L’Associazione nazionale magistrati critica la collega: «Frasi inaccettabili». Con noi Viviana Del Tedesco aveva magnificato la forma atletica del nigeriano che ha ucciso a botte una donna e aveva minimizzato i suoi numerosi precedenti: «Persona corretta». Si muove anche il Csm. Lei: «Parole rubate». Ascolta qui l’audio.
L’Associazione nazionale magistrati critica la collega: «Frasi inaccettabili». Con noi Viviana Del Tedesco aveva magnificato la forma atletica del nigeriano che ha ucciso a botte una donna e aveva minimizzato i suoi numerosi precedenti: «Persona corretta». Si muove anche il Csm. Lei: «Parole rubate». Ascolta qui l’audio. «Ci vuole un fisico bestiale» cantava trent’anni fa Luca Carboni. E senza ombra di dubbio era bestiale il corpo nerboruto che ha ucciso con una gragnola di pugni un’inerme sessantenne, Iris Setti. Infatti dal 5 agosto sembra assodato che a massacrare in un parco la pensionata siano stati i muscoli mortiferi del trentasettenne nigeriano Chukwuka Nweke, un vagabondo che si allenava nei giardini tra una birra e un’altra. Ma quel fisico bestiale, o meglio «spettacolare», per dirla con le parole della procuratrice di Rovereto Viviana Del Tedesco, non solo avrebbe tolto la vita a una minuta signora uccisa non si sa ancora per quale motivo, ma, forse ha anche azzoppato la carriera della stessa toga che ha in carico il caso. Infatti dopo l’intervista rilasciata dalla Del Tedesco alla Verità, in cui decantava le doti fisiche del presunto (ma quasi certo) assassino, sono intervenuti sia il Consiglio superiore della magistratura che l’Associazione nazionale magistrati, il sindacato unico delle toghe. Le due consigliere laiche del parlamentino dei giudici Claudia Eccher (Lega) e Isabella Bertolini (Fratelli d’Italia) ieri hanno annunciato di voler formalizzare al Comitato di presidenza, alla riapertura del Csm dopo la pausa estiva, una richiesta per avviare due pratiche sugli ultimi casi di omicidio a Rovereto, quello di Iris Setti e quello di Mara Fait, l’infermiera in pensione uccisa dal vicino di casa albanese, Ilir Shehi Zyba, con un’ascia, al culmine dell’ennesima lite per motivi condominiali. «I cittadini», ha spiegato la Eccher alla Verità, «ci fermano per strada e ci chiedono risposte rispetto ai due efferatissimi delitti. Noi abbiamo il dovere di accertare se le indagini siano state svolte in maniera regolare o se ci siano state negligenze, carenze o leggerezze». La Eccher non commenta le affermazioni della procuratrice, ma osserva che «se quelle parole corrispondessero al suo pensiero sarebbero gravemente inopportune». E precisa: «Per approfondire l’unico strumento che abbiamo è una richiesta di apertura della pratica al Csm, che io e la collega seguiremo personalmente nel suo iter». Il secondo step è un’istruttoria. Infine viene formulata una proposta di delibera e a quel punto, se dovessero essere riscontrate le condizioni, si apre un procedimento disciplinare. Intanto la giunta distrettuale dell’Anm del Trentino Alto Adige ha preso una posizione molto spigolosa nei confronti della collega: «Questa giunta», si legge nella nota diffusa dal presidente del Tribunale di Bolzano Francesca Bortolotti in rappresentanza della giunta distrettuale dell’Anm, «interviene per esprimere, in maniera pacata, ma ferma, la propria presa di distanze dalle dichiarazioni della dottoressa Del Tedesco, che trova discutibili e inopportune sia nel contenuto sia nel tenore». Le toghe dell’Anm si augurano «che al più presto arrivi una smentita, sebbene la pluralità di dichiarazioni che gli organi di stampa le attribuiscono nelle interviste renda difficile pensare che siano state amplificate o, peggio, travisate». Oggi sull’edizione digitale della Verità sarà possibile ascoltare l’audio con le frasi più significative. «Non sembra», sostiene l’Anm, «che, nelle dichiarazioni che le sono attribuite, la dottoressa Del Tedesco abbia fatto un uso accorto del potere di conferire con gli organi di stampa, se è vero che sono state riportate espressioni che palesemente esondano dagli argini che la pendenza di un procedimento penale imponeva di rispettare». A spazzare ogni dubbio sull’autenticità delle affermazioni della procuratrice ci ha pensato la diretta interessata la quale ha spiegato alle agenzie quanto segue: «Si tratta di parole rubate senza alcuna autorizzazione alla pubblicazione». La procuratrice ha aggiunto: «Sono stata contattata sul telefono personale da un giornalista del quotidiano La Verità al quale ho immediatamente detto che non rilasciavo alcuna dichiarazione. A fronte di un suo commento sulla pericolosità dell’indagato ho ritenuto opportuno mantenere la conversazione su un rapporto di cortesia con l’intento di spiegare concetti di carattere giuridico inerenti i criteri di oggettività ed equità che sottendono il giudizio di pericolosità sociale di un soggetto, il tutto fatto in maniera colloquiale e informale ricorrendo a esempi rappresentativi utili a far comprendere ciò che volevo esprimere». Dunque oggi, grazie alla Del Tedesco, apprendiamo che se un giornalista contatta per la prima volta un magistrato mai conosciuto prima e si presenta come cronista per raccogliere delle dichiarazioni queste, a detta dell’esperta procuratrice, diventano una conversazione confidenziale tra amici. Davvero un’idea originale del mestiere del giornalista. La toga ha continuato: «Non immaginavo che la conversazione fosse registrata, anche perché c’era un’interlocuzione basata su riflessioni reciproche ove non vi erano né domande né risposte. Pertanto, si tratta di parole rubate dal medesimo, che non aveva alcuna autorizzazione alla pubblicazione. Sono dispiaciuta che le parole di un colloquio ritenuto amichevole e riservato siano state pubblicate per estratto sulla stampa cui non era in nessun modo destinato». Bisogna riconoscere che in una lunga intervista concessa alla Rai la Del Tedesco ha parlato per dieci minuti in modo ingessato e abbastanza burocratico, facendo persino riferimento ad astruse «problematiche personologiche». Ma anche in questo caso qualche chicca l’ha regalata, raccontando di un nordafricano che nel marzo scorso ha sfondato la vetrina di un negozio di tappeti. «Una cosa gravissima», afferma la pm nel video disponibile su Internet, «che denota una pericolosità sociale di un certo livello». Ma trattandosi di un furto aggravato, ha spiegato, non è previsto il carcere. E allora ha provato a sostenere che per quanto lei abbia cercato appigli legislativi per tenere in cella l’uomo, alla fine non ci sia riuscita. È scattato un divieto di dimora a Rovereto. «Noi tutti lo vediamo, lo vedevamo aggirarsi in centro», dice Del Tedesco, «eppure aveva commesso dei reati, non può essere messo in carcere [...], altre misure non sono magari idonee a prevenire un pericolo di degenerazione in atti nefasti». Insomma, ci sarebbe un altro potenziale Nweke in circolazione. E poi gli accessi alle strutture per le misure alternative, stando alla toga, sarebbero esigui. «Andiamo a pietire i posti, dobbiamo telefonare personalmente». Infine, il racconto di un altra vicenda eclatante (forse proprio quella della vetrina distrutta): «Ho vicino a me un comandante di stazione che un soggetto pericoloso [...] se l’è tenuto in macchina un giorno e mezzo prima che qualcuno lo prendesse». Ma è l’intervista rilasciata alla Verità ad aver scosso pure le donne della Rete antiviolenza (Dire), che si sono dette «turbate» dalle parole usate dalla procuratrice, alla quale hanno indirizzato una lettera aperta: «Non comprendiamo cosa c’entri che l’assassino avesse “un fisico spettacolare” o, peggio, che “doveva fare i mondiali di pugilato”». Una «frase» che, sostengono, «ci ha lasciate senza fiato, perché quel fisico, che lei considera “spettacolare” e la forza di quei pugni, hanno devastato il volto di Iris fino a causare la sua morte». Per la procuratrice ha chiesto la pena massima il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri: «Va subito sospesa dalla magistratura e poi radiata. Infatti non vedo smentite alle inquietanti parole che risulta aver rilasciato». Gasparri ha presentato un’interrogazione al Guardasigilli Carlo Nordio «perché agisca con urgenza e segnali il caso ai vertici del Csm».
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