2023-11-05
Il salvagente Amato soccorre la sinistra che teme di annegare senza «re» al Colle
Elly Schlein e Giuliano Amato (Ansa)
Il dottor Sottile boccia il premierato: «Riduce il capo dello Stato a un pallocino sgonfiato». Ma un tempo lo volevano gli ex Pci.Piangono per il Parlamento umiliato, la Costituzione minacciata, la deriva autoritaria. Ma alla sinistra, in realtà, interessa schermare una sola figura dalla riforma che introduce il premierato: il presidente della Repubblica. Il capo dello Stato è l’unico «al riparo dal processo elettorale», per dirla con Mario Monti. E chi alle urne colleziona batoste, ci tiene a conservare uno spazio in cui a decidere è il palazzo, magari abitato da personalità culturalmente affini. Se il popolo non è d’accordo, è inutile nominarne uno nuovo; è più saggio affidarsi a un organo «di garanzia», come lo chiama chi è convinto di essere il garantito. Se non si vince la partita della democrazia, ci si aggrappa a un aiutino istituzionale. Approfittando di una fortunata coincidenza: al Quirinale, da anni, finiscono personalità piuttosto benevole con i dem. È da tale premura che deriva l’ennesima, irruenta discesa in campo di Giuliano Amato. Ieri, con due pagine di intervista su Repubblica, l’ex premier ed ex capo della Consulta ha demolito la legge licenziata dal cdm di venerdì, criticando la limitazione delle prerogative del Colle in caso di crisi di governo. Nell’eventualità in cui un presidente del Consiglio decada o si dimetta, infatti, il capo dello Stato, secondo la nuova norma, dovrebbe o reincaricarlo, oppure assegnare il mandato a un altro onorevole della stessa coalizione. La riforma, lamenta il dottor Sottile, «depotenzia ulteriormente» il capo dello Stato «e restringe ancora di più il ruolo del Parlamento come fonte di legittimazione». Anzi, peggio: «Va a minare proprio l’autorevolezza di cui ha finora goduto il presidente della Repubblica in quella funzione di garanzia che esercita attraverso atti formali e atti informali». In particolare, supponiamo, tramite atti informali. Tipo le scelte politiche in virtù delle quali Giorgio Napolitano ha spianato la strada al tecnico Monti, o Sergio Mattarella ha negato elezioni anticipate, chiamando a Palazzo Chigi il banchiere Mario Draghi. Un’interpretazione interventista, più che garantista, del loro ruolo. Legittima, ancorché poco sensibile ai desiderata del popolo sovrano. In tal senso, stupisce il rilievo del giurista: col premierato, ha lamentato, ci si potrebbe ritrovare «in carica un primo ministro a cui non corrisponde più una maggioranza di cittadini». Ma quanto è durata la luna di miele tra l’opinione pubblica e il prof della Bocconi o Mr Bce? Allora, andava tutto bene?Amato, acuto analista, lo riconosce: la centralità del presidente della Repubblica è cresciuta «man mano che le forze politiche hanno manifestato debolezza e litigiosità». Ed è qui che sta il bivio tra due filosofie.Una si aggrappa alla favoletta del «potere neutro», che copre l’arbitrio di chi può «imporre qualcosa a quei discoli della politica». Lo avrebbe fatto, a detta dell’ex giudice costituzionale, lo stesso Mattarella. Quando il meccanismo s’inceppa, il compito di sbloccarlo spetta all’uomo che non ha bisogno di rispondere agli elettori. L’altro filone di pensiero sostiene che la parola debba esser data ai cittadini. Guardate la Spagna: lì, lo stallo istituzionale è stato affrontato votando e rivotando. Entrambe le opzioni hanno i loro difetti: il sogno democratico rischia di degenerare in incubo plebiscitario; l’esigenza di temperare le sbandate delle masse tende a incoraggiare tentazioni tecnocratiche. È arduo trovare un equilibrio. Beninteso: la riforma voluta dal centrodestra ha i suoi limiti. Ma veramente il problema è che riduce il capo dello Stato a un «palloncino sgonfiato»? O la preoccupazione di Amato è collegata, più che all’idea di circoscrivere l’azione del presidente, alle conseguenze che avrebbe, per le forze progressiste, fermare la «monarchizzazione» del Colle? Lorsignori temono sul serio che al Quirinale entrino dei fantocci? Oppure hanno paura che ceda l’ultima imbracatura, quella che impediva alla sinistra, mollata dalla gente, di precipitare? Perdono voti e vogliono essere tutelati da un «re»? A osservare il fuoco di fila di stampa, giuristi e parlamentari, qualche sospetto viene. E a chi intravede scenari apocalittici, o arriva a evocare le dimissioni di un Mattarella sdegnato, è il caso di ricordare che il premierato non è certo un’invenzione dei fan del Signore degli anelli, come li sbeffeggia Amato. Ai tempi della bicamerale di Massimo D’Alema, una formula simile venne elaborata dal senatore Cesare Salvi, personalità di spicco di Botteghe Oscure. Mentre Repubblica, oggi scandalizzata per il presunto attentato alla Costituzione, durante l’era di Matteo Renzi, benché con un editore diverso, non difese a spada tratta la «più bella del mondo». A sinistra, tanta è l’agitazione, che Elly Schlein, contro la proposta «pasticciata» e «incostituzionale» di Giorgia Meloni & C, si è messa a promettere ostruzionismo in Aula. Riesumando quel metodo Calderoli che i dem consideravano un’offesa al Parlamento. È chiaro, pertanto, che in ballo c’è qualcosa di più grosso della tana libera tutti per i «discoli» della politica. Chi di elitismo ferisce, alle urne perisce. A meno che non lo soccorra qualche alleato potente.
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