2024-09-08
Gentiloni si fa beffa del voto democratico: «Se vince Trump niente entusiasmi»
Il commissario tifa Harris e scorda gli scarsi risultati Ue coi dem al potere. Borrell con l’elmetto: pressing per colpire il suolo russo.Basta fare qualche telefonata agli sherpa che vivono a Bruxelles e, praticamente in coro, rispondono che le decisioni importanti si prenderanno solo a novembre. Cioè, dopo che gli americani avranno eletto il nuovo inquilino della Casa Bianca. Non sfugge a nessuno il limbo in cui stiamo. Dalla guerra in Ucraina, a quella a Gaza. Dalla transizione green, al tentativo di rivedere la filiera del manifatturiero. Dalla battaglia attorno alle piattaforme digitali fino alla lotta per le materie prime. Gli Usa non prendono una strada univoca. Mentre per quanto riguarda l’Europa possiamo dire che, come al solito, non è in grado di prendere una decisione univoca. Non c’è un governo vero e proprio, ma un insieme di forze centrifughe. In ogni caso sarebbe opportuno chiarirsi le idee in casa e poi possibilmente evitare di mettere il becco nelle democrazie altrui. Invece ieri il Commissario uscente all’Economia, Paolo Gentiloni, ha confermato quanto Bruxelles non sia mai super partes. «La vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti non sarebbe accolta con cori di entusiasmo a Bruxelles, ma penso al tempo stesso che la Commissione europea sia pronta a lavorare con qualsiasi amministrazione, qualsiasi presidente prevalga», ha spiegato a margine del Forum di Cernobbio, puntualizzando che «quello che è cruciale, dal nostro punto di vista, è che gli Stati Uniti possano mantenere una leadership globale in un confronto che è sempre più impegnativo tra le grandi democrazie» a causa «dell’attrazione di modelli autarchici». Concetto apprezzabile ma un po’ in contraddizione con la prima parte dell’esternazione. Tocca alle democrazia rispettare il voto e non interferire, proprio perché in quanto tali sono diverse dalle autarchie o dalle altre forme di governo illiberali. L’impressione, insomma, è che come al solito ci sia una guerra per bande, nella fattispecie socialiste, piuttosto che una visione strategica. È chiaro che una eventuale vittoria di Trump aprirebbe tematiche complesse per i dazi e per il nostro export, ma non possiamo dimenticare che Kamala Harris, oltre a essere la candidata dem, è ancora la vice presidente di Joe Biden. Sotto questa amministrazione non ci pare l’Europa abbia goduto di particolari privilegi. Un esempio? Il prezzo del gas dopo lo stop alle forniture russe è schizzato. Lo ricordiamo tutti. L’Ue è andata a rifornirsi di Gnl proveniente dagli Usa, le cui compagnie hanno triplicato gli incassi. Nel Sahel, l’avanzata dei russi che ci mette tutti in serio pericolo, non solo economico, non è certo stata contrastata dagli Usa. Per carità, principalmente è un nostro problema e saremo noi prima o poi a dover affrontare quella guerra. Ma si tratta di essere un po’ intellettualmente onesti. Sugli argomenti macro e nei rapporti con l’Ue, le due amministrazioni non sono poi così difformi. A questo punto sarebbe meglio evitare le uscite modello Gentiloni. Almeno per evitare di peggiorare i rapporti. Mentre apprezziamo la capacità di auto critica dell’ex segretario del Pd. Sempre nei giardini della villa di Cernobbio, Gentiloni si è augurato che il prossimo commissario «sia ambizioso». Lui evidentemente ne sa qualcosa. Così come deve aver ben presente quelle regole di bilancio che, sempre a suo dire, ora peggiorano la situazione economica della Germania. È buffo osservare a distanza gli interventi di chi in Europa comanda e vedere che ogni volta che succede qualcosa il commento è sempre il solito. Cioè che è arrivato il momento delle riforme. Non sono sfumature, ma un indice chiaro della nostra incapacità di governare Bruxelles, figuriamoci di imparare dagli errori. Sicuramente c’è un deficit di democrazia e la possibilità di fare in modo che le strategie in qualche modo possano passare anche dall’Europarlamento. Sempre lo scenario di Cernobbio è indicativo. Dopo l’apertura di Volodymyr Zelensky verso l’Italia e il governo guidato da Giorgia Meloni, si inizia a parlare di ricostruzione e quindi di pace. Che di per sé cozzano con il concetto di riarmo. Ecco che da Bruxelles arriva la pronta risposta. «Sono d’accordo, al 100%, con la presidente Meloni. È stata molto chiara. Ma, perché l’Italia non consente all’Ucraina di usare le armi che le fornisce per colpire le basi russe all'interno del territorio russo? Belle parole», ha commentato Josep Borrell, l’Alto rappresentante Ue, «ma sarebbe molto meglio se permettessimo all’Ucraina di difendersi in modo efficiente». Una esternazione che ignora l’opportunità del momento (si sta parlando di ricostruzione) e gli input degli elettori.
La riunione tra Papa Leone XIV e i membri del Consiglio Ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi dello scorso giugno (Ansa)
Auto dei Carabinieri fuori dalla villetta della famiglia Poggi di Garlasco (Ansa)