2023-05-13
I geni del crimine dietro le rapine perfette
Pierce Brosnan (Getty Images)
L’ex 007 Pierce Brosnan racconta su History Channel i «Grandi furti della storia». La docuserie indaga su come sono stati portati a termine colpi reali incredibilmente audaci, capaci di rivaleggiare con Hollywood. In alcuni casi facendola franca.La voce è di Pierce Brosnan, le gesta quelle di ladri entrati nel mito. Grandi furti della storia, su History Channel (canale 411 di Sky) dalle 21 di lunedì, è la ricostruzione di alcune fra le rapine più eclatanti mai commesse. Brosnan le racconta, ex 007. Si muove cauto nella mente dei criminali, ne ripercorre i piani, l’ambizione, il desiderio straordinariamente umano di arricchirsi, di vivere, di possedere oltre le possibilità individuali. Pierce Brosnan, James Bond pre-Daniel Craig, fra il 1995 e il 2002, riporta a galla quel che il tempo ha in parte sommerso: ricordi di cronache lontane, di imprese capaci di valicare le comuni categorie di pensiero per andare oltre quel che si vorrebbe Giusto o Sbagliato. Era il 1978 a New York, dicembre inoltrato. L’alba era passata da poco. L’aeroporto John Fitzgerald Kennedy, di solito brulicante di vita, era pressoché deserto. Solo un gruppo di uomini lo percorreva a passo spedito, un gruppo che, in breve, si sarebbe fermato davanti al terminal di Lufthansa. Fu un attimo. I guardiani furono immobilizzati, la cassaforte della compagnia tedesca aperta. Cinque milioni di dollari furono rubati, cinque milioni in contanti. Il gruppo prese tutto: le banconote, poi i diamanti. In totale, se ne andò con un bottino di sei milioni di dollari, che sarebbero oltre venti se la cifra fosse traslata ai giorni nostri. I media urlano per giorni. Il «Colpo alla Lufthansa», come fu ribattezzata la rapina, rimbalzò ovunque. Era il furto più ricco che gli Stati Uniti avessero mai visto. Martin Scorsese ne trasse ispirazione per Quei bravi ragazzi, e due altri film (The 10 Million Dollar Gateway e The Big Heist) ne raccontarono la grandezza. I colpevoli, però, non furono mai identificati, non con certezza. Le autorità supposero si trattasse di mafiosi, ma la gran parte dei soldi, come i diamanti, non venne mai ritrovata. Vincent Asaro, Vinny, con «La morte prima del disonore» tatuato sul braccio, fu l’ultimo accusato. Nel 2014, comparve davanti ad un tribunale di New York per rispondere - tra le altre - all’accusa di aver aspettato i complici in auto davanti all’aeroporto, quel giorno di dicembre. La giuria decise, tuttavia, che Asaro non avrebbe potuto essere condannato per aver fatto da palo al gruppo del 1978. Impossibile dire oggi come sia andata allora. Impossibile stabilire oltre ogni ragionevole dubbio chi abbia preso parte a quella rapina da film, pirotecnica sì, mai quanto, però, il suo corrispettivo italiano. Era il 2003, la città Anversa. Leonardo Notarbartolo, «l’artista» per la mala, affittò un ufficio nei pressi del World Diamond Center. Lo fece in silenzio, fingendosi un timido professionista del settore. Poi, il 15 febbraio 2003, diede il via a un piano eterno, progettato con minuzia per ventisette mesi. I rilevatori di calore a raggi infrarossi furono coperti con la lacca, il lucchetto con cento milioni di combinazioni possibili fu aperto. La maggioranza delle teche, 123 su 160 totali, fu svuotata. Notarbartolo e compagni lasciarono il Centro con oltre 150 milioni di dollari fra diamanti, gemme e contanti. La fuga non durò molto, ma l’impresa diventò leggenda. Quello di Anversa fu il colpo dei colpi, la rapina del secolo. Una magia che le autorità, ad oggi, non sono ancora riuscite a spiegarsi, non per intero. Notarbartolo, l’Arsenio Lupin palermitano, si prese dieci anni, la Paramount gli chiese un film. Del suo colpo, di una banda che non usò violenza ma astuzia, si parlò per anni. E ancora se ne parla oggi, in una docuserie, quella di Sky, che dal Belgio passa all’Inghilterra, alla Londra del 1971, per tornare alla New York del 1972, la New York del Pierre Hotel, svaligiato il 2 gennaio. Era notte fonda, gli ospiti dormivano. Un gruppo ben nutrito di criminali, ciascuno affiliato a un clan specifico, si presentò all’ingresso dell’hotel. Lo fece in grande, su una Cadillac nera. Fece riferimento a una festa e a un ospite, un tal Dr. Foster. Risultava. La guardia fece passare quelli che credeva invitati. Poi, si trovò in manette, costretta sotto minaccia a collaborare con i ladri. In poche ore, il gruppo mise insieme diciannove ostaggi e svaligiò oltre duecento cassette di sicurezza. Non usò violenza. i testimoni riferirono, anzi, una certa cordialità. I rapinatori non ammanettarono i dipendenti che sembrarono loro più deboli. Chiamarono tutti «Sir» oppure «Miss». Poi, se ne andarono, elargendo venti dollari a ciascun dipendente preso in ostaggio, guardie escluse. Il Guinness dei Primati annoverò fra le sue pagine quella rapina, descrivendola come la più grande della storia, la rapina di maggior successo. I ladri, tuttavia, furono arrestati, giorni dopo, a causa di scaramucce intra-gruppo che arrivarono all’orecchio delle forze dell’ordine.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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