aiuti alle imprese
Da qui alla fine di luglio ci saranno 246 appuntamenti con il fisco, le partite Iva dovranno pagare 34 miliardi. In pratica lo Stato si riprende quasi interamente i soldi distribuiti con il decreto Liquidità a maggio e giugno.Che la potenza di fuoco fosse in realtà un buco nell'acqua lo si era capito da tempo. Che la promessa di fondi fosse in realtà una presa per i fondelli, pure. Che gli italiani, aspettando la pioggia di denaro annunciata da Conte, fossero condannati a una siccità da Sahara, lo sospettavamo. Così come non abbiamo mai avuto dubbi che l'unica vera liquidità vista negli ultimi mesi fosse quella del cervello di alcuni esponenti del governo, di consistenza paragonabile all'acqua fresca. Ma che si arrivasse in tempi tanto rapidi e in modo tanto lampante a dimostrare la grande beffa dei prestiti a favor d'erario era difficile da immaginare. Eppure è successo. E infatti in queste ore migliaia di piccole aziende, commercianti, artigiani e partite Iva si stanno interrogando con un po' d'angoscia: ma lo Stato mi ha aiutato, quel poco che mi ha aiutato, soltanto perché potessimo pagare le tasse e poi morire? Poveri imprenditori: pensavano di avere ricevuto un contributo. Invece era un con-tributo. Cioè una compartecipazione minima e limitata esclusivamente a favorire il pagamento dei tributi. Stop. Del resto si sa: ai signori della potenza di fuoco non è mai importato nulla della vita e della prosperità delle aziende. Delle scadenze fiscali invece sì, di quelle importa moltissimo: infatti gli adempimenti del 30 giugno sono stati spostati avanti appena di qualche giorno, nonostante le richieste pressanti di professionisti e operatori, che non hanno smesso di supplicare per avere un po' più di respiro, almeno fino a fine settembre. Niente da fare. Dal ministero dell'Economia escono solo niet su niet. E così il risultato è drammatico: da qui alla fine di luglio ci saranno infatti 246 appuntamenti con il fisco, di cui 230 (il 93 per cento) consistono in versamenti di denaro sonante. Soltanto tra saldo Irpef (6,2 miliardi di euro), saldo Ires (7,1 miliardi), acconto Irpef (7,4 miliardi) e acconto Ires (13,2 miliardi), le partite Iva si trovano a pagare circa 34 miliardi di euro. Sapete quanti soldi sono stati distribuiti, in tutto, con il decreto liquidità? 50 miliardi di euro. Dunque lo Stato ha fatto arrivare alle imprese 50 miliardi di euro tra maggio e giugno per poterne riprendere 34 a luglio. E i prossimi se li prenderà tra breve. Non è fantastico? Potrebbe sembrare una partita di giro. Se non fosse, invece, una presa in giro. Lo avevamo detto fin dall'inizio: attenti alla trappola. Ma allora, ricordate, il governo a reti (e Facebook) unificate continuava a elencare cifre iperboliche di denari che stavano cascando sulla testa degli italiani. A forza di sentire annunci di miliardi in arrivo di qui e miliardi in arrivo di là ci eravamo tutti convinti che avremmo potuto nuotare per mesi in un tranquillo oceano di quattrini. Era tutto talmente esagerato che sembrava impossibile. Infatti, per quel motivo, ci era venuto qualche sospetto: non è che ci stanno raccontando balle? Non è che la pochette nasconde l'inganno? I soliti cicisbei del Conte ci avevano zittiti in malo modo: macché, non vedi? Non vedi quanti soldi sono a disposizione? C'è il Cura Italia. Poi il decreto Rilancio. Poi i 600 euro (con la consueta efficienza dell'Inps). Poi i soldi per la cassa integrazione (ah ah). E poi lui, il padre di tutti gli aiuti, il decreto Liquidità, quello della potenza di fuoco, quello del moltiplicatore monetario, quello che con la garanzia dello Stato avrebbe dovuto permettere alle banche di concedere sull'unghia 400 miliardi alle imprese. Senza problemi. Senza difficoltà. Senza burocrazia. E invece, come volevasi dimostrare, il decreto Liquidità era una truffa. Tanto per cominciare ci siamo accorti subito che tra il dire e il fare c'era di mezzo una mare di guai. Alcune banche infatti hanno fatta finta di non sentire. Altre di non capire. Le pratiche si sono fermate. Altre sono state insabbiate. Chi ha chiesto garanzie aggiuntive. Chi ha accampato scuse. Chi c'era, chi non c'era, chi c'era però dormiva. Insomma, un bordello. In sostanza le richieste degli imprenditori in 7 casi su 8 sono state respinte. O non accolte. O lasciate cadere. Alla fine, dei 400 miliardi promessi, ne sono stati distribuiti dalle banche appena 50. E ora scopriamo che di questi 50, entro fine luglio, almeno 34 saranno girati direttamente nelle casse dello erario. Con un dettaglio non da poco: alle aziende resteranno i debiti con le banche. Garantiti dallo Stato, si capisce, ma in ogni caso da rimborsare. Nei tempi previsti. Senza sconti. Senza se e senza ma. E così, alla fine, il grande risultato della potenza di fuoco è stato quello di far indebitare gli imprenditori in modo che avessero i soldi per pagare le imposte. O forse, a questo punto sarebbe meglio dire, per pagare gli impostori.
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