2023-06-26
Gaia Tortora: «Giustizia, ecco la lezione di mio papà»
Gaia Tortora (Elisabetta A. Villa/Getty Images)
La figlia del popolare conduttore, arrestato ingiustamente 40 anni fa: «Certi pm e giornalisti si spalleggiavano vergognosamente. Con le intercettazioni la storia sarebbe cambiata. Candidarmi in politica? Non lo escludo».Gaia ti faccio perdere il treno?«No parto nel pomeriggio. Ma la buona notizia è che ho finito di fare l’alba in tv questa settimana».Presumo che tu vada a presentare il tuo libro A testa alta e avanti edito da Mondadori.«Esattamente. Devo andare a Salerno. Ma tornerò comunque in tarda serata».Fai una recensione severa del tuo libro…«Come faccio? L’ho scritto io».Provaci!«Tu lo hai letto?»Qui sulla scrivania comprato ieri, ma confesso ancora no.«Avresti dovuto leggerlo prima di intervistarmi».Comincio io. È un libro di parte?«In che senso?».La tua storia!«Una famiglia che va all’inferno con il protagonista della vicenda».Quando tuo padre è stato arrestato Gaia dov’eri?«Avevo 14 anni e facevo la terza media».Chi te lo ha raccontato subito? Che parole ha usato?«Vedi che dovevi leggere il libro prima di intervistarmi? Lo racconto nel libro. Mia sorella venne a prendermi e non avrebbe dovuto perché io non volevo nessuno di famiglia. Volevo fare la strada assieme ai miei compagni. Già la mattina avvertivo segnali che non mi piacevano. Pensavo fosse successo qualcosa a mia madre. Nei due minuti che mi separavano da casa mia sorella provò a tranquillizzarmi parlandomi di un fermo e di un equivoco. Ma purtroppo l’equivoco non si risolse in poche ore».Quando tornavi a scuola con tuo padre in carcere te lo dicevi «a testa alta e avanti»? Cosa provavi?«Quella è una frase presa da una lettera di mio padre. Non era un’esortazione a me stessa. Mai avuto dubbi sulla sua innocenza».Mai stata a trovarlo in carcere?«Certo. A Bergamo dopo essere stato trasferito da Regina Coeli. Lì non avevo il permesso».La situazione delle carceri oggi è migliore o peggiore rispetto ad oggi?«Identica. Ne visito almeno una al mese. Ultimamente vado negli istituti minorili. Lì non c’è il tema del sovraffollamento. Forse ci sono i ventilatori che allora non c’erano per meglio sopportare il caldo».Mediamente in una cella quante persone ci stanno?«Per legge non più di quattro o cinque. Ma spesso e volentieri di più».Quando sei in carcere che possibilità ci sono per ripartire?«Pochissime e dipende da dove capiti. L’unica salvezza è quando i carcerati possono uscire a lavorare. Preziosissima la legge Smuraglia che consente uno sgravio per gli imprenditori che fanno lavorare i detenuti. Ovviamente è il magistrato a pronunciarsi sull’idoneità. E c’è un vaglio pure sulle competenze».Da addetta ai lavori - più che da vittima - che giudizio dai dei mass media nei giorni dell’incarcerazione di tuo padre?«Non riesco a separare i due profili. Quella tragedia non sarebbe stata tale se una “certa magistratura” e una “certa informazione” non si fossero spalleggiate in maniera vergognosa in un unico percorso. Sorreggendosi quasi a vicenda».La voce fuori dal coro dei colpevolisti che ricordi con maggiore emozione?«Biagi, Sciascia, Massimo Fini, Montanelli, Bocca e ovviamente Piero Angela. Quest’ultimo amico già da prima di mio padre. Più era alto lo status del collega e più una domanda se la poneva a proposito della carcerazione di mio padre. Al contrario invece, mi dispiace dirlo così, quelle che erano “penne qualunque” e che comunque avevano alle spalle certi direttori quelle domande non se le facevano. E la responsabilità era soprattutto dei direttori. Bastava farsi una domanda in più, un aggettivo in meno, un verbo coniugato al condizionale. E magari qualche pezzo non sarebbe passato nel modo in cui è stato pubblicato».Quando vedi pubblicate le intercettazioni cosa provi?«Ovviamente, non sono d’accordo con la loro pubblicazione laddove non abbiano strettamente a che fare con la vicenda giudiziaria. E comunque se ci si riferisce al ministro Nordio, ricordiamocelo che non ha mai parlato di eliminare le intercettazioni. Invito tutto a leggersi integralmente i discorsi. Si parla soltanto di limitare la pubblicazione di queste».Ci hai mai riflettuto che se in realtà…«Eh…»Ci fossero state le intercettazioni al tempo di tuo padre… lui non si sarebbe fatto nemmeno un minuto di galera?«Certo che sì. Ci ho riflettuto eccome. Sarebbe stato sufficiente magari che qualcuno fra i magistrati avesse fatto il numero di telefono riportato in quella agendina. Il numero di Enzo Tortona e non Tortora. Come aveva fatto ad esempio Vittorio Feltri. E come Feltri avrebbe scoperto che non era il numero di mio padre».Bel paradosso…«Ovvio che servano le intercettazioni».Ed avrebbero aiutato a fare giustizia subito su tuo padre«Lì è proprio mancata la volontà di quella procura. Più venivano fuori elementi che provassero come fosse chiara l’innocenza di mio padre e più gli inquirenti non verificavano. Perché verificare avrebbe significato far cadere il castello di un’inchiesta che si basava solo su rivelazioni di quella che fu ribattezzata successivamente la nazionale dei pentiti. Personaggi già in carcere e con condanne di ogni tipo. Personaggi che ricevevano benefici un tanto al chilo. Anzi un tanto a bugia. Per quanto mi riguarda c’è stata proprio la volontà di non accertare. Se no, non te la spieghi una cosa del genere».Un provvedimento di cui ha bisogno la nostra giustizia?«Innanzitutto penso alla velocità. I procedimenti devono andare il più spediti possibile. Per una persona innocente anche un giorno in carcere - o semplicemente inquisito - è comunque troppo. La persona la devi togliere dalla gogna. E la devi restituire ai suoi affetti, alla sua famiglia e al suo lavoro prima possibile. E qui si arriva alla carcerazione preventiva. Nel nostro Paese vi è un abuso della carcerazione preventiva. Poco tempo fa c’è stata la relazione del garante dei detenuti. E sinceramente mi ha molto stupito come il giorno dopo non sia stata pubblicata nemmeno una riga su quello che è comunque un evento significativo e molto importante. Alla presentazione non ho visto nessuno se non il sottosegretario alla giustizia Ostellari. Come sai, abbiamo un numero molto alto di suicidi…».Volevo chiederti proprio di questo.«È stato accertato che il più alto numero avviene durante le prime settimane che ti mettono in cella».Due terzi nei primi sei mesi…«Esatto. Il cittadino ha proprio l’impressione di essere finito in un meccanismo dal quale non può poi uscire più. O dal quale rimane stritolato chissà per quanto. Ma l’incidenza dei suicidi nelle prime settimane è ancora più impressionante. Sia chiaro che io credo nella giustizia. Però c’è una cosa che io voglio esprimere con chiarezza: non voglio avere paura della giustizia in questo Paese».Tuo padre cosa ti raccontava a proposito del carcere?«Mio padre ci raccontava tutto. A parte i colloqui, l’unico mezzo di comunicazione possibile erano le lettere. Molto lunghe. Pagine e pagine di fogli protocollo dove ci raccontava per filo e per segno le sue giornate. L’umanità che mio padre ha trovato in carcere non l’ha trovata fuori. Molti o comunque tanti si sono scatenati nel giochino del “noto e popolare conduttore è finito finalmente nel fango”. Anche perché devi sapere una cosa…».Cosa?«Se c’è un posto dove immediatamente sanno se sei colpevole o innocente, quello è il carcere. Puoi starne certo. Se entri in quel posto gli altri detenuti non hanno bisogno di carte per capire se sei colpevole o innocente. Loro sanno tutto ed immediatamente. E siccome sapevano che mio padre non c’entrava nulla, ecco che vivevano con un po’ di imbarazzo quella situazione. E cercavano - come potevano - di alleviargli in qualche modo la pena. Facevano ad esempio la gara per rifargli il letto. Fra galeotti in genere non è che ti fai questi scrupoli. Papà in carcere ha veramente incontrato tanta umanità».Do per scontato che ti abbiano chiesto in tanti di candidarti in politica…«In diversi…».Chi?«Non ti dico chi».Chi non te lo ha chiesto?«Non tutti, diciamo. Diciamo metà e metà».Ah quindi te lo hanno chiesto sia a destra che a sinistra.«Aspetta che ci devo pensare (Gaia inizia a rimuginare ad alta voce, ndr.)»Già il fatto che tu ci debba pensare la dice lunga sul numero delle offerte.«E vabbè nel corso degli anni. Ovviamente stavo pensando ai partiti posti nelle diverse coalizioni. Sì, sì, sì. Direi che ho ricevuto offerte di candidatura in maniera più o meno equilibrata fra gli schieramenti». E se te lo chiedessero in futuro?«Non lo escludo!».Ovviamente saresti fortissima sui temi della giustizia.«Sulla giustizia sarei ovviamente molto focalizzata. Ma non escludo necessariamente altri temi. Le stagioni della vita sono tante».L’appuntamento più immediato sarebbero le europee del 2019.«Non lo so…».Tuo padre era famoso quando non lo erano in tanti come oggi. «Oggi ci vuole oggettivamente troppo poco per esserlo».E la mia insegnante di italiano - che per me stravedeva - quasi era contenta il giorno dell’arresto. Non tollerava che mi piacesse Portobello.«Troppo popolare, chiaro».Litigate al liceo qualche anno dopo quando difendevo tuo padre. Mi veniva detto che se lo avevano arrestato qualcosa doveva comunque esserci.«Questo si chiama “metodo Cederna”».
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