
I «pacifisti» di centro sociali e pro Pal hanno lanciato petardi e scaricato letame. Dentro il Piermarini signore (e signori) in total black. E con amuleti portafortuna.Se il buongiorno si vede dal mattino, la giornata di ieri è iniziata con la performance di un centro sociale che ha srotolato davanti all’entrata del Piermarini, un tappeto rosso imbrattato di letame dove erano state posizionate le fotografie della premier Giorgia Meloni, del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, del vice premier Matteo Salvini e del presidente del Senato Ignazio La Russa.Nel pomeriggio è partito il corteo pro Palestina, centri sociali e sindacati di base. Ma la pioggia ha spento i bollenti animi, a parte il lancio di alcuni fumogeni, e la Prima, fiore all’occhiello di Milano, della Lombardia, dell’Italia ha potuto iniziare nel migliore dei modi, con l’inno applaudito e tutti in piedi. È andata in scena l’«innominabile» di Giuseppe Verdi. Le variazioni lessicali scaramantiche di sprecano, da La forza del cestino, La forza del delfino, Potenza del fato anche solo La Forza, tanto per chiuderla lì. La maledizione perseguita quest’opera ed è dato per certo che i più, ieri sera, portavano in tasca cornetti rossi (anche diverse signore) e guai a dire il titolo che già quello potrebbe creare problemi. Il classico scongiuro maschile, all’entrata del teatro, é stato nascosto dai paltò. Ma è una fama ingiusta, dice chi se ne intende, nata da un equivoco.La Forza del destino, che coraggiosamente chiamiamo con il suo nome, assente da un quarto di secolo dalla Scala, è il capolavoro con cui Riccardo Chailly ha firmato l’inaugurazione del 7 dicembre, forte di un cast stellare: Anna Netrebko, amatissima dal pubblico della Scala, è tornata per interpretare Donna Leonora, mentre il ruolo di Don Carlo è stato affidato a Ludovic Tézier. Don Alvaro Brian Jagde è stato il Don Alvaro, che ha sostituito all’ultimo il tenore Jonas Kaufmann. E, accanto a loro, artisti del calibro di Alexander Vinogradov, Vasilisa Berzhanskaya e Marco Filippo Romano hanno completato un cast di assoluto prestigio. Più di tre ore e mezzo per raccontare la sorte avvezza, l’amore infelice e la vendetta. Il regista Leo Muscato ha scelto di spiegare lo scorrere del tempo attraverso una scenografia che ruota al centro della scena, con le stagioni che si avvicendano come in un immaginario viaggio nel tempo inserendo anche la guerra sullo sfondo: con il passare degli atti trascorrono i secoli, dal Settecento alle guerre di oggi e, alla fine Leonora, la protagonista, invocherà la pace.Donne al centro, nell’opera e perfino sul palco reale dove la senatrice a vita Liliana Segre si è seduta al centro, al posto del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, impegnato a Parigi all’inaugurazione di Notre Dame. Alla sua destra la moglie del presidente del Senato, Laura De Cicco e alla sua sinistra Chiara Bazoli, la compagna del sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Ai due lati rispettivamente, sul lato destro il presidente del Senato, Ignazio La Russa e su quello sinistro, il sindaco Sala. Questo schema, che vede le tre donne al centro del palco, è stato proposto da La Russa, e accettato dal primo cittadino milanese. «Le nostre due mogli e noi staremo ai margini. Una volta tanto è un bene che gli uomini stiano ai margini», ha detto La Russa. Tra le altre personalità politiche presenti il ministro della Cultura Alessandro Giuli e il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana con la bella figlia Maria Cristina. La forza del destino è un potente affresco storico, dai vasti squarci corali, in bilico tra passione e spiritualità che «le signore della prima», spesso influenzate dall’opera nella scelta dei vestiti, hanno, per la maggior parte, interpretato con abiti neri. Nero protagonista, quindi. L’aveva detto anche Armani che il nero fa tutte belle. E nero è stato a parte qualche spruzzata di colore qua e là. Guarda caso, il re della moda le ha vestite tutte e quasi tutti. Da Achille Lauro a Stefania Rocca (in smoking di cristalli), Chiara Bazoli (verde scuro illuminato da ricami), Dominique Meyer, l’étoile della Scala Nicoletta Manni, Timofej Andrijashenko, primo ballerino della Scala in smoking Giorgio Armani e così Alessandro Baricco e molti altri. Nero l’abito lungo di Laura La Russa firmato da Alberta Ferretti, sua stilista d’elezione, con giacca di satin e gioielli di famiglia. Impeccabile Roberto Bolle, elegantissimo Enzo Miccio con uno smoking di Valentino, «per la precisione di Pier Paolo», Piccioli l’ex stilista. In nero la più nota sondaggista italiana, Alessandra Ghisleri che mostrava una piccola borsa porte bonheur con tanto di ciondoli inequivocabili: un 13, il gobbo, un ferro di cavallo, le corna. «Non si sa mai», ha sussurrato. Tre cappotti uno sull’altro si è infilata Andrée Ruth Shammah alternando il nero al bordeaux e con tanto di bombetta. Scaramantica? «Come diceva Peppino, non è vero ma ci credo». Nero per Melania Rizzoli in Chiara Boni, per Gigliola Curiel con un abito d’archivio della mamma Lella e per Laura Teso. In argento di Genny per Ludmilla Bozzetti. Velluto blu scuro firmato Gianluca Saitto è stato scelto da Fabiana Giacomotti, velluto ma bianco per Mattia Boffi che esibiva una splendida spilla di Pennisi. Alla sfortuna dell’opera non credono né Placido Domingo, tra gli invitati d’onore, né il campione di salto in alto Gianmarco Tamberi: «Ho già dato, con me non attacca».
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
iStock
In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






