2025-10-06
Traffico di auto di lusso: la GdF scopre un illecito da 43 milioni
True
(Guardia di Finanza)
Coordinati dall'EPPO (Procura europea) di Bologna, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Prato hanno dato esecuzione a provvedimenti emessi dai Tribunali di Ferrara e Trani, indirizzati a colpire un’associazione criminale dedicata alla vendita di auto di lusso di origine tedesca. Il profitto del reato ricostruito dalle Fiamme Gialle pratesi ammonta complessivamente a circa 43 milioni di euro, cifra confermata dagli organi giudicanti nell’ambito delle ordinanze che hanno disposto l’applicazione di misure cautelari reali sui capitali sociali di 8 società, 7 appezzamenti di terreno, 3 immobili residenziali, un concessionario auto, 41 automobili (tra le quali spiccano Ferrari, Lamborghini e Porsche) per un valore di mercato complessivo di circa 3,5 milioni di euro ed oltre 50 conti bancari con disponibilità liquide complessive, al momento, di oltre € 1,2 milioni di euro. Contestualmente alla notifica dei provvedimenti sono state eseguite perquisizioni locali di oltre 15 siti tra residenze, sedi di imprese attive ed altre unità locali nella disponibilità degli indagati.
Le attività investigative condotte dai Finanzieri del Gruppo di Prato sono partite da un esposto presentato da un cliente che lamentava difficoltà nelle pratiche dell’immatricolazione di un'auto usata acquistata tramite un concessionario multimarca da un venditore tedesco. Le preliminari prove raccolte hanno permesso di individuare l’esistenza di un contesto criminale di proporzioni ben più ampie, tali da interessare l’area di competenza della Procura Europea. Sotto la direzione della citata autorità sono stati svolti accertamenti di polizia giudiziaria, con esecuzione di intercettazioni telefoniche, indagini bancarie, perquisizioni presso agenzie di pratiche auto, ricostruzione dei flussi di vendita di oltre 1.700 automobili, oltre ad iniziative di cooperazione internazionale con le autorità tedesche e lo sviluppo di indagini transfrontaliere. Il quadro probatorio ha evidenziato l’esistenza di un sistema profondamente organizzato di raccolta degli ordini di acquisto tramite concessionarie multimarca compiacenti, l’individuazione dei veicoli «target» presso grandi rivenditori di usato tedeschi e la definizione di pratiche di importazione tali da permettere l’immatricolazione in Italia dei veicoli senza il pagamento dell’IVA, ricorrendo a società di comodo estere, intestate a prestanome e flussi di falsa fatturazione.
Inoltre, per rendere ulteriormente difficoltosa la riconducibilità dello schema evasivo alle concessionarie coinvolte, gli indagati hanno escogitato schemi di periodica cessazione e riapertura delle partite IVA usate per l’acquisto delle auto, senza tuttavia variare l’ubicazione degli showroom e l’insegna commerciale utilizzata, così da continuare a beneficiare della visibilità commerciale acquisita nel tempo.
Il risparmio fiscale indebitamente realizzato costituiva la base per l’attuazione di strategie di pricing aggressivo, immettendo nel mercato vetture di fascia alta e medio-alta a prezzi molto concorrenziali.
Il castello accusatorio composto dai Finanzieri di Prato, sotto il coordinamento della Procura Europea di Bologna si è tradotto in due richieste di adozione di misure cautelari reali trasmesse ai competenti tribunali di Ferrara e Trani. Le autorità interessate hanno condiviso totalmente le tesi accusatorie formulate restituendo due provvedimenti di sequestro finalizzati alla confisca per un importo complessivo di circa 43 milioni di euro, la cui esecuzione è stata accompagnata da mirate attività di perquisizione domiciliare a carico degli indagati e delle sedi delle imprese coinvolte.
Continua a leggereRiduci
Le Fiamme gialle di Prato, dopo accurate indagini, hanno rilevato un giro illegale di compravendita di automobili provenienti dalla Germania vendute a prezzi concorrenziali grazie a prestanome e società fittizie che permettevano l'evasione dell'Iva. Sequestrati, oltre alle supercar, terreni, immobili e altri beni di lusso.Coordinati dall'EPPO (Procura europea) di Bologna, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Prato hanno dato esecuzione a provvedimenti emessi dai Tribunali di Ferrara e Trani, indirizzati a colpire un’associazione criminale dedicata alla vendita di auto di lusso di origine tedesca. Il profitto del reato ricostruito dalle Fiamme Gialle pratesi ammonta complessivamente a circa 43 milioni di euro, cifra confermata dagli organi giudicanti nell’ambito delle ordinanze che hanno disposto l’applicazione di misure cautelari reali sui capitali sociali di 8 società, 7 appezzamenti di terreno, 3 immobili residenziali, un concessionario auto, 41 automobili (tra le quali spiccano Ferrari, Lamborghini e Porsche) per un valore di mercato complessivo di circa 3,5 milioni di euro ed oltre 50 conti bancari con disponibilità liquide complessive, al momento, di oltre € 1,2 milioni di euro. Contestualmente alla notifica dei provvedimenti sono state eseguite perquisizioni locali di oltre 15 siti tra residenze, sedi di imprese attive ed altre unità locali nella disponibilità degli indagati.Le attività investigative condotte dai Finanzieri del Gruppo di Prato sono partite da un esposto presentato da un cliente che lamentava difficoltà nelle pratiche dell’immatricolazione di un'auto usata acquistata tramite un concessionario multimarca da un venditore tedesco. Le preliminari prove raccolte hanno permesso di individuare l’esistenza di un contesto criminale di proporzioni ben più ampie, tali da interessare l’area di competenza della Procura Europea. Sotto la direzione della citata autorità sono stati svolti accertamenti di polizia giudiziaria, con esecuzione di intercettazioni telefoniche, indagini bancarie, perquisizioni presso agenzie di pratiche auto, ricostruzione dei flussi di vendita di oltre 1.700 automobili, oltre ad iniziative di cooperazione internazionale con le autorità tedesche e lo sviluppo di indagini transfrontaliere. Il quadro probatorio ha evidenziato l’esistenza di un sistema profondamente organizzato di raccolta degli ordini di acquisto tramite concessionarie multimarca compiacenti, l’individuazione dei veicoli «target» presso grandi rivenditori di usato tedeschi e la definizione di pratiche di importazione tali da permettere l’immatricolazione in Italia dei veicoli senza il pagamento dell’IVA, ricorrendo a società di comodo estere, intestate a prestanome e flussi di falsa fatturazione.Inoltre, per rendere ulteriormente difficoltosa la riconducibilità dello schema evasivo alle concessionarie coinvolte, gli indagati hanno escogitato schemi di periodica cessazione e riapertura delle partite IVA usate per l’acquisto delle auto, senza tuttavia variare l’ubicazione degli showroom e l’insegna commerciale utilizzata, così da continuare a beneficiare della visibilità commerciale acquisita nel tempo.Il risparmio fiscale indebitamente realizzato costituiva la base per l’attuazione di strategie di pricing aggressivo, immettendo nel mercato vetture di fascia alta e medio-alta a prezzi molto concorrenziali.Il castello accusatorio composto dai Finanzieri di Prato, sotto il coordinamento della Procura Europea di Bologna si è tradotto in due richieste di adozione di misure cautelari reali trasmesse ai competenti tribunali di Ferrara e Trani. Le autorità interessate hanno condiviso totalmente le tesi accusatorie formulate restituendo due provvedimenti di sequestro finalizzati alla confisca per un importo complessivo di circa 43 milioni di euro, la cui esecuzione è stata accompagnata da mirate attività di perquisizione domiciliare a carico degli indagati e delle sedi delle imprese coinvolte.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
Continua a leggereRiduci