2022-12-22
Gas e inflazione le vere emergenze. Ma lì l’opposizione può solo tacere
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro Giancarlo Giorgetti ammette: altri interventi di bilancio in futuro per la crisi dell’energia. A rischio la nostra capacità produttiva. La sinistra, per non attaccare l’Ue, preferisce sollevare polemiche su temi minimali.Ricette e Spid, tanto caos per nulla. Una tempesta in un bicchier d’acqua: la certificazione online prorogata di 12 mesi. Nessuno ha annunciato l’abolizione dell’identità digitale, ma solo un «tagliando».Lo speciale comprende due articoli.Con una trasparenza ammirevole, ieri, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è intervenuto alla convention di Coldiretti e ha condiviso con tutti i presenti una preoccupazione che La Verità cerca di raccontare da settimane. «Siamo consapevoli che, probabilmente, tra due mesi saremo ancora alle prese con qualche misura da fare, se la situazione non si risolve come temo non si risolverà nel brevissimo tempo; e, come fatto dai governi precedenti, la situazione dovrà essere aggiornata costantemente e continuamente per dare queste risposte». In altre parole ha spiegato che stiamo continuando a vivere due grosse problematiche: «L’energia, che ha raggiunto picchi incredibili e rimane una sfida ancora da risolvere; e poi l’inflazione, da un lato, che è una brutta bestia, e dall’altro l’aumento dei tassi d’interesse che implica sul bilancio dello Stato una cautela e un’attenzione che deve essere massima», ha concluso usando per entrambe le problematiche il termine «emergenze». Su questo ci permettiamo di dissentire. I picchi di prezzo energetico e l’inflazione sono problemi strutturali, che certamente si smusseranno nel breve termine, ma che comunque manterranno una linea di crescita ben al di sopra dei parametri che abbiamo conosciuto tra il 2000 e il 2019. Aver quindi destinato circa due terzi dell’intero budget della manovra in via di approvazione a contrastare il caro bollette a favore di aziende e famiglie è significato andare in scia alle scelte di Mario Draghi senza prendere atto che lo schema proposto dall’Europa - per capirsi un price cap che non potrà mai funzionare salvo portare a ulteriore volatilità sui mercati o tagli ai consumi - non potrà mai garantire effetti pratici. Salvo infilare il sistema produttivo in un cul de sac. Salvo, quindi, portare le aziende italiane a chiudere i battenti non potendo più esportare. Vale per l’acciaio così come per tutta l’industria pesante. Se il governo si attende un cambio di prospettiva da parte di Bruxelles rischia di scottarsi e farsi molto male. Ecco, perché da ora dovrebbe dichiarare che cosa avrà intenzione di fare dopo la fine di marzo, quando gli aiuti in manovra saranno esauriti. Possiamo immaginare di fare scostamento di bilancio per mettere un’altra toppa? Per carità si può fare. Ma la verità è che bisogna smettere di intervenire a valle e non a monte rispetto al problema. E il problema si chiama approvvigionamento energetico. Come sostituire il gas russo con altro oro azzurro che costi più o meno la stessa cifra e sia di simile quantità? Il mercato del Gnl non è sufficiente. L’Africa, al contrario, è un continente interessante per l’Italia. Ma non si sta in Africa con la diplomazia dei pasticcini. Si sta là con l’uso sapiente delle forze armate e di un nuovo modello di cooperazione. Bisogna cambiare mentalità e accettare che per avere energia bisogna essere potenze militari. E gestire i propri fondi direttamente, spendendoli solo dove ci conviene. Ogni anno l’Italia stanzia circa 4 miliardi per la cooperazione e lo sviluppo. Il 70% abbondante finisce in canali multilaterali, quali l’Ue, la banca mondiale o Ong che fanno riferimento comunque a Bruxelles. La proporzione va invertita. Roma deve decidere a chi fare beneficenza. Quali tribù sostenere e deve affidarsi di più allo Stato maggiore della Difesa. Se i nostri militari addestrano colleghi africani, bisogna consentire ai nostri generali di gestire i fondi necessari per poi vestire i militari africani. Fornire loro tutto ciò che serve, anche tecnologia condivisibile. Così si creano legami duraturi. Altrimenti noi li addestriamo e poi arriva qualcun altro che li veste e li arma e si becca i benefici. Riteniamo che i temi dell’energia e dell’inflazione siano i veri dossier su cui i politici debbano perdere il sonno. Non ci sono soluzioni facili, ma solo soluzioni di sistema che richiedono tempo e ampia partecipazione, dall’Eni allo Stato maggiore della Difesa, alle imprese fino alla Farnesina. Eppure, nonostante il nostro punto debole sia evidente e scoperto, l’opposizione continua a sollevare polveroni su presunte polemiche con non smuovono la manovra di un euro, né l’attuale crisi di un centimetro. Così l’opposizione batte sul Pos, sul bonus ai diciottenni e via dicendo. Invece che infilare il dito nella piaga del caro energia. Certo, noi sappiamo che, a partire dal Pd, chi sta all’opposizione non può permettersi di criticare le scelte di questo governo sulle misure anti bollette. Non può perché finirebbe con il contraddirsi, ma soprattutto finirebbe con il dover criticare le scelte dell’Europa. Vorrebbe dire per loro ammettere il fallimento della gestione di Bruxelles e al tempo stesso chiedere di imboccare un’altra strada. Ma il Pd dopo aver perso i voti non può permettersi di perdere anche la protezione di Bruxelles.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gas-e-inflazione-le-vere-emergenze-ma-li-lopposizione-puo-solo-tacere-2658997628.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ricette-e-spid-tanto-caos-per-nulla" data-post-id="2658997628" data-published-at="1671669910" data-use-pagination="False"> Ricette e Spid, tanto caos per nulla La solita tempesta in un bicchier d’acqua all’italiana. Di quelle che accompagnano ogni legge di bilancio ma con l’aggravante, stavolta, che le priorità sono drammaticamente note ai più ma incredibilmente periferiche rispetto al dibattito sul mainstream mediatico. Nel momento in cui bisognerebbe parlare a ciclo continuo di come trovare le risorse per attenuare gli effetti della crisi energetica, che per stessa ammissione di alcuni esponenti dell’esecutivo potrebbero avere il fiato corto, le polemiche che monopolizzano l’agenda politica hanno riguardato prima il Pos e poi la app per gli acquisti culturali dei diciottenni. Che, se non altro, erano questioni reali, su cui maggioranza e opposizione hanno espresso punti di vista divergenti. Il salto di qualità verso la «fuffa» assoluta è arrivato però con le ultime due polemiche in ordine di tempo, perché in questo caso alla base non c’era nemmeno l’annuncio di una possibile misura da parte del governo. Negli ultimi due giorni, infatti, la vis polemica di più di un esponente dei partiti di minoranza si è esercitata nel bersagliare la presunta intenzione del governo di farla finita con le ricette mediche elettroniche e addirittura con lo Spid, il sistema di identificazione digitale che ha avuto enorme impulso nel corso della pandemia. La cosa bella, però, è che la genesi della polemica ha un che di misterioso, poiché agli atti mancano dichiarazioni univoche (e per la verità anche sibilline) di politici di maggioranza che abbiano criticato o le ricette elettroniche o la validità dello Spid. A innescare il cortocircuito forse è bastata qualche affermazione non compresa sul fatto che per le ricette occorreva una proroga, visto che la piena legittimità di quelle elettroniche era stata sancita nel corso della pandemia, essendo i pazienti impossibilitati a spostarsi di persona negli ambulatori per ritirare la ricetta cartacea. Era stata un’ordinanza della Protezione civile a «sdoganare» la prescrizione elettronica (che per alcune fattispecie era prevista già dal 2011) per cui ora serviva un atto del governo per prolungarne la validità. Cosa che è arrivata ieri dal Cdm con l’inserimento nel Dl Milleproroghe della possibilità, ancora per un anno, di ricevere le ricette mediche via mail o sms. Forse è bastato che qualche addetto ai lavori facesse presente da una parte l’esigenza di stabilizzare la misura e allo stesso tempo di prevedere protocolli di sicurezza più severi per evitare la violazione della privacy, per far gridare +Europa e M5s al «ritorno al Medioevo» o alla «guerra al progresso». E c’era già chi, come il candidato del Pd e del Terzo polo alla presidenza della Regione Lazio, nonché assessore alla Sanità della dimissionaria giunta Zingaretti, Alessio D’Amato, aveva già annunciato via social che la sua Regione avrebbe comunque mantenuto la ricetta elettronica, in barba alle intenzioni del governo centrale di toglierla. Ancora più kafkiana la querelle sullo Spid, di cui sono in possesso ormai 34 milioni di italiani, che c’era prima della pandemia e non corre certo il rischio di abolizione. In questo caso c’è chi si è limitato - condivisibilmente o meno - a evidenziare la complicatezza della procedura per ottenere l’identità digitale e per esercitarla, che in effetti non è proprio intuitiva: «Stiamo cercando», aveva detto nei giorni scorsi il capogruppo alla Camera di Forza Italia Alessandro Cattaneo, «il modo di risolvere alcune criticità piuttosto che girarci dall’altra parte». In questo caso non ha perso occasione per farsi notare il ras campano Vincenzo De Luca, che invece ha attaccato coi consueti modi tranchant lo Spid, definito una «bestialità».
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