2025-03-25
Ora che lo vuole Berlino, Gentiloni tifa per il debito
Paolo Gentiloni (Imagoeconomica)
Da commissario, Paolo Gentiloni sposava il rigorismo dei teutonici Adesso cambia idea con loro e sferza l’Ue, «lenta» a investire.Ve lo ricordate Paolo Gentiloni in versione fustigatore delle brutte abitudini italiane, cioè commissario europeo per gli Affari economici e monetari? Ispirato dai falchi di Bruxelles, tra i quali Valdis Dombrovskis, meno di un anno fa minacciava un’estate calda per i conti pubblici, presentando le nuove regole di bilancio, con il preannunciato giro di vite di una moratoria della spesa. Beh, adesso che non fa parte della Commissione, l’ex presidente del Consiglio non impartisce più lezioni sulla necessità di ridurre il debito. Anzi. Ieri sulla prima pagina di Repubblica ha spiegato quanto sia bello e sano che la Germania abbia deciso di indebitarsi per 1.000 miliardi, mandando a quel Paese l’austerity e i vincoli di Maastricht. L’incipit dell’articolo, più che da un commissario al rigore, sembra scritto da un tifoso della spesa pubblica. «L’onda d’urto di Donald Trump ha sì risvegliato l’Unione europea da un lungo torpore geopolitico, ma l’andamento è ancora troppo lento». All’improvviso Gentiloni ha scoperto che il mondo corre veloce come il vento e non aspetta noi. E non solo: tra le novità recentemente apprese dall’ex premier c’è pure la lentezza della Ue, di cui egli ci rivela di conoscere «a menadito motivazioni politiche e procedurali». Così si rischia l’impotenza, è la conclusione. Dunque, urge reagire: serve un programma finanziato da alcune centinaia di miliardi di debito comune. Fin qui nulla di sconvolgente: se ne parla da settimane. Semmai la novità è che a proporlo sia proprio lui, Gentiloni, che fino all’altro ieri rappresentava il rigore. Ma ancor più sorprendente è il resto dell’articolo, là dove l’ex commissario, fedele interprete dell’Europa a trazione tedesca, ci comunica che la decisione storica della Germania di aprire al debito, rimuovendo con un Parlamento ormai scaduto le norme costituzionali che lo impedivano, fa «risaltare la nostra lentezza comune». Ma come? Prima Berlino ci impone di non spendere, sacrificando la crescita economica sull’altare del pareggio di bilancio, e poi a distanza di anni Gentiloni, che di Berlino e dei vertici di Bruxelles è il portavoce, ci rimprovera perché siamo in ritardo con gli investimenti?«Una politica meno restrittiva può far uscire la Germania dalla stagnazione degli ultimi due anni ed è una buona notizia per l’economia europea e per noi italiani».Si può essere d’accordo sul fatto che l’allentamento dei cordoni della borsa potrebbe portare vantaggio anche ad altri Paesi oltre alla Germania, ma il problema è che a imporre la gabbia del pareggio di bilancio a sé stessa e al resto d’Europa è stata proprio Berlino e Gentiloni è stato uno dei principali guardiani della cella in cui sono state ristrette le economie del Vecchio continente. Perciò appare piuttosto sorprendente che oggi, senza fare un plissé, rimproveri la lentezza comune con cui sono stati affrontati i problemi e solleciti un programma finanziato a suon di centinaia di miliardi. Certo, capita a tutti di sbagliare e di correggere le proprie opinioni, ma di regola prima si ammette l’errore e poi si chiede scusa. Gentiloni, al contrario, passa con disinvoltura dalla posizione di kapò della spesa pubblica a quella di sostenitore della stessa spesa pubblica, scrivendo che la scelta più urgente è quella del debito comune. Il torpore, l’andamento lento, l’impotenza europea sono tutte osservazioni condivisibili. Ciò che non si può condividere sono gli anni di sottomissione a Bruxelles con cui ha imposto all’Italia e al resto della Ue il torpore, l’andamento lento, l’impotenza. Va bene cambiare idea, ma almeno ci risparmi la lezione.
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