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2025-02-09
George Hoyningen-Huene: glamour e surrealismo in mostra a Milano
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George Hoyningen-Huene.Erna Carise, 1930 © George Hoyningen-Huene Estate Archives
Una vita da cosmopolita quella di George Hoyningen-Huene (San Pietroburgo, 1900-Los Angeles, 1968), figlio di un barone estone e di un’americana che dopo la rivoluzione d’Ottobre lasciano la Russia per trasferirsi prima a Londra e poi, negli anni ’20, a Parigi, tappa che segna l’inizio della carriera fotografica del giovane George, che nella Ville Lumière entra a far parte della cerchia ristretta del noto artista surrealista Man Ray e stringe amicizia con Salvador Dalì e Pablo Picasso, Paul Eluard e Jean Cocteau. Da Parigi, di nuovo a Londra , poi a New York e a Hollywood, dove raggiunge l’apice della carriera, affermandosi come il ritrattista più glam dei divi del cinema.
Definito da Richard Avedon «un genio, il maestro di tutti noi », lo stile fotografico di Hoyningen-Huene è fra quelli più sorprendenti e originali del ventesimo secolo. La sua è un’estetica colta, raffinata, sofisticata, dove Surrealismo e classicismo si fondono in insolite composizioni di straordinaria bellezza, in cui la dimensione onirica e metafisica si sposa con la purezza delle linee e la perfezione dei contorni. Un occhio unico il suo, un obiettivo usato con maestria e genialità, estro e sperimentazione, che fra gli anni 20 e ‘30 cattura e interpreta lo stile delle case di moda haute couture di Parigi, tra cui Chanel, Balenciaga, Schiaparelli e il gioielliere Cartier. Fotografo ricercatissimo per l’intero arco della sua non lunghissima esistenza, in Europa e Oltre oceano (fu collaboratore di punta di Vogue in Francia e di Harper’s Bazar a New York …), come ha dichiarato all’inaugurazione della retrospettiva milanese l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi « Hoyningen-Huene ha saputo trasformare la fotografia di moda in una forma d’arte, dando vita a immagini che ancora oggi incantano per la loro raffinatezza e modernità». La moda, certo, ma Hoyningen-Huene fu anche un grande ritrattista, consulente del colore a Hollywood e, da sempre, ebbe una fascinazione particolare per l’immagine in movimento. Ecco. La mostra a Palazzo Reale racconta tutto questo: i temi e i passaggi chiave della vita di un artista che, citando le parole di Giulia Fortunato, Amministratore unico di CMS.Cultura, «non è solo un maestro della fotografia, ma anche un intellettuale raffinato, capace di intrecciare diversi ambiti del sapere e restituirli in opere iconiche e senza tempo».
La Mostra
Premessa necessaria prima di entrare nel merito della bella esposizione milanese - curata da Susanna Brown, per oltre dodici anni curatrice del Victoria & Albert Museum di Londra - è che nel 1968 Huene lasciò in eredità il suo archivio al caro amico (nonché ex assistente e amante) Horst P. Horst, che negli anni ’80, a partire dai negativi, iniziò a realizzare per musei e collezionisti stampe al platino-palladio, note per la loro superficie lussureggiante e opaca e particolarmente apprezzate per la loro raffinata qualità e la ricca gamma tonale: molte di queste preziose stampe curate da Horst, unite ad altre , create dal 2020 negli archivi della George Hoyningen-Huene Estate di Stoccolma, arricchiscono il percorso espositivo allestito a Palazzo Reale, un percorso ricco e articolato, che cattura il visitatore per la magia e la poesia che emana da ogni singola immagine. Opere d’arte, più che fotografie, dove la luce scolpisce corpi e volti dalle proporzioni perfette, immortalati in un chiaro scuro pieno di mistero, che va oltre lo spazio e il tempo. Di sala in sala, immagine dopo immagine, si entra nel mondo «sospeso » e visionario di questo artista geniale, che ci ha lasciato in eredità scatti di moda che hanno fatto la storia della fotografia ( uno su tutti, Divers, che ritrae i fotografi Horst P. Horst e Lee Miller di spalle, in uno strepitoso gioco di linee e giochi di luce), che ha immortalato audaci nudi maschili, muse e modelle, Hollywood e l’incanto del cinema, i balletti russi e Josephine Baker e Jean Barry che ballano al ritmo del jazz. Sperimentatore e poliedrico (realizzò anche alcuni documentari), nel suo archivio - come nella mostra milanese - trovano posto anche le foto realizzate nei sui viaggi in Tunisia, Algeria, Egitto e Grecia, immagini che Huene raccolse e pubblicò in cinque libri. Non riuscì invece a realizzare il volume con i suoi scatti più belli, visto che morì improvvisamente, colpito da un ictus, il 12 settembre del 1968.
Una mostra davvero completa quella in corso a Palazzo Reale, «un’occasione unica - come ha sottolineato ancora Tommaso Sacchi - per ammirare oltre cento opere iconiche di un artista che ha saputo catturare l’essenza di un’epoca e proiettare la fotografia verso nuove dimensioni creative».
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A Palazzo Reale di Milano una monografica (sino al 18 maggio 2025) di oltre 100 scatti racconta la vita e la carriera di George Hoyningen-Huene, fotografo dal tratto inconfondibile il cui stile ha contribuito a formare l’estetica haute couture degli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Una vita da cosmopolita quella di George Hoyningen-Huene (San Pietroburgo, 1900-Los Angeles, 1968), figlio di un barone estone e di un’americana che dopo la rivoluzione d’Ottobre lasciano la Russia per trasferirsi prima a Londra e poi, negli anni ’20, a Parigi, tappa che segna l’inizio della carriera fotografica del giovane George, che nella Ville Lumière entra a far parte della cerchia ristretta del noto artista surrealista Man Ray e stringe amicizia con Salvador Dalì e Pablo Picasso, Paul Eluard e Jean Cocteau. Da Parigi, di nuovo a Londra , poi a New York e a Hollywood, dove raggiunge l’apice della carriera, affermandosi come il ritrattista più glam dei divi del cinema.Definito da Richard Avedon «un genio, il maestro di tutti noi », lo stile fotografico di Hoyningen-Huene è fra quelli più sorprendenti e originali del ventesimo secolo. La sua è un’estetica colta, raffinata, sofisticata, dove Surrealismo e classicismo si fondono in insolite composizioni di straordinaria bellezza, in cui la dimensione onirica e metafisica si sposa con la purezza delle linee e la perfezione dei contorni. Un occhio unico il suo, un obiettivo usato con maestria e genialità, estro e sperimentazione, che fra gli anni 20 e ‘30 cattura e interpreta lo stile delle case di moda haute couture di Parigi, tra cui Chanel, Balenciaga, Schiaparelli e il gioielliere Cartier. Fotografo ricercatissimo per l’intero arco della sua non lunghissima esistenza, in Europa e Oltre oceano (fu collaboratore di punta di Vogue in Francia e di Harper’s Bazar a New York …), come ha dichiarato all’inaugurazione della retrospettiva milanese l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi « Hoyningen-Huene ha saputo trasformare la fotografia di moda in una forma d’arte, dando vita a immagini che ancora oggi incantano per la loro raffinatezza e modernità». La moda, certo, ma Hoyningen-Huene fu anche un grande ritrattista, consulente del colore a Hollywood e, da sempre, ebbe una fascinazione particolare per l’immagine in movimento. Ecco. La mostra a Palazzo Reale racconta tutto questo: i temi e i passaggi chiave della vita di un artista che, citando le parole di Giulia Fortunato, Amministratore unico di CMS.Cultura, «non è solo un maestro della fotografia, ma anche un intellettuale raffinato, capace di intrecciare diversi ambiti del sapere e restituirli in opere iconiche e senza tempo».La MostraPremessa necessaria prima di entrare nel merito della bella esposizione milanese - curata da Susanna Brown, per oltre dodici anni curatrice del Victoria & Albert Museum di Londra - è che nel 1968 Huene lasciò in eredità il suo archivio al caro amico (nonché ex assistente e amante) Horst P. Horst, che negli anni ’80, a partire dai negativi, iniziò a realizzare per musei e collezionisti stampe al platino-palladio, note per la loro superficie lussureggiante e opaca e particolarmente apprezzate per la loro raffinata qualità e la ricca gamma tonale: molte di queste preziose stampe curate da Horst, unite ad altre , create dal 2020 negli archivi della George Hoyningen-Huene Estate di Stoccolma, arricchiscono il percorso espositivo allestito a Palazzo Reale, un percorso ricco e articolato, che cattura il visitatore per la magia e la poesia che emana da ogni singola immagine. Opere d’arte, più che fotografie, dove la luce scolpisce corpi e volti dalle proporzioni perfette, immortalati in un chiaro scuro pieno di mistero, che va oltre lo spazio e il tempo. Di sala in sala, immagine dopo immagine, si entra nel mondo «sospeso » e visionario di questo artista geniale, che ci ha lasciato in eredità scatti di moda che hanno fatto la storia della fotografia ( uno su tutti, Divers, che ritrae i fotografi Horst P. Horst e Lee Miller di spalle, in uno strepitoso gioco di linee e giochi di luce), che ha immortalato audaci nudi maschili, muse e modelle, Hollywood e l’incanto del cinema, i balletti russi e Josephine Baker e Jean Barry che ballano al ritmo del jazz. Sperimentatore e poliedrico (realizzò anche alcuni documentari), nel suo archivio - come nella mostra milanese - trovano posto anche le foto realizzate nei sui viaggi in Tunisia, Algeria, Egitto e Grecia, immagini che Huene raccolse e pubblicò in cinque libri. Non riuscì invece a realizzare il volume con i suoi scatti più belli, visto che morì improvvisamente, colpito da un ictus, il 12 settembre del 1968.Una mostra davvero completa quella in corso a Palazzo Reale, «un’occasione unica - come ha sottolineato ancora Tommaso Sacchi - per ammirare oltre cento opere iconiche di un artista che ha saputo catturare l’essenza di un’epoca e proiettare la fotografia verso nuove dimensioni creative».
I computer che guidano i mezzi non sono più stati in grado di calcolare come muoversi anche perché i sensori di bordo leggono lo stato dei semafori e questi erano spenti. Dunque Waymo in sé non ha alcuna colpa, e soltanto domenica pomeriggio è stato ripristinato il servizio. Dunque questa volta non c’è un problema di sicurezza per gli occupanti e neppure un pericolo per chi si trova a guidare, piuttosto, invece, c’è la dimostrazione che le nuove tecnologie sono terribilmente dipendenti da altre: in questo caso il rilevamento delle luci dei semafori, indispensabili per affrontare gli incroci e le svolte. Qui si rivela la differenza tra l’umano che conduce la meccanica e l’intelligenza artificiale: innanzi a un imprevisto, seppure con tutti i suoi limiti e difetti, un essere umano avrebbe improvvisato e tentato una soluzione, mentre la macchina (fortunatamente) ha obbedito alle leggi di controllo. Il problema non ha coinvolto i robotaxi Tesla, che invece agiscono con sistemi differenti, più simili ai ragionamenti umani, ovvero sono più indipendenti dalle infrastrutture della circolazione. Naturalmente Waymo può trarre da questo evento diverse considerazioni. La prima riguarda l’effettiva dipendenza del sistema di guida dalle infrastrutture esterne; la seconda è la valutazione di come i mezzi automatizzati hanno reagito alla mancanza di informazioni. Infine, come sarà possibile modificare i software di controllo affinché, qualora capiti un nuovo incidente tecnico, le auto possano completare in sicurezza il servizio. Dall’esterno della vicenda è invece possibile valutare anche altro: le tecnologie digitali applicate alle dinamiche automobilistiche non sono ancora sufficientemente autonome. Sia chiaro, lo stesso vale per navi e aeroplani, ma mentre per questi ultimi gli algoritmi dei droni stanno già portando a una ricaduta di tecnologia che viene trasferita ai velivoli pilotati, nel campo automobilistico c’è ancora molto lavoro da fare. Proprio ieri, sempre negli Usa, il pilota di un velivolo King Air da nove posti è stato colpito da un malore. La chiamano “pilot incapacitation” e a bordo non c’era nessun altro che potesse prendere il controllo e atterrare. Ed è qui che la tecnologia ha salvato aeroplano e occupanti: il passeggero che sedeva accanto all’uomo ha premuto il tasto del sistema “Autoland”, l’autopilota ha scelto la pista idonea per lunghezza più vicina alla posizione dell’aereo e alla rotta percorsa, ha avvertito il centro di controllo e anche messo il passeggero nelle condizioni di dichiarare la necessità di un’ambulanza sul posto. L’alternativa sarebbe stato un disastro aereo con diverse vittime. La notizia potrebbe sembrare senza alcuna correlazione con quanto accaduto a San Francisco, ma così non è: il produttore del sistema di navigazione dell’aeroplano è Garmin, ovvero il medesimo che fornisce navigatori al settore automotive. E che prima o poi vedremo fornire uno dei suoi prodotti a qualche costruttore di automobili.
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Getty Images
Era inoltre il 22 dicembre, quando il Times of Israel ha riferito che «Israele ha avvertito l'amministrazione Trump che il corpo delle Guardie della rivoluzione Islamica dell'Iran potrebbe utilizzare un'esercitazione militare in corso incentrata sui missili come copertura per lanciare un attacco contro Israele». «Le probabilità di un attacco iraniano sono inferiori al 50%, ma nessuno è disposto a correre il rischio e a dire che si tratta solo di un'esercitazione», ha in tal senso affermato ad Axios un funzionario di Gerusalemme.
Tutto questo, mentre il 17 dicembre il direttore del Mossad, David Barnea, aveva dichiarato che lo Stato ebraico deve «garantire» che Teheran non si doti dell’arma atomica. «L'idea di continuare a sviluppare una bomba nucleare batte ancora nei loro cuori. Abbiamo la responsabilità di garantire che il progetto nucleare, gravemente danneggiato, in stretta collaborazione con gli americani, non venga mai attivato», aveva detto.
Insomma, la tensione tra Gerusalemme e Teheran sta tornando a salire. Ricordiamo che, lo scorso giugno, le due capitali avevano combattuto la «guerra dei dodici giorni»: guerra, nel cui ambito gli Stati Uniti avevano colpito tre siti nucleari iraniani, per poi mediare un cessate il fuoco con l’aiuto del Qatar. Non dimentichiamo inoltre che Trump punta a negoziare un nuovo accordo sul nucleare di Teheran con l’obiettivo di scongiurare l’eventualità che gli ayatollah possano conseguire l’arma atomica. Uno scenario, quest’ultimo, assai temuto tanto dagli israeliani quanto dai sauditi.
Il punto è che le rinnovate tensioni tra Israele e Teheran si stanno verificando in una fase di fibrillazione tra lo Stato ebraico e la Casa Bianca. Trump è rimasto irritato a causa del recente attacco militare di Gerusalemme a Gaza, mentre Netanyahu non vede di buon occhio la possibile vendita di caccia F-35 al governo di Doha. Bisognerà quindi vedere se, nei prossimi giorni, il dossier iraniano riavvicinerà o meno il presidente americano e il premier israeliano.
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Il Comune fiorentino sposa l’appello del Maestro per riportare a casa le spoglie di Cherubini e cambiare nome al Teatro del Maggio, in onore di Vittorio Gui. Partecipano al dibattito il direttore del Conservatorio, Pucciarmati, e il violinista Rimonda.