2025-04-07
George Simion: «Modello Meloni per la mia Romania»
Il candidato presidente conservatore: «Giorgia dimostra che difendere la sovranità non significa isolarsi. Il voto annullato qui a Bucarest è un segnale d’allarme democratico per tutta l’Europa, lo si è visto pure con la Le Pen».«Questa decisione non è stata un gesto di ostilità. Bensì un forte segnale che molti leader a Bruxelles purtroppo ancora si rifiutano di comprendere. L’Unione europea non può sopravvivere economicamente senza una partnership strategica con gli Stati Uniti. Che ci piaccia o no, la nostra stabilità geopolitica, e le dirò di più, la pace sul continente dipendono da questa partnership essenziale. La Romania con me presidente supporterà un dialogo onesto e leale con Washington. Non uno scontro. Se noi saremo in grado di comprendere l’America faremo progressi e cresceremo. Questa è la mia ferma convinzione».Stiamo conversando sulla nuova politica commerciale di Donald Trump. Fatta soprattutto di dazi. Chi mi parla è George Simion, candidato alla presidenza della Repubblica in Romania. Raggiungerlo per questa intervista con La Verità è stata davvero un’impresa. Mi sono affidato a Dragos. È il suo uomo macchina in questa durissima campagna elettorale. A whatsappare Simion non ci penso minimamente. Dragos segue Simion come un’ombra in tutti i suoi spostamenti. In lungo e in largo per tutta la Romania. Ed io seguo Dragos a mia volta quasi come Gentile con Maradona in Spagna ‘82. Ma non gli strappo la giacca. Anche perché in remoto non è così facile. Dragos non si sottrae. Gentilissimo ed efficiente come il ruolo richiede. Alla fine, ce la facciamo. George si collega e alla fine mi invia pure il file video riepilogativo dell’intervista. Peraltro, molto ben curato con diversi cambi di prospettiva in camera. Montaggio e regia molto professionali. Spilla con la sagoma della Romania su tricolore blu giallo e rosso sul completo azzurro. Immagini sacre della madonna in lontananza. George Simion si presenta da presidente in pectore. Parla un perfetto italiano e misura le parole. Con lui mi preme partire da una domanda semplice. Che più semplice non si può.George Simion, candidato alla presidenza della Repubblica in Romania per i conservatori. La prima domanda è forse banale. Ma non diamo per scontato che i lettori italiani conoscano bene la situazione. Quando si vota in Romania e come funziona il vostro sistema elettorale?«Si vota a maggio. Sicuramente in due turni. Se nessun candidato supera il 50% al primo turno, si va al ballottaggio. È un’elezione a suffragio diretto, molto sentita, anche perché la figura del presidente ha un forte impatto sul piano politico e simbolico. Dopo la cancellazione del primo turno a novembre e l’esclusione di candidati importanti, questa è una tornata cruciale per la democrazia romena».Lei sta raccogliendo l’eredità di Călin Georgescu, escluso dalla competizione dopo l’annullamento delle elezioni in cui era arrivato primo. Ed addirittura escluso da questa competizione. Ritiene che questa sia stata una violazione dello Stato di diritto? Oppure va bene così?«Assolutamente sì. Escludere un candidato di punta con largo consenso popolare è stato un atto grave, un colpo alla fiducia nel processo democratico. Non si può parlare di elezioni libere quando lo Stato decide chi può o non può partecipare. È stato un segnale d’allarme non solo per la Romania, ma per tutta l’Europa. Non è solo un’ingiustizia personale: è stata minata la legittimità stessa del voto».E non finisce in Romania. in Francia Marine Le Pen è stata condannata per appropriazione indebita di fondi europei e le è stato vietato di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali. Insieme ad altri leader sovranisti, lei ha reagito - su X - a questa scioccante decisione della magistratura francese. «In Europa stiamo assistendo all’affermarsi di un modello in cui alcuni candidati vengono eliminati non per decisione degli elettori, ma per interventi istituzionali. Questa tendenza crescente alla prevalenza del potere giudiziario erode la fiducia dei cittadini e danneggia l’integrità dei sistemi democratici. I tribunali devono essere arbitri della giustizia, e non strumenti di esclusione politica».La Romania è una repubblica semipresidenziale. Se dovesse vincere, si troverebbe a coabitare con una maggioranza ostile?«Molto probabilmente sì, ma non è un problema. La mia forza politica, Aur, è già oggi il secondo partito in Parlamento. Abbiamo costruito tutto ascoltando il popolo, non con accordi di palazzo. Se sarò eletto, lavorerò con chiunque rispetti la volontà popolare».Pronto ad un accordo, insomma.«Non sono un uomo del sistema e non devo nulla ai vecchi equilibri politici. Questo mi rende libero».Ancora una domanda sul sistema Romania. Quali sono i poteri del presidente della Repubblica?«Il presidente ha un ruolo chiave in politica estera, nella difesa e nella nomina di figure istituzionali. Ma ha anche una funzione morale: deve rappresentare l’interesse nazionale, unire il Paese, essere un garante della democrazia».Che tipo di presidenza sarebbe quella di George Simion?«Io voglio usare questo ruolo per rompere con la corruzione, proteggere le istituzioni e ridare dignità allo Stato romeno».Il suo partito è nel gruppo dei conservatori al Parlamento europeo. Che rapporto ha con il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni?«Rispetto moltissimo Giorgia Meloni. Ha dimostrato che difendere la sovranità nazionale non significa isolarsi. L’Italia oggi è più forte in Europa proprio perché ha un governo che difende i suoi interessi. Questo è il modello che mi ispira: una Romania che non subisce, ma partecipa da pari, da Stato sovrano, all’interno delle strutture europee».Mantiene però anche buoni rapporti con il gruppo dei patrioti. In uno suo tour di qualche settimana fa al Parlamento europeo non si contano le foto e le strette di mano. Ne ho vista una con Marco Campomenosi, l’attuale ambasciatore di Salvini in Europa.«Dialoghiamo con tutti coloro che credono in un’Europa dei popoli, non dei tecnocrati. Le differenze esistono, ma contano di più i valori condivisi: sovranità, identità, famiglia, sicurezza. Le divisioni possono essere superate se c’è una visione comune. E oggi, più che mai, c’è bisogno di una nuova destra europea, forte ma responsabile».Che idea si è fatto della presidenza Trump? Si sente più vicino a Bruxelles o a Washington?«Donald Trump ha dimostrato che si può governare mettendo gli interessi del proprio popolo al primo posto. Ne parlavamo prima a proposito della politica commerciale. Ma la Romania non deve scegliere tra Bruxelles e Washington: deve dialogare con entrambi. Dobbiamo essere un ponte, non un vassallo. Il nostro futuro è europeo, ma anche atlantico. L’importante è che le decisioni siano prese a Bucarest, non altrove».L’Unione europea secondo lei dovrebbe avere un esercito unico? Si fa un gran parlare del piano di Bruxelles chiamato prima RearmEu e poi, credo, Readiness 2030. Anche qui, che idea si è fatto?«Sono contrario a un esercito europeo unico. La sicurezza è una questione di sovranità nazionale. Collaborare va bene, ma che sia Bruxelles comandare e dirigere le nostre forze armate è inaccettabile». Quindi la Nato al primo posto?«Stavo proprio per dirlo. La Nato resta il nostro pilastro strategico. I progetti europei devono rafforzare la difesa, non sostituire le alleanze esistenti».La Romania dovrebbe adottare l’euro oppure mantenere il leu?«Il leu deve restare. L’euro non è una priorità per noi oggi. I nostri cittadini e le nostre imprese non sono pronti a sostenere uno shock simile. Entrare nella moneta unica solo per motivi politici sarebbe un errore. Servono prima convergenza reale, salari decenti, e stabilità economica». Cosa dicono i sondaggi? Vincerebbe già al primo turno. E questo sembrerebbe possibile se non probabile. Ma al ballottaggio?«Tutti i sondaggi mi danno in testa. Sono prudente e non do nulla per scontato. Vincere al primo turno è difficile, ma non impossibile. Siamo pronti anche per il ballottaggio, dove si deciderà tutto. La mia candidatura è oggi la più forte perché parla davvero alla gente. La vecchia classe politica ha paura, e questo è il segnale che stiamo facendo la cosa giusta».
Bologna, i resti dell'Audi rubata sulla quale due ragazzi albanesi stavano fuggendo dalla Polizia (Ansa)