2023-05-09
Fuortes si dimette, ma si allontana l’ipotesi San Carlo. Pure la Soldi in bilico
Carlo Fuortes (Imagoeconomica)
Come nuovo ad arriverà Roberto Sergio, Giampaolo Rossi sarà il direttore generale. Futuro incerto per il presidente, spuntano Simona Agnes e Antonio Di Bella.Sul ponte sventola bandiera bianca. Carlo Fuortes si è arreso e ha dato al Mef le dimissioni da amministratore delegato della Rai. Ha provato ad ammantare di eroismo la decisione («Non c’erano più le condizioni per continuare nel segno del rinnovamento») ma alla sua difesa d’ufficio non crede nessuno. Con il cambio di governo, per lui - targato a sinistra in quota Dario Franceschini - non c’era più posto. Avrebbe potuto tentare un saggio ricollocamento al centro, ma non essendo avvezzo a manovrare un’astronave complicata come quella di viale Mazzini (quando arrivò dal mondo teatrale venne definito «il fantasma dell’opera»), non ci ha neppure provato. E non potendo deludere i suoi sponsor politici nell’avallare le nuove nomine all’orizzonte, ha preferito salutare.Voluto in cabina di regia da Mario Draghi su indicazione del Pd, Fuortes esce di scena con un anno di anticipo, indipendentemente dal decreto legge sui limiti di età dei manager delle fondazioni culturali, e non sembra più intenzionato a occupare la poltrona di Stéphane Lissner al San Carlo di Napoli; meglio stare fermo un giro. In Rai si spiana la strada all’arrivo entro una settimana di Roberto Sergio come ad e Giampaolo Rossi come direttore generale. Il primo è un collaudato manager interno, ex presidente di RaiWay e oggi nel cda di RaiCom; il secondo è l’uomo Rai di Fratelli d’Italia per antonomasia, conoscitore di ogni anfratto della più grande azienda culturale del Paese.A nulla è valso domenica sera il fuoco di sbarramento della Brigata Nazareno contro il ricambio voluto dal centrodestra, con Fabio Fazio in prima linea nella sceneggiata della «resistenza democratica», supportato da Marco Damilano. Maurizio Gasparri (FI), componente della Commissione di Vigilanza, ha commentato: «Il loro stalinismo di ritorno non ci impressiona affatto». Dopo le elezioni Fuortes ha lasciato che l’azienda pubblica si balcanizzasse in una guerra ideologica fuori dal tempo combattuta dalla consueta compagnia di giro (Fazio, Damilano, Lucia Annunziata) contro Giorgia Meloni. L’ad è anche accusato di non aver saputo controllare la linea editoriale dei programmi chiave, dando via libera alle tendenze woke e arcobaleno al Festival di Sanremo contro la sensibilità della maggioranza degli italiani. E di non essere riuscito ad arginare le derive personalistiche di rockstar interne, prima fra tutte Monica Maggioni.La strategia di barricarsi in ufficio rifiutando ogni destinazione era così ingenerosa verso se stesso che non poteva durare. E infatti non è durata. «Da decenni lavoro nell’amministrazione pubblica e ho sempre agito nell’interesse delle istituzioni che ho guidato, privilegiando il beneficio della collettività rispetto a convenienze di parte», ha detto l’ormai ex ad per motivare l’uscita di scena. «Dall’inizio del 2023 sulla mia persona si è aperto uno scontro politico che contribuisce a indebolire la Rai. Allo stesso tempo ho registrato all’interno del Cda il venir meno dell’atteggiamento costruttivo che lo aveva caratterizzato, indispensabile alla gestione della prima azienda culturale italiana».La frase sembra criptica ma testimonia l’esistenza di una sintonia televisiva fra centrodestra e Movimento 5Stelle, che sulle nomine in arrivo hanno trovato l’intesa. Il nuovo ad Sergio, i consiglieri Igor De Biasio (Lega), Simona Agnes (FI), Alessandro Di Majo (M5S) le voteranno mentre Francesca Bria (Pd) e Riccardo Laganà (dipendenti, traduzione Usigrai) saranno contrari. Resta da valutare la posizione di Marinella Soldi, anch’essa proveniente dal centrosinistra. La presidente ha più volte sostenuto di volere «solo nomi meritevoli» e di non prescindere dal granitico 50% uomini e 50% donne. Percentuale impossibile. «E un presidente che vota contro il cda automaticamente si chiama fuori», spiega chi sa. Se dopo Fuortes dovesse lasciare anche la Soldi, due sono i nomi per il ruolo di presidente-traghettatore fino a scadenza naturale fra un anno: Simona Agnes e Antonio Di Bella, che a giorni va in pensione. La prima coronerebbe il sogno di guidare l’azienda costruita dal padre Biagio, il secondo è benvoluto bipartisan per la sua riconosciuta professionalità. I commenti alle dimissioni confermano che Fuortes non lascia rimpianti. Matteo Salvini: «È una sua libera scelta. Il servizio pubblico ha ampi margini di miglioramento e tante professionalità. Come Lega, sul modello europeo, abbiamo già depositato una iniziativa di legge che prevede che la Tv pubblica non sia più a carico dei cittadini e si sostenga senza gravare sulle bollette». Giuseppe Conte: «Prendiamo atto delle dimissioni di Fuortes, la cui gestione del servizio pubblico è stata deficitaria. Al tempo stesso ci chiediamo a cosa faccia riferimento quando parla di cambiamenti di linea editoriale. E attendiamo la sua audizione settimana prossima in Commissione di Vigilanza».Secondo copione consolidato, la sinistra grida al golpe e all’allarme democratico fingendo di non sapere che tutti i premier hanno battezzato nuovi vertici Rai. Silvio Berlusconi nominò Agostino Saccà al posto del manager di sinistra Pierluigi Celli, Romano Prodi lo sostituì con Claudio Cappon, Mario Monti diede il timone a Luigi Gubitosi, Matteo Renzi mise la corona sul capo di Antonio Campo dall’Orto, Paolo Gentiloni su quello di Mario Orfeo, la maggioranza gialloverde nominò Fabrizio Salini e Mario Draghi volle Napoleone Fuortes. Ora dietro il cavallo morente il valzer ricomincia.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.