2021-08-14
Conte scopre Milano come Totò e gli schiaffoni sono per il sindaco
Giuseppe Conte (Getty Images-IStock)
In una lettera al «Corriere» invoca una legge speciale per la città che deve tornare a essere locomotiva e diventare smart. Palazzo Marino ritiene che lo sia da anni. Altro passo falso: la promessa di più statalismo.Cronache dal nuovo umanesimo. «A Milano abbiamo commesso degli errori. D'ora in poi solo competenza». Giuseppe Conte ha trovato la ricetta per rendere meno insignificante il Movimento 5 stelle al Nord. E infatti, nel segno della professionalità ritrovata con lui al comando, sostiene che nel capoluogo lombardo ci sono 200.000 bambini poveri, che alle periferie come il Giambellino o la Bovisa servono «vertical farm per produrre cibo in maniera sostenibile», che per rilanciare la città sono fondamentali una «economia ecosociale di mercato» (proprio così) e una legge speciale. Tutto questo non si è squagliato sui lastroni di piazza Duomo come una pallina di gelato al gianduia caduta al turista distratto. Non lo ha fatto perché è scritto sul Corriere della Sera in forma di lettera aperta sillabata da Totò e Peppino, di pietra angolare della sfida pentastellata alla mitologica Questione settentrionale.Conte che spiega innanzitutto al Pd governante come rivolvere un problema incomprensibile per la sinistra da 30 anni, costituisce uno scoop di un certo peso. E se lo fa trasformando Milano in un enorme suk egiziano, la cosa si fa ancora più originale. Ovviamente i bambini poveri non potrebbero essere 200.000, visto che secondo l'Istat ci sono 175.000 under 14 in totale, compresi i figli dei calciatori, dei Ferragnez e degli elettori radical chic di Beppe Sala. E infatti dopo qualche ora di lazzi stereo arriva la precisazione: sono 20.000 (comunque troppi), colpa di un errore di battitura. Ma la sottolineatura dovrebbe mettere sull'avviso l'ex premier: non era stato lui, nella sua prima vita, ad abolire la povertà?Inutile aggiungere che la lettera è una sequenza pop di luoghi comuni svolazzanti nell'aria ferma di Ferragosto, nel solco del miglior Casalino's speech. Sulle vertical farm nelle periferie per produrre cibo perfino Sala, il Vanity sindaco dalle calze arcobaleno, però avrebbe un moto d'invidia: «Perché non l'ho pensata io?». Effettivamente ci vuole della fantasia ad immaginare una Milano cacciavite autosufficiente a livello alimentare grazie agli orti sui tetti. Non tetti qualsiasi, mi raccomando, ma progettati da archistar come Stefano Boeri che già qualche esperimento con le piante rampicanti lo ha tentato. Nessuno ha fatto notare a Conte che, essendo Milano uno snodo di mercati internazionali, di tutto avrebbe bisogno tranne che di essere autosufficiente dal punto di vista alimentare. Per colmare la lacuna il suo proconsole meneghino, Stefano Buffagni, potrebbe regalargli a Natale la storia dei Navigli.«D'ora in poi solo competenza». E qui Conte estrae la bacchetta magica per annunciare: «Serve una legge speciale per Milano». Significa soldi, qualche miliardo dei contribuenti com'è accaduto per Roma e Napoli nell'inutile tentativo di tappare i buchi di bilancio; significa denaro elettorale per provare a rianimare l'asfittico movimento che nel Nord produttivo non esiste. Un metodo levantino perdente sopra il Po. Quando promette più sostegno pubblico (quindi più Stato, più burocrazia, più assistenzialismo, più romanità) a qualche milione di persone che da secoli supplica il Palazzo di stare alla larga per non fare danni, si ha la conferma che l'ex premier parla di una terra incognita mai neppure avvicinata. È lo stesso Conte che, salito a Bergamo per l'inchiesta sulle zone rosse, dopo qualche frase indigesta da pifferaio dovette scappare con il favore delle tenebre per non essere travolto dalla contestazione. «Ha scoperto l'importanza della Lombardia e di Milano, ma semplicemente non è credibile», sottolinea l'assessore regionale e commissario milanese della Lega, Stefano Bolognini. «Negli ultimi due anni non ha fatto niente né per l'una né per l'altra». Di fronte alle tavole contiane del nuovo umanesimo meneghino è curioso notare il silenzio di Sala, che ad oggi anela un appoggio elettorale soprattutto nell'eventualità del ballottaggio. Però occulto per non ottenere l'effetto sfollagente che i 5 stelle hanno su chi si approssima alle urne. Silenzio assenso? Eppure le uniche legnate sono sulla schiena del Vanity sindaco. Quando Conte chiede a Milano di «diventare finalmente smart», in realtà sollecita una digitalizzazione dei servizi che Sala è convinto di avere completato da tempo. E quando invita la metropoli del Nord a «tornare ad essere locomotiva del paese», in realtà prende atto di un decadimento progettuale che Sala ha sempre negato. Ben diverso l'approccio di Giorgio Gori (per restare nei dintorni del Pd): legge la lettera e subito twitta, parafrasando il Cetto, «Cchiù pilu per tutti». Quando vuole, il Conte-Totò non ha limiti. Arriva a sostenere che bisogna agire nel «prosieguo dell'eredità che Expo 2015 ci ha lasciato». Per i grillini, ferocemente contrari, quell'eredità era peggio delle scie chimiche.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)