2024-07-22
FUORI DAI BIDEN
Il presidente cede alle pressioni (tardive) del suo stesso partito e annuncia il passo indietro sulle elezioni: «Mi ritiro dalla corsa». Poi fa subito l’endorsement alla vice Kamala Harris, ma fra i democratici spaccati è già scattata una lotta intestina.Da almeno un anno Joe Biden dava segni di decadimento fisico e cognitivo. Una volta cadeva sul palco, un’altra sbagliava i nomi o leggeva le indicazioni che i suoi ghost writer scrivevano a margine del discorso che doveva pronunciare. Un’altra ancora si rivolgeva alla parte sbagliata della platea o, come successo a Fasano durante l’ultimo G7, si girava inseguendo con lo sguardo qualche cosa che solo la sua mente riusciva a vedere.Tuttavia, nonostante i numerosi episodi, lo staff della Casa Bianca, ma soprattutto il suo partito e gran parte della stampa internazionale, hanno sempre negato che le condizioni del presidente americano fossero preoccupanti. Le cadute sulla scaletta dell’Air force one venivano classificate come banali incidenti e non come problemi di deambulazione. E anche quando disse di aver incontrato François Mitterrand nel 2024 nonostante il presidente francese fosse morto da 28 anni, giornali e apparati democratici si diedero da fare per minimizzare e far passare la gaffe come un banale lapsus. Biden ha potuto confondere Volodymyr Zelensky con Vladimir Putin e definire Kamala Harris «vicepresidente di Trump», ma per i quotidiani d’area e i commentatori vicine al Partito democratico quelli del presidente erano piccole confusioni linguistiche.Sì, per almeno un anno, ma forse addirittura dal principio del suo mandato, il commander in chief è apparso confuso e poco lucido. Eppure, fino al drammatico confronto con Trump, quando in certi momenti è apparso incapace di reagire, nessuno ha osato mettere in discussione la scelta di una ricandidatura. Forse, se non ci fosse stato il tentativo di assassinare il suo avversario, un attentato che ha radicalizzato il confronto e consolidato il vantaggio del candidato repubblicano sul presidente uscente, Biden e il suo cerchio magico avrebbero insistito nel pretendere la candidatura.Ma alla fine, dopo nuove uscite a dir poco sorprendenti, anche lo staff che lavorava per un bis ha dovuto arrendersi. Probabilmente il Partito democratico sceglierà di candidare la sua vice, Kamala Harris, nonostante il poco appeal della donna e sebbene un pezzo di partito remi contro.È possibile che l’establishment cerchi di affiancarle una figura più prestigiosa e per questo si è addirittura fatto il nome di Barack Obama. Oppure al suo fianco potrebbe essere schierato il governatore della California o qualche altro pezzo grosso del partito. Resta il tema che, Harris o no, la candidatura alla guida di quella che resta la prima potenza mondiale poteva essere costruita con più calma e con maggiore razionalità, se solo i democratici e il sistema che li sorregge avessero riconosciuto ciò che era sotto gli occhi di tutti.Ma a prescindere da chi dovrà prendere il testimone e battersi contro Trump, rimane una questione in sospeso ancor più grande. Se Biden da tempo non era in grado di svolgere l’incarico di commander in chief, chi ha guidato l’America fino a oggi? Chi ci ha spinti verso una probabile guerra mondiale e una palpabile crisi economica? Se il presidente non era lucido, chi ha preso le decisioni o le ha impostate lasciando che lui ripetesse a pappagallo scelte suggerite da altri? A questa si aggiunge una seconda considerazione: ma se Joe Biden non è in grado di guidare gli Stati Uniti per un prossimo mandato, al punto da doversi ritirare ad appena quattro mesi da voto, chi ci assicura che sia in grado di farlo da qui a novembre? O addirittura fino a gennaio, quando il sostituto si insedierà alla Casa Bianca.Il capo di una potenza mondiale nucleare, anzi della nazione che si propone come leader del mondo occidentale e democratico, può essere un presidente dimezzato?
Ecco #DimmiLaVerità del 30 ottobre 2025. Ospite la senatrice calabrese della Lega Clotilde Minasi. L'argomento del giorno è: "La bocciatura del ponte sullo Stretto da parte della Corte dei Conti"