2025-03-22
Va in gita in biblioteca e torna col fumetto gay
Alice Oseman, autrice della graphic novel gay «Heartstopper» (Getty Images)
L’undicenne bolognese ha trovato il libro con disegni di effusioni omosex tra i testi per ragazzi. La madre ha protestato, senza esito, col responsabile: «Ho fatto presente la complessità dei temi e l’età acerba dei destinatari, ma mi ha accusato di voler fare censura».Una mamma di Bologna si è vista tornare a casa la figlia undicenne con un fumetto Lgbt. La ragazzina l’aveva potuto scegliere indisturbata tra tanti titoli alla biblioteca comunale Oriano Tassinari Clò, nel centralissimo parco Villa Spada della città delle Due Torri. «La scuola mi aveva comunicato che ci sarebbe stata un’uscita didattica, gli alunni accompagnati da insegnanti avrebbero avuto modo di prendere in prestito dei libri e non potevo che essere d’accordo», racconta la signora. Laura, nome di fantasia, viene lasciata nella sezione «giovani adulti dai 12 anni in su», anche se ne ha solo 11, e risulta attratta dalla copertina di Heartstopper, volume terzo. Decide per quel fumetto, nessuno controlla la sua scelta e l’ancora bimba mostra poi alla madre la narrativa che ha avuto a disposizione per «promuovere la sua curiosità alla lettura», come si prefiggono queste iniziative. Peccato che non sia affatto una narrativa infantile, nemmeno per giovanissimi. Si tratta di una «graphic novel Lgbtq+ sulla vita, l’amore e tutto ciò che accade nel mezzo: questo è il terzo volume della serie bestseller Heartstopper», si legge sul sito dell’autrice Alice Oseman, trentunenne paladina dei diritti queer. La scrittrice inglese ha ideato e sceneggiato anche la serie Heartstopper di Netflix. Pubblicato nella collana Oscar Ink della Mondadori, che raccoglie autori dal fumetto francese ai comics americani, narra le vicende di Nick e Charlie, due adolescenti «che diventano amici, due ragazzi che si innamorano […] Nick ha persino trovato il coraggio di fare coming out con sua madre». Non si capisce perché un libro del genere debba entrare nella biblioteca di una undicenne. Sfogli le pagine, vedi una sequenza di immagini nelle quali due maschi si baciano con tanto di nuvolette contenenti cuoricini e in una vignetta il biondo Nick si mostra imbarazzato: «Non … non credo di essere ancora pronto per… ehm… fare qualche cosa di più che baciarci», dice a Charlie. Chiari riferimenti sessuali in abbondanza, temi così delicati e intimi hanno fatto giustamente arrabbiare la mamma di Laura. «Sono andata a parlare con le insegnanti, che si sono scusate per non aver controllato le scelte degli studenti. Ma ho voluto andare a fondo della questione, recandomi pure in biblioteca», spiega la signora. E si è trovata davanti un muro di ostilità. «Il responsabile, al quale ho detto in modo garbato che non mi sembrava un libro da mettere a disposizione di ragazzini in una fase ancora così acerba rispetto alla sessualità, e che era il caso di fare una cernita dei titoli, con un sorriso sarcastico mi ha così apostrofata: “Lei vuole fare censura, noi siamo liberali”». Non contento, ha detto «che è un libro che va per la maggiore e rifiutando ogni mia argomentazione si è trincerato dietro un “lei non può venire qua e fare dei comizi”. A quel punto ero davvero indignata, mancava solo che mi desse della fascista», riferisce la mamma. Tiene a precisare: «Non ho alcun pregiudizio nei confronti dell’omosessualità, ma mi dà molto fastidio questa tendenza all’iper sessualizzazione e soprattutto alla precocizzazione della sessualità che stanno tentando di operare verso i nostri figli. Per non parlare della declinazione dei diritti, che dovrebbero essere uguali per tutti e non solo per la minoranza Lgbt». Alla biblioteca bolognese sembrerà normale mettere a disposizione di bambini libri con tematiche gay. Già un anno fa, «nell’ambito del Patto generale per la promozione e la tutela dei diritti delle persone e della comunità Lgbtqia+», all’Oriano Tassinari Clò si era svolta la lettura del libro L’importante è che siamo amici, per un pubblico «dai 4 anni di età». La Verità ne aveva parlato, come esempio di forzato indottrinamento Lgbt nei più piccoli: è la storia di Errol e dell’orsacchiotto Thomas, che trova il coraggio di confessare all’amico che in fondo al cuore non si sente Thomas, ma Tilly. Un incoraggiamento al cambio di genere, un tentativo di far passare per normale il rifiuto del proprio sesso biologico davanti a una platea di creature. L’iniziativa dello scorso anno faceva infatti parte di «Tante Storie Tutte Bellissime, un progetto di letture animate e laboratori creativi rivolto a bambine e bambini dai 2 ai 10 anni e alle loro famiglie», in diverse biblioteche e centri culturali di Bologna.Se questa è l’ideologia, figuriamoci se non appare normale mettere un fumetto Lgbt nel settore «giovani adulti dai 12 anni in su». Oltre ai protagonisti Nick e Charlie, la maggior parte dei liceali descritti in Heartstopper non sono etero bensì gay, lesbiche, trans (Tara, Elle, Darcy), così pure gli insegnanti, il signor Farouk e il signor Ajayi, o l’allenatrice di rugby, Singh, sposata con una tennista. Un mondo che non va sbattuto addosso a bambini, con tematiche non adatte alla loro età anche se qualcuno può risultare più precoce dei suoi coetanei. Il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, ha promesso una legge che realizzi un consenso informato, con genitori sempre informati preventivamente se la scuola intende affrontare temi etici particolarmente sensibili, in particolare nella sfera della sessualità. L’attenzione va rivolta anche alle attività didattiche esterne all’istituto.«Ormai mia figlia ha letto Heartstopper, non ho voluto impedirglielo. Però credo che sia saggio e prudente evitare che altri bambini abbiamo a disposizione libri o fumetti non adatti alla loro età. Per la tutela del loro sviluppo psichico e sessuale», conclude la mamma di Laura.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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