
I manifesti contro l'utero in affitto vengono censurati. Però nei teatri italiani continua a girare lo spettacolo molto apprezzato da Nichi Vendola e da Monica Cirinnà. In cui la storia del povero falegname intenzionato a diventare padre viene riletta in chiave arcobaleno.Pinocchio. Geppetto, secondo l'illustre scrittrice e conduttrice, era l'emblema di «una paternità alternativa, di quelle senza una madre biologica, il tutto a dimostrazione che si può nascere come una cosa e diventare persona attraverso le relazioni». Insomma, il povero falegname sarebbe un antesignano della maternità surrogata, una specie di Elton John con le pezze al culo (l'unica cosa che, forse, hanno in comune è la parrucca). Vabbè, ai contorsionismi ideologici della Murgia siamo abituati. Il fatto, però, è che non è stata l'unica a tirare in ballo il povero Geppetto. Il disgraziato falegname è diventato protagonista di uno spettacolo teatrale intitolato Geppetto e Geppetto, che da parecchi mesi viene rappresentato in tanti teatri italiani. Questa sera sarà al Teatro Comunale di Pergine (Trento), poi Novara, Gorizia, Cuneo... Scritto e diretto da Tindaro Granata, Geppetto e Geppetto è frutto di una coproduzione fra Teatro Stabile di Genova, Festival delle Colline torinesi e Proxima Res, e nel 2016 ha vinto il prestigioso premio Ubu come «miglior drammaturgia originale». Si presenta come «la storia realisticamente inventata di Tony e Luca, una coppia che decide di avere un bambino sfidando i pregiudizi di genitori e amici contrari all'utero in affitto. I due vanno in Canada, e come Geppetto, il primo papà single della storia, “fanno", “fabbricano", “costruiscono", “creano" il loro piccolino. Geppetto e Geppetto tornano in Italia con il figlio Matteo che crescono con tanto amore». Secondo Tindaro Granata, l'opera mostra «il desiderio di un Geppetto di farsi amare da un figlio che non è sangue del suo sangue, ma generato dal seme del proprio compagno». I due Geppetto, in sostanza, sono Tony e Luca, una coppia gay. Sul sito del Teatro nazionale di Genova si spiega che «in epoca di oscurantismi di ritorno, di bigottismi esasperati, di caccia alle streghe del “gender", il lavoro di Granata e del suo gruppo di ottimi attori arriva come una boccata d'aria fresca». Lo stesso sito precisa anche che non si tratta di uno «spettacolo manifesto», ma l'affermazione è piuttosto discutibile. Prima di scrivere l'opera, Granata dice di avere «intervistato circa 70 persone, chiedendo che cosa ne pensavano dei genitori omosessuali. Ho visto paure, disinformazione, ignoranza. Era l'anno prima dell'approvazione della legge Cirinnà, in un periodo in cui ancora nessuno parlava di stepchild adoption». E infatti, in un momento dello spettacolo, si sente una registrazione di un discorso di Monica Cirinnà. La quale, tra l'altro, ha assistito a una delle oltre 70 rappresentazioni dell'opera (stessa cosa ha fatto Nichi Vendola). Non sarà un manifesto, ma poco ci manca. È vero però che, in scena, non tutto fila liscio. A un certo punto, infatti, lo spettacolo mostra una discussione fra Matteo (il bimbo nato con utero in affitto ormai diventato grande) e uno dei suoi «due padri» (cioè Luca, perché Tony è morto). «Matteo rivendica qualcosa al padre Luca, vomitandogli addosso tutto quello che gli ha causato crescere in una famiglia non “normale"».Già, il ragazzo ha incontrato difficoltà, crescendo, ma è tutta colpa dei pregiudizi diffusi nella società. Il problema è che tanti italiani ancora non accettano l'utero in affitto e questa «paternità arcobaleno». Dopo tutto, l'obiettivo dello spettacolo sembra proprio quello di «abbattere i pregiudizi» sulle unioni gay. «Allo spettatore», ha spiegato il regista Granata in un'intervista, «rimane la necessità di rimettere in discussione le proprie convinzioni, i propri dubbi. Capisce che anche queste unioni sono legittime e ci ringraziano per la possibilità di aver capito». Chiaro, no? Gli spettatori escono dal teatro illuminati sulla condizione delle famiglie arcobaleno. Hanno finalmente capito, grazie alla storia del Geppetto gay, che l'utero in affitto è una pratica bella e importante. A questo serve l'arte, in Italia: a fare politica e propaganda. Era stata la stessa Cirinnà, in tempi non sospetti, a invocare la mobilitazione di intellettuali e artisti a sostegno della causa arcobaleno. Beh, questo spettacolo la accontenta oltre ogni aspettativa, con decine di repliche in tutto il Paese (perché affiggere qualche cartellone contro l'utero in affitto è vietato, ma girare nei teatri comunali con lo spot pro Lgbt è cosa buona e giusta). Comunque sia, un piccolo pensiero affettuoso va speso per il malcapitato Geppetto (quello del libro, cioè quello vero). Lui si è fabbricato un bambino, lo sanno tutti. Essendo molto povero, però, non poteva certo pagare una madre surrogata: ha usato del legno vecchio. E così facendo, a differenza della sua versione gay, non ha sfruttato nessuno.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.